Amiche da morire: dove è stato girato? Le location del film

I luoghi di Amiche da morire si contraddistinguono per una luce a momenti insostenibile, creando un forte contrasto con la caverna e con i luoghi bui della perdizione umana.

Amiche da morire è una commedia dal sapore noir, in cui Giorgia Farina compone il racconto di un’amicizia tra donne, sfruttando forse un tipo di narrativa non troppo originale, ma comunque efficace grazie soprattutto alla caratterizzazione delle protagoniste. Ognuna di loro stigmatizzata nelle sue movenze e inclinazioni, in Amiche da morire il gruppetto finisce con l’intonare un canto divertente sullo sfondo di un mondo quasi astratto dalla realtà,; una comunità siciliana isolata (e isolana) che diviene una cosa sola con l’ambiente fisico e geografico che le circonda.

Tra Sicilia e Puglia, in Amiche da morire Giorgia Farina costruisce un luogo archetipico

Amiche da morire Cinematographe.it

L’ambientazione è infatti quella di un’isola siciliana, non meglio precisata, salvo presentare alcuni elementi che potrebbero portare a pensare si tratti dell’isola di Favignana, come l’impianto di lavorazione del tonno che risolve parte dei problemi delle tre donne. Normale dunque rimanere sorpresi nello scoprire che tutte le riprese si sono svolte in Puglia, nella provincia di Bari, per l’esattezza. Sullo sfondo alle vicende principali, Amiche da morire presenta un panorama stratificato, dove la componente umana costituisce un gruppo compatto che si muove e pensa in modo quasi univoco. I colori dominanti sono il nero delle vesti delle donne e i colori scuri e seri degli uomini intenti a far vivere nel tempo sentimenti e valori ancestrali.

amiche da morire Cinematographe.it

I luoghi, al contrario, si contraddistinguono per una luce a momenti insostenibile, creando un forte contrasto con la caverna e con i luoghi bui della perdizione umana. Il mare che riflette il sole alto nel cielo, le case bianche, basse e solide a coadiuvare la sostanza granitica della comunità. Su questo sfondo che alterna bianco e nero, chiaro e scuro, in un’iterazione continua, le tre ragazze appena diventate amiche modulano la loro natura a seconda della situazione, dimostrando la capacità di adattarsi alle diverse necessità ostentando a turno le loro caratteristiche. Se l’ispettore interpretato da Vinicio Marchioni cerca di mettere alle strette il variegato trio Gerini-Impacciatore-Capotondi facendo leva proprio sulle loro diversità e sulle spigolature delle loro personalità, le tre “ribelli” ne traggono una via di fuga, sfruttando la loro varietà per meglio adattarsi e difendersi dagli attacchi che le raggiungono.

Le protagoniste di Amiche da morire diventano Tre Grazie che fronteggiano la corruzione della società.

Amiche da morire Cinematographe.it

Questa flessibilità permette alle protagoniste di salvarsi e di portare avanti un piano molto meno diabolico di quello che si potrebbe pensare, ma soprattutto istituisce un’opposizione netta rispetto a ciò che le circonda. Le terre di Domenico Modugno che accolgono la storia narrata dal film, diventano in questo senso un luogo alieno da se stesso, e la decisione di ambientare la diegesi in terra siciliana aiuta ancora di più questa sorta di straniamento, in cui i luoghi fisici sono archetipi di loro stessi.

Dalla poesia che Polignano a Mare porta con sé nell’immaginario comune, alle case bianche di Savelletri di Fasano che diventano parte integrante del senso e del contenuto del film, Amiche da morire porta sullo schermo una rivisitazione della Magna Grecia in cui si trovano Tre Grazie che devono fronteggiare la tirannia incombente della società civile corrotta, che minaccia persino di minare le loro vite, in realtà già etichettate da professioni e credenze popolari ridondanti. Ed è proprio l’unica “innocente” delle tre ad essere di fatto realmente colpevole di un delitto che è inequivocabilmente tale. Solo lei, la più angelica del gruppo, a compiere i gesti che, nonostante le situazioni ne possano giustificare in parte la sussistenza, risultano umanamente più discutibili.

Giorgia Farina sfrutta gli aspetti più fiabeschi di questi luoghi e li rende funzionali al suo racconto, senza però cadere in una redenzione dei personaggi a tutti i costi e, soprattutto, senza perdere la vena di umorismo che contraddistingue tutto il film.