Roma FF14 – Andrea Adriatico su Gli anni amari: “Mieli aveva a cuore la libertà di tutti”

La conferenza stampa di presentazione de Gli anni amari di Andrea Adriatico, sulla controversa figura di Mario Mieli.

Gli anni amari, l’ultimo film del regista Andrea Adriatico, prodotto da Cinemare con Rai Cinema, è stato proiettato alla Casa del Cinema in pre-apertura del Festival del Cinema di Roma. Noi di Cinematographe-FilmIsNow abbiamo partecipato alla conferenza con il regista, gli sceneggiatori, Stefano Casi e Grazia Verasani, i produttori e buona parte del cast, compresi il protagonista Nicola Di Benedetto, Sandra Ceccarelli e Antonio Catania. Ecco cosa hanno raccontato durante l’incontro.

Il debutto al cinema de Gli anni amari è previsto per la primavera 2020.

Gli anni amari: alla Casa del Cinema si affaccia la figura di Mario Mieli

gli anni amari, cinematographe.it

Perché Mario Mieli oggi? Perché hai deciso di fare questo film? Quanto tempo hai impiegato a realizzarlo?

Andrea Adriatico: “Posso dire che oggi è un momento di liberazione perché fare un film su Mario Mieli è un percorso lunghissimo e per niente semplice. Nonostante questo, ci troviamo in un momento storico in cui il film biografico gode di un’attenzione importante, ho scoperto che realizzare un film su un personaggio omosessuale rimane un’intenzione scomoda. Fare un film su Mario Mieli significa anche raccontare un momento storico straordinario come gli anni ’70 italiani, un’epoca in cui l’idea della felicità sembrava realmente essere a portata di mano e in cui era presente un immaginario potente che prevedeva che il singolo potesse rivendicare il diritto al benessere. E, infine, parlare di Mario Mieli significa parlare di una persona che aveva a cuore la libertà non solo sua, ma di tutti. Per tutti questi motivi, portare la sua storia alle nuove generazioni ho pensato fosse un modo intelligente ed interessante per provocarli e stuzzicare la loro curiosità”.

Antonio Catania: “Ne Gli Anni amari c’era l’idea di cambiare il mondo”

Nicola, come sei riuscito a portare sullo schermo un personaggio così complesso come Mario Mieli?

Nicola Di Benedetto: “Di lui sapevo purtroppo poco, nonostante sia una bandiera e una figura culturale molto importante non solo per comunità omosessuale. Mi sono preparato soprattutto leggendo e studiando molto su di lui e sulla sua vita, ma è stato anche importante analizzare e concentrarsi sui suoi movimenti o sulla giusta tonalità della voce, in modo da portarlo sullo schermo al meglio”.

Sandra Ceccarelli e Antonio Catania, come vi siete calati nel ruolo di due genitori di una famiglia borghese di quegli anni? E per di più di un figlio come lo è stato Mario Mieli?

Sandra Ceccarelli: “Neanche io purtroppo conoscevo bene la storia di Mario Mieli e, complice l’assenza di un materiale approfondito su sua madre, ho dovuto approcciarmi al personaggio partendo dall’idea di dover rappresentare una madre che ha avuto a che fare con la morte di un figlio. Da questo lutto enorme ho pian piano scavato e, andando avanti, ho cominciato a ragionare sul rapporto che poteva avere avuto con un figlio del genere, che nonostante tutto capiva in qualche modo e con il quale era l’unica ad avere un legame viscerale, e sul suo ruolo di mediatrice tra lui e una famiglia borghese”.

Antonio Catania: “Io invece Mario Mieli lo ricordo bene, ma per me è forse più facile perché, essendo di quella generazione, ho vissuto gli anni ’70, anche se dall’altra parte. Nel periodo della mia adolescenza c’era l’idea di cambiare il mondo, di ribellarsi alla famiglia, di combattere con gesti eversivi e di protesta. Ricordo gli scontri con la mia famiglia e il mio bisogno di esprimere la mia libertà e la mia emancipazione. Facendo questo ruolo mi sono messo nei panni di mio padre, che ora mi rendo conto come non poteva capirmi, poteva solo cercare di volermi bene”.

Adriatico: “Alcuni non hanno voluto accostare le loro musiche a un film del genere”

C’è stata una partecipazione o un coinvolgimento della famiglia di Mario Mieli? E poi una curiosità sulle musiche, assenti nella prima metà del film, come mai questa scelta?(L’Espresso)

Andrea Adriatico: La relazione di Mario Mieli con la sua famiglia è stata uno degli elementi più complessi nella fase di preparazione del film. Si tratta di una famiglia difficile e frastagliata, per cui è stato difficile scoprire dei referenti al suo interno, anche se poi abbiamo trovato un’alleata in Paola, la sorella più piccola. Con lei ho avviato un carteggio lontanissimo nel tempo, iniziato più o meno dieci anni fa, quando le espressi il mio desiderio di realizzare questo film. E’ lei ad avere i diritti di tutto il corpus letterario del fratello, che sta pian piano rivenendo alla luce, tranne che per il suo ultimo libro, Il risveglio dei faraoni, i cui diritti appartengono ancora a tutta la famiglia, la quale non ha intenzione di facilitarne la pubblicazione. Capite dunque che non ci fu una disponibilità sostanziosa, motivo per cui mi sono ritrovato a dover scegliere se realizzare un film più analitico del pensiero di Mieli oppure uno più divulgativo. Propensi per la seconda opzione perché avevo bisogno di raccontare il personaggio nel modo più chiaro possibile. Da qui è iniziato l’enorme lavoro di ricostruzione della sua vita e di immedesimazione nel suo pensiero, un attento lavoro in cui io e i due sceneggiatori ci siamo divisi i compiti, in modo da essere i più attenti e precisi possibile. Lì trovai una grande adesione di tutti i suoi amici, tra cui fondamentale è stata l’intervista ad Umberto Pasti.

Per le musiche invece era prevista una distribuzione particolare perché volevo avere un film in cui il rumore la facesse da padrone. Il meccanismo del rumore è una costante degli anni ’70, soprattutto delle apparecchiature elettroniche. Anche sulle musiche poi c’è stato un problema, perché anche lì abbiamo ricevuto delle opposizioni di quelli che non volevano che le loro musiche si potessero accostare ad un film del genere.

Adriatico, su Gli anni amari: “Tra Mieli e Pasolini c’era quasi rivalità”

C’è una correlazione tra la famosa “merda d’artista” di Piero Manzoni e quella di Mario Mieli? C’è stato un rapporto tra lui e Pasolini? 

Andrea Adriatico: “La questione della “merda d’artista” è legata molto alla cultura espressiva degli anni 70, lo stesso Pasolini girò Salò in quegli anni. Mario Mieli parlò in alcuni capitoli del suo libro in modo molto approfondito del rapporto tra il bambino e l’elemento della merda. Dunque esiste un legame filosofico e strutturale profondo, ma non esclusivamente sensazionalistico né tanto meno può essere considerato un elemento chiave o portante nel ricordo di Mario Mieli. La relazione con Pasolini è stato quasi di rivalità, due personaggi schivi che si sono limitati a guardarsi da lontano, anche se Mieli cercò in un’occasione di stuzzicare Pasolini per generare una sua reazione, cosa che però quest’ultimo gli ha sempre negato”.

C’è stato un “caso politico” durante la lavorazione del film, di cosa si è trattato?

Stefano Casi: “C’è stato un attacco al film durante le riprese da parte della Lega a seguito di precedenti attacchi di alcuni quotidiani, come la Verità, il Giornale e Libero contro Mario Mieli, non avendo però cognizione dell’argomento reale né della sceneggiatura, ma partendo in maniera aprioristica. In sintesi la Lega ha fatto un’interpellanza, se non sbaglio insieme a Fratelli d’Italia, che si è rivolta alla Puglia Film Commission per un sostegno in questo senso, tant’è che l’allora segretario dei Beni Culturali, Lucia Borgonzoni ha detto che avrebbe “vigilato” sul film. Ma, ripeto, si è trattato di un attacco senza fondamenti di conoscenza, probabilmente di natura politica. Se vorranno, potranno venire a vedere il film in sala”.