Bifest 2019 – Bangla: recensione del film di Phaim Bhuiyan

Il regista e attore Phaim Bhuiyan presenta al Bari International Film Festival il film Bangla. La nostra recensione.

In arrivo nelle sale italiane il prossimo 16 maggio, Bangla, opera prima del regista e attore Phaim Bhuiyan, stupisce il pubblico e la stampa della decima edizione del Bari International Film Festival. Partendo da un approccio fortemente autobiografico, il regista racconta le difficoltà dell’amore all’interno di un particolare contesto familiare, religioso e culturale.

Una commedia romantica 2.0 in salsa multietnica

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Protagonista della storia è Phaim – interpretato dallo stesso regista – un ragazzo di origini bengalesi nato in Italia e residente da sempre nel quartiere di Torpignattara, nella capitale. Phaim vive con la sua famiglia, lavora come guardiano diurno in un museo d’arte, suona in una band ed è musulmano praticante. La sua vita si complica quando, conosciuta la ragazza che gli farà battere il cuore, Asia (Carlotta Antonelli), dovrà ponderare se cedere alle naturali pulsioni sessuali o mantener fede ad uno dei fondamentali dogma della sua religione, ovvero quello di restare casto fino al matrimonio. Phaim crede nella sua fede religiosa, eppure, in egual modo, vorrebbe con tutto se stesso unirsi alla ragazza che ama.

Il tema sesso contro fede è centrale nel racconto di Bangla. Il regista, assieme alla sceneggiatrice Vanessa Picciarelli, riesce con autenticità e grande autoironia a descrivere facilmente quei dubbi esistenziali che colpiscono quei ragazzi e quelle ragazze fortemente legati alla religione in una società in continua evoluzione. Il protagonista non è un ragazzo chiuso nel suo microcosmo familiare e socioculturale, tutt’altro Phaim è immerso ed integrato in un carnevalesco crogiolo di culture ed etnie come quelle che popolano il quartiere di Torpignattara. Bangla vince la sua impresa più difficile, ovvero dimostrare quanto siano importanti le differenze della singola persona, o, meglio ancora, quanto siano importanti le differenze tra le singole culture in un mondo che, sempre più, vede la costante mescolanza di elementi. La spigliata scrittura a quattro mani trasforma l’ambientazione di Bangla in una nuova protagonista: Torpignattara è un personaggio a se che, come un caleidoscopio, si nutre e vive di tutte quelle colorate sfumature che sono le etnie mescolate nel quartiere romano.

Bangla, opera prima di Phaim Bhuiyan, colpisce nel segno con intelligenza e grande ironia

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In un momento storico particolare come quello che stiamo vivendo ancora oggi, è immediato quanto necessario dare un forte segnale in questo senso. Phaim Bhuyian lo fa nel modo più efficace: raccontando una storia molto personale, dispiega la propria voce ad ampio raggio raggiungendo tematiche ancor più tangibili come ad esempio l’integrazione e la legittimazione del luogo di nascita. Sarebbe inadeguato, tuttavia, volgere lo sguardo alla mera sfera politica. Seppur sia presente una velata – non poi così implicita – strizzata d’occhio alla fortemente dibattuta questione sul Diritto di Cittadinanza, in Bangla c’è la capacità di proseguire per la strada prefissata senza perdersi troppo per vie secondarie.

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Un’opera prima decisamente creativa ed intelligente, quella del giovane regista classe ’95. Bangla non è certo esente da alcune naturali ingenuità, come ad esempio una gestione della regia ancora acerba. Phaim Bhuyian porta in scena una storia fresca, autentica, specchio di una realtà che ci riguarda e che non deve farci paura. Nel racconto di un amore giovanile complicato c’è tutta la passione di un ragazzo che ama quello che fa e che ha voglia di descrivere le differenze di una cultura diversa dalla nostra, ma ormai radicata ed integrata, quindi accettata.

E riguardo al dilemma del protagonista? Il dubbio di un ragazzo innamorato diventa fonte di una riflessione universale. Buona la prima.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.3