E respirare normalmente (And Breathe Normally): recensione

Tanto coraggio e molte doti nel film di Isold Uggadottir, che però commette l'errore di non sfruttare pienamente il suo potenziale.

E respirare normalmente è un film del 2018, scritto e diretto dall’islandese Isold Uggadottir e con protagonisti Kristín Þóra HaraldsdóttirBabetida Sadjo e Patrik Nökkvi Pétursson. Dopo la presentazione al Sundance Film Festival, dove ha conquistato il premio World Cinema Directing Award: Dramatic, E respirare normalmente è stato distribuito su Netflix a partire dal 4 gennaio 2019.
E respirare normalmente Cinematographe.it

Nella provincia islandese, la madre single Lara (Kristín Þóra Haraldsdóttir) si arrabatta come può per mandare avanti la propria vita e quella del suo piccolo figlio Eldar (Patrik Nökkvi Pétursson). La donna trova inaspettatamente una possibilità per risollevarsi dalla sua apatia e dalle sua difficoltà economiche con un lavoro come ufficiale di frontiera presso il vicino aeroporto di Keflavík. Durante il suo apprendistato, Lara incontra Adja (Babetida Sadjo), rifugiata della Guinea-Bissau che blocca alla dogana per passaporto irregolare, condannandola di fatto alla detenzione in attesa di ulteriori accertamenti. Complice l’innocenza e la dolcezza del piccolo Eldar, fra le due donne, agli antipodi per carattere e storia personale, si instaura un rapporto fatto di rispetto e reciproca comprensione.

E respirare normalmente: un film Netflix islandese sulle orme dei Dardenne e di Ken Loach

E respirare normalmente Cinematographe.it

E respirare normalmente è inequivocabilmente figlio di quel cinema impegnato socialmente e politicamente, che ha nelle difficoltà e nelle instabilità del ceto meno abbiente la propria ambientazione primaria e in cineasti come i fratelli Dardenne o Ken Loach i propri principali cantori. L’attenzione della regista Isold Uggadottir, al suo esordio in un lungometraggio, è in questo caso rivolta verso due donne emarginate e sconfitte dalla vita, che cercano disperatamente di scavarsi fra l’indifferenza e la desolazione che le circondano una via per risollevare la propria condizione esistenziale. Due donne come tante, ma che con le loro peculiarità (un passato da tossica e un orgoglio che le impedisce di accettare l’aiuto dal prossimo per Lara, la condizione di esule e l’alternanza fra diffidenza e slanci emozionali per Adja) rappresentano egregiamente e con tratti di universalità quel microcosmo degli ultimi che nell’epoca dei social è sempre più dimenticato e abbandonato.

E respirare normalmente è un film fatto di sottili equilibri e di tanti (forse troppi) non detti, che lascia che siano i personaggi e le due efficaci attrici protagoniste a orientare la storia, invece che il contrario. Questa scelta porta a qualche passaggio a vuoto nella parte centrale del film, nel corso della quale il racconto, invece che sprigionare la forza dei personaggi, si accartoccia su se stesso, creando una sorta di barriera emotiva fra spettatore e protagoniste. Spiace quindi vedere due personaggi veri, tridimensionali e problematici non valorizzati dall’intreccio e troppo spesso costretti a dialoghi e a sequenze interlocutorie che nulla aggiungono né al loro arco narrativo, né all’analisi sociale dell’Islanda di provincia.

E respirare normalmente non sfrutta completamente i suoi ottimi personaggi

E respirare normalmente Cinematographe.it

Con tanti elementi potenzialmente intriganti e all’ordine del giorno come la lotta per un posto di lavoro, l’immigrazione e la libertà di espressione per le coppie LGBT, ci saremmo aspettati da E respirare normalmente maggiore coraggio e incisività nello scavare fra le pieghe delle tante, troppe, difficoltà che costellano la vita di una donna, soprattutto nelle piccole realtà. Isold Uggadottir si accontenta invece di mettere in scena un’opera priva di grosse cadute di stile ma decisamente ordinaria, che per lunghi tratti si affida più ai dialoghi e alle contraddittorie azioni delle protagoniste che alla suggestiva fotografia di Ita Zbroniec-Zajt, conquistando il cuore dello spettatore soltanto nel climax finale.

Ciò che resta è quindi un film con una non comune dote nel mettere in scena i personaggi, le loro paure e le loro speranze, ma che alla fine dei conti si rivela un’occasione mancata per lasciare un segno tangibile nell’analisi della sempre più complessa società contemporanea.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2

Tags: Netflix