Lamb: Valdimar Jóhannsson svela il significato e il dovere del film

La sopravvivenza dell'amore tra solitudine e isolamento, l'accettazione della diversità e del dolore.

Valdimar Jóhannsson debutta come regista con Lamb, presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes 2021 nella sezione Un Certain Regard. Un film ben accolto dalla critica definito tra gli horror più singolari degli ultimi anni; un horror fantasy ambientato in una lontana fattoria islandese, dove riecheggiano i racconti popolari e il folklore del paese.

Lamb si discosta dalle consuete tematiche appartenenti al genere e porta sul grande schermo un cinema di nicchia che, tra simbolismi, allegorie e metafore si apre a riflessioni e temi sociali concreti. Il nucleo principale è quello della diversità, come essa effettivamente spaventi il genere umano abituato a normalità canoniche.

Lamb è ipnotico; un lungometraggio che si snocciola nei paesaggi nordici più cupi dove aleggia un mistero inquietante. Una sceneggiatura scritta lentamente così come “lenta” è la proiezione che coinvolge senza ammettere distrazioni, riuscendo perfettamente a creare, sia pur in modo improprio, una sorta di sindrome di Stendhal.

“Lamb è il risultato di un percorso molto lungo, definito in tutti i dettagli percepiti da noi e dagli spettatori, è stato creato secondo un costante parallelismo tra ciò che ho in mente e idealizzo e ciò che viene visto e di conseguenza idealizzato, secondo questo principio ci siamo incontrati con il produttore e da lì è partito tutto”

Un paese, l’Islanda dove le creature mistiche sono parte integrante di tradizioni e leggende popolari tanto da produrre una stretta corrispondenza tra il mondo umano e il mondo animale; l’ideazione di una creatura immaginaria frutto misterioso di un concepimento esoterico tra due specie, le più popolose della terra. Un continuo simbolismo che straripa nell’inquietudini di oscure tradizioni e racconti allegorici.

Lamb raccontato dal regista Valdimar Jóhannsson

“Lamb non si ispira a nessun fatto realmente accaduto, ma l’impressione che volevo arrivasse era un po’ questa, soltanto imponendo questa sensazione si può prestare la mente ad una vera e propria riflessione. Non nasce da nulla che abbia un senso e un posto nel mondo in cui viviamo ma affonda le radici nella cultura islandese, effettivamente volevamo creare qualcosa di nuovo che avesse la stessa percezione di una leggenda, una nostra leggenda. È una metafora che ha un significato ben preciso ma non ho voglia di rivelarlo perché vorrei ed è un po’ la pretesa di tutto il lavoro, che sia il pubblico a dare un personalissimo significato, senza intrappolarsi in un giusto o sbagliato ma concentrandosi sull’impressione”

Uscire da una sala increduli, e con un timore che non si riesce ad eludere, affidarsi completamente ad un mondo fantasioso, è un po’ la percezione che Lamb sembri lasciare; un sussulto tra il mondo reale e un mondo allegorico che avvolge lo spettatore quasi incapace di distinguere la realtà e ciò che realtà non è. I due genitori, Maria, figura di donna/madre tanto semplice quanto forte e  Ingvar soffrono per la mancanza di figli e poi l’arrivo, sospeso in una dimensione fiabesca e incredibile, di Ada , il bambino giunto quasi per dono divino all’interno di questa famiglia accolto e subito amato superando la diversità, essere metà bambino e metà agnello. Un significato tutto cristiano nel concepire il dono: a tratti illusorio, a tratti alienante e a tratti terrificante.

“Il personaggio di Ada è di fatto stato reso possibile dalla figura umana di un bambino: nello specifico abbiamo girato con 10 bambini e 4 agnelli e moltissimi elementi che hanno contribuito a rendere questa figura realissima, un’ambiguità direi riuscitissima grazie alla collaborazione di molti”

Lamb: la sopravvivenza dell’amore tra solitudine e isolamento

Lamb; cinematographe.it

Pochissimi dialoghi, (così come pochi gli attori) quasi a voler affidare la narrazione alla natura, uno specchio nel quale riflettere una profonda solitudine; un isolamento schietto e ruvido. Luoghi che a volte si dilatano e subito dopo si restringono in una spazialità tanto angusta quanto immensa. Luoghi in un tempo sospeso che si sovrappongono e si armonizzano tra di loro in giochi metaforici; ossimori che riconducono l’uomo e la bestia in una atmosfera surreale, in una trama impercepibile il cui ordito si regge inverosimilmente, sull’opportunità di dare al piccolo Ada quell’amore che per Maria e Ingvar è necessario per sopravvivere al silenzio e alla solitudine. Prigionieri di una natura a volte oscura e quasi sempre misteriosa, trovano in un ironico gioco di primitive presenze dal sapore sovrannaturale una risposta alla loro ricerca di felicità. Peccato che tutto ciò duri poco; c’è sempre qualcuno a cui la diversità fa paura…Tutto eccellentemente curato, per catturare lo spettatore e “tormentarlo” nel chiedersi quanta fantasia nella realtà o viceversa.

“Abbiamo girato nel Nord Islanda, la casa dove poter girare l’abbiamo cercata a lungo, la fattoria che diventerà il set principale per tutto il film è stata trovata da mio fratello, casualmente è il posto dove ho passato la mia infanzia. È isolato, sembra che il tempo si sia fermato lontanissimo da tecnologia e i movimenti frenetici che ti impone la città”

Un debutto fortunatissimo, che ha inserito immediatamente Vladimir Johansson tra i nomi, oggi, più promettenti del panorama cinematografico europeo; acclamato dai grandi per la genialità e la freschezza, l’illusione scenica e la contemporaneità di una storia che non è mai appartenuta ad un mondo esistente ma che sembra avere uno scopo educativo, una precisa morale in un mondo dove la diversità, la famiglia, gli affetti sembrano occupare posti irrilevanti.

“Lamb è un film che non ha un potenziale ma un dovere, l’accettazione, il dolore, la famiglia di sangue e quella creata dagli affetti, abbiamo lavorato su questo per tutta la sceneggiatura con l’unico desiderio di riuscire a creare una morale di facile trasparenza in mezzo ad un filmato intrinseco e psicologicamente complicato”

“La mia più grande fortuna è stata lavorare con un cast eccellente, un regista esordiente non potrebbe desiderare altro, al momento sto lavorando ad un nuovo progetto scritto da altri, ma dopo una pausa spero di poter tornare a scrivere qualcosa di mio”

Noomi Rapace, nel ruolo della protagonista Maria, Björn Hlynur Haraldsson, interpreta Ingvar il marito, Hilmir Snær Guðnason che interpreta Petur, Ingvar Eggert Sigurðsson

“Non so quale saranno le mie prossime idee, la mia mente cambia costantemente, ma ho una linearità che rispecchia un gusto ballerino ma unico, riconoscibile, non so quale sarà la mia destinazione finale, ma ogni cosa che inizierò a fare e creare avrà sempre a che fare con quanto fatto e con quanto farò”

Lamb è un film che si inserisce nella classe dei grandi talenti. Valdimar Jóhannsson ci stupirà ancora!

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