The Lighthouse: l’analisi dell’opera seconda di Robert Eggers

Analisi dell simbolismo di The Lighthouse del 2019, l’opera seconda di Robert Eggers con protagonisti Willem Dafoe e Robert Pattinson

The Lighthouse ha fatto la sua prima apparizione al grande pubblico (comunque in distribuzione limitata) a Toronto, accompagnato dalle grandi aspettative dovute alla felice presentazione in anteprima mondiale al 72° Festival di Cannes, al fatto che fosse un’opera seconda molto ambiziosa ma, soprattutto, al fatto che fosse l’opera seconda di Robert Eggers, giovane regista statunitense che ha catturato l’attenzione del mondo per The Witch e per il suo lavoro di documentazione prima della costruzione della pellicola, la cui meticolosità è più associabile alla figura di uno storico che di un film maker. Forse anche i racconti sul set riguardanti la violenza e il realismo delle scene e gli eccessi di Robert Pattinson, incoraggiati da Eggers stesso, hanno in parte contribuito a calamitare l’interesse generale.

Le origini del film risalgono ad una prima intenzione del fratello Max di portare Il faro di Edgar Allan Poe sul grande schermo, poi trasformata da Robert già dalla pre-produzione del suo primo lungometraggio con delle stesure primitive, ma già molto indicative della visione da outsider del regista, le quali per vedere la luce hanno dovuto incontrare una grande disponibilità da parte della A24, conseguenza del successo di The Witch e dell’interesse al progetto da parte di Willem Dafoe. Negata una prima versione contenente quasi una totale assenza di plot, Eggers è riuscito a portare avanti il 4:3, l’uso delle lenti Baltar tipiche del cinema gotico degli anni 30, il girato in 35mm e il bianco e nero nello stile dell’espressionismo tedesco.

Il risultato è che The Lighthouse è una pellicola fuori dagli schemi moderni, maestoso nella messa in scena e nella recitazione, colto nella scrittura e dalla personalità strabordante. Pregno dello spirito di una narrazione che gioca su una ricostruzione storica distante dalle ricostruzioni romantiche consuete, tra l’altro riguardanti delle storie che veleggiano sul confine tra dimensione reale e folkloristica, partendo dall’isolamento come posizione privilegiata per l’uomo che punta ad acquisire una conoscenza superiore di sé e del divino, prospettando di nuovo una conoscenza infinita, i cui limiti sono autoimposti o costituiscono l’unico vero motivo di scontro.

Il romanticismo parodiato di The Lighthouse

The Lighthouse, cinematographe.it

The Lighthouse nasce con l’idea di incarnare lo spirito romantico dei racconti di mare e allo stesso tempo superarne le strutture archetipiche. Per farlo Eggers rivendica l’importanza del folklore come paradigma narrativo alla base della letteratura dell’immaginario storico in cui opera, dimostrandone tra l’altro una conoscenza sostanziosa, per poi destrutturarne i principi dalle fondamenta, inserendole in dei dialoghi in cui il contesto umano è filosoficamente più moderno e si sposta verso un’attualità scevra della mitologia narrativa, la carica religiosa e i riferimenti culturali originali.

La storia è ambientata nella Nuova Scozia di fine 800, un momento in cui le idee romanticizzate dell’eroismo e della vita marinaresca erano ormai fortemente inserite nella letteratura anglofona, evocate nel film dai riferimenti al filosofo Ralph Waldo Emerson, i cui scritti sono promotori del mito dell’uomo come centro nevralgico della storia del mondo, e trova un sostanziale riferimento in Moby Dick di Herman Melville e il suo racconto della forza della natura. Un immaginario letterario e culturale di cui si fa portavoce Wake (il Thomas di Dafoe), il quale si cimenta in monologhi e racconti sfoggiando un perfetto inglese letterario, comprensivo di forme e di espressioni, “The sea, she’s the only situation want for me”, che fatalmente finisce con lo scadere nel patetico dell’uso e nell’artificiosità del contenuto per poi uscire irrimediabilmente sconfitto nel confronto linguistico finale con Ephraim Winslow (il Thomas di Pattinson), il quale, come simbolo di modernità, distrugge verbalmente le ragioni del suo omonimo indicandole “bullshit“, una scelta volutamente anacronistica tesa ad enfatizzare la natura parodistica del romanticismo di Wake e del film e rendendolo di conseguenza irricevibile al pubblico dei giorni nostri. Tant’è che il guardiano del faro risponde subito dopo con una battuta inerente la sua stessa inesistenza.

Watching the Breakers, cinematographe.it

Watching the Breakers, 1931, Winslow Homer.

L’eco del romanticismo amplia il suo raggio, diventando riferimento anche per la creazione della parte visiva. Ci sono delle citazioni nelle visioni ricorrenti della sirena da parte di Ephraim a Night Tide di Curtis Harrington (1961), il racconto di un marinaio che sembra innamorarsi di una sirena, mentre in realtà si assiste alla rappresentazione allegorica delle sue frustrazioni sessuali, ma soprattutto ci sono durante tutto il film le citazioni a vari dipinti, come quelli di Winslow Homer, il cui nome diventa il cognome del fittizio Ephraim, in particolareil suo Watching the Breakers  nell’inquadratura con i due protagonisti in attesa sulla scogliera, e come quelle costruite intorno alla figura di Prometeo come i dipinti di Rockwell Kent, mano anche dietro i disegni a inchiostro per l’edizione di Moby Dick del 1930, e di Jean Delville.

Prometeo e Proteo

Proteo & Prometeo, cinematographe.it

Proteo,1531, incisione. Prometheus, 1928, Rockwell Kent.

“Ci siamo detti ‘Bene, Prometeo e Proteo non hanno mai partecipato allo stesso mito greco, ma è quello che a quanto pare sta accadendo qui’, e Prometeo potrebbe assumere alcune caratteristiche che lui non ha mai posseduto in passato. Ma sapete una cosa? Gli autori classici han fatto cose simili da sempre.”

Nell’intervista a Vox del 15 ottobre 2019, di cui sopra un estratto, Robert Eggers ha raccontato del forte simbolismo di cui The Lighthouse è intriso, parlando di alcuni dei miti e delle storie a cui si è ispirato, rivelando come la base della vicenda sia tratta da un racconto popolare gallese, basato a sua volta su un fatto realmente accaduto a due guardiani di un faro, e di come la concezione dei due protagonisti sia stata concepita pensando ad un ipotetico confronto tra Proteo e Prometeo, due figure appartenenti alla mitologia greca.

Proteo è una divinità del mare la cui origine risale alla cultura fenicia, in quanto originario dell’isola di Faro (appunto), ma la cui storia  passa anche dalla civiltà egizia, Omero ne l’Odissea lo descrive come “Proteo d’Egitto, l’immortale vecchio del mare che non mente mai, che suona il profondo in tutte le sue profondità ed è servo di Poseidone“. Egli è figlio del dio del mare, è oracolo e mutaforma, geloso custode della conoscenza e capace di dialogare con gli animali. Il suo aspetto era quello di un anziano barbuto, altezzoso e pieno d’odio per l’uomo comune. Prometeo dal canto suo è colui che ruba il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini, ma paga il suo gesto con una punizione terribile: incatenato ad una roccia viene raggiunto ogni giorno da un’aquila per mangiargli le viscere, che di notte ricrescono.

The Lighthouse, cinematographe.it

In questa visione la luce in cima al faro diventa il fuoco, metafora della conoscenza, difesa gelosamente da Wake/Proteo che la idolatra e la nasconde, e che nel momento in cui viene raggiunta da Winslow/Prometeo, invece di salvarlo dal suo destino e da se stesso, lo acceca, ricacciandolo dal Monte Olimpo, guercio e zoppo, alla mercé di quei gabbiani una volta marinai in cerca della conoscenza come lui ed ora violenti guardiani.

Thomas e Thomas

Nello sviscerare i significati della vicenda narrata in The Lighthouse arriviamo alla natura della lotta per il dominio e la prevaricazione che muove i due Thomas, avvinghiati in una danza alcolica, isolata e intrisa della frustrazione maschile sessuale e psicologica.

The Lighthouse, cinematographe.it

Intrappolati in un edificio di forma fallica e in una sfida continua per conquistarne la vetta, rappresentante la mascolinità in senso assoluto, Winslow e Wake pare quasi siano la stessa persona, una versione giovane e l’altra vecchia, come suggeriscono i problemi alla gamba e le bugie riguardo il loro passato, inseriti in una dimensione temporale infinita e circolare, come una piatta spirale senza fine né inizio. Le frustrazioni di Winslow passano da essere verso un padre severo, mortificante e irriconoscente, a essere verso un se stesso attuale e poi più maturo, con il quale combatte fisicamente e verbalmente, ma verso cui è attratto sessualmente e affine spiritualmente perché esponente della natura a lui più affine e per questo di più riluttante accettazione. Con questo se stesso il giovane Thomas combatte per la supremazia sessuale in un gioco virilmente becero e primitivo per la conquista della luce, la luce donna e la luce conoscenza, un paradiso laico di cui il Thomas vecchio custodisce le chiavi, come un San Pietro sessualmente frustrato, la cui carica erotica si piega nella forma della sirena e la cui supremazia viene espletata in una versione onirica della struttura del faro stupendamente resa nell’accostamento con il dipinto Hypnosis di Sascha Schneider.

Hypnosis, cinematographe.it

Hypnosis, 1901, Sascha Schneider.

L’oggetto sessuale di cui Winslow sente la mancanza è ascrivibile dunque alle forme che assume la statuetta della sirena, ma è identificabile in Wake finanche nella forma del faro, la cui conquista promette di restituire l’orgasmo definito e di riempire il vuoto da cui da sempre scappa, ma che invece lo condanna ad un destino di dannazione eterna.