Simone Corbisiero si racconta oltre Scordato: “Avremmo bisogno di più illusi e meno disillusi!”

La nostra intervista a Simone Corbisiero. L'attore che fa da spalla a Rocco Papaleo in Scordato è una vera scoperta!

Ha gli occhi di chi si lascia attraversare, Simone Corbisiero, e parole che aprono autostrade sul cinema, sulla musica, sulla politica, sulla lingua e sulla questione meridionale.
Muovendosi sul grande schermo a fianco di Rocco Papaleo e vestendo i panni del suo alter ego in Scordato, al cinema dal 13 aprile 2023, l’attore lucano lascia affiorare in ogni centimetro del suo essere tutta quella veemente passione che ha lasciato dormiente per anni, sepolta sotto una coltre di presunti doveri e paralisi dell’essere. Ma la nostra predilezione, che è virtù e condanna insieme, viene sempre allo scoperto e al cuore di Simone Corbisiero, classe 1988, ha bussato col pretesto di un laboratorio teatrale amatoriale proposto da un amico. Proprio lì, nella città che aveva raggiunto per inseguire un’altra carriera, ha sentito “qualcosa allo stomaco”, al punto da dirsi che in quel posto, forse, si sarebbe potuto sentire “artisticamente a casa”.

E a casa, vedendo la sua performance, c’è davvero! Lo raggiungiamo telefonicamente dopo averlo incontrato al Bif&st e ha la voce bucata di commozione mentre ci spiega che cosa significhi per lui recitare: “è l’unica cosa che mi ha fatto sentire a mio agio. Io ero e sono ancora un disagiato, un disadattato. Ho l’impressio

ne che con la recitazione o sono un disagiato tra disagiati o ho semplicemente trovato il modo per sublimare il mio disagio, un modo per esplorare le migliori parti di me ma anche per imparare nuove culture. Ad esempio imparare un dialetto è una cosa bellissima! Poi ti dà anche la possibilità di esplorare e di conoscere i lati peggiori di te. E poi è un lavoro artigianale: è bellissimo vedere come si costruire un personaggio: lavorare a strati ti dà come l’impressione di costruire una piccola casetta e questa è una cosa interessante”.

Simone Corbisiero è il giovane Rocco Papaleo in Scordato: il mio è l’Orlando prima della disillusione

simone corbisiero scordato cinematographe.it

Costruire il suo personaggio in Scordato non sarà stata certo impresa semplicissima, dal momento che ha l’onore e l’onere di interpretare la versione giovanile di Rocco Papaleo, alias Orlando. Sa farlo senza scadere nell’imitazione. Ma cosa avrà avuto Simone Corbisiero di così speciale da indurre Papaleo a volerlo a bordo del suo film più intimo?

A detta dell’attore c’è sempre, “prima di tutto, una componente legata al caso e alla fortuna: il colore degli occhi uguale, abbiamo più o meno la stessa altezza (1,75 cm), quindi una componente fisica e di vaghissima somiglianza c’è, oltre alla componente lucana. Però ovviamente si è instaurata una sinergia immediata tra me e lui; Rocco ha subito riconosciuto il contributo interpretativo e creativo che potevo dare al personaggio e alla storia e da parte mia c’è stata un’immediata fiducia e devozione alla causa perché mi sono innamorato immediatamente della sceneggiatura di Scordato e di Rocco”.

Addentrandosi nei dettagli dell’interpretazione ci svela: “In realtà un vaghissimo lavoro sull’imitazione di Rocco l’ho fatto a livello sonoro, ma ho cercato di non abbassare troppo il tono della voce proprio per non cadere in una parodia. Sono riuscito a non risultare un doppione grazie alla mole di lavoro che abbiamo fatto insieme a Rocco e a quel periodo che abbiamo trascorso insieme a casa sua a Lauria. Ci siamo detti immediatamente che l’Orlando giovane doveva essere un Orlando prima della disillusione, delle aspettative distrutte o negate. E quindi mi sono permesso di dare questa lettura del personaggio: l’Orlando giovane doveva provare soprattutto le emozioni positive che quello anestetizzato del presente non si dava invece più il permesso di provare”.

Il bello della sua performance in Scordato è però anche il fatto che la finzione, per certi versi, si intersechi col vero vissuto dell’attore. Ripercorrendo la sua formazione ci racconta infatti di essere arrivato a Roma nel 2007, dopo il diploma, con l’intenzione di studiare filosofia, “ma i miei genitori, in particolare mio padre, non erano molto contenti della prospettiva, quindi mi sono fatto convincere a fare una facoltà più sicura”, dice caricando la parola di una certa perplessità, confermata, dopo un mezzo sospiro da un “anche se come sappiamo ormai di sicuro non c’è niente quindi… visto che ho una grande passione per la politica, mi sono lasciato attirare dal mondo del diritto e alla fine ho optato per studiare alla facoltà di Giurisprudenza”.

Quella laurea Simone alla fine la conseguirà col massimo dei voti (insieme a un Master in Diritto ambientale), eppure la proposta “galeotta” fatta dall’amico e narrata in apertura lo conduce, all’età di 22 anni, a capire ciò che vuole davvero, pur non avendo all’epoca “una vocazione attoriale conscia, né che risale all’infanzia”. 

Parlando di sé l’attore svela: “Ho sempre avuto una propensione per la scrittura e in particolare sentivo un’urgenza di dovermi esprimere artisticamente, quindi scrivevo tante poesie, racconti, avevo questo piccolo gruppo in cui cantavo e scrivevo i testi. Ora, cantare è un parolone! Più che altro urlavo, perché era un gruppo rock. La musica tuttavia è stata fondamentale nel mio percorso di avvicinamento al mondo dell’arte. Io ho iniziato ad ascoltare musica dal quinto superiore, prima ero solo uno che ascoltava musica elettronica su delle radio che facevano solo musica house, poi ho iniziato ad innamorarmi del mondo del rock (Afterhours, Pink Floyd…) e questa cosa mi ha fatto venire voglia di suonare (suonicchiare eh, perché strimpello la chitarra!)”.

Simone Corbisiero e il dialetto lucano: dimenticarlo per emanciparsi?

In Scordato Simone Corbisiero ha modo di esprimersi per la prima volta in assoluto nella sua versione linguistica più autentica, ovvero il dialetto lucano. Una conoscenza praticamente innata che negli anni gli ha concesso di adeguarsi con una certa disinvoltura anche ad altri idiomi del Bel Paese: “avendo un dialetto piuttosto ibrido mi sono potuto avvicinare a produzioni che mi hanno richiesto l’uso del campano, del barese, del calabrese e del siciliano, ma non avevo mai recitato nella mia lingua. Il dialetto lauriota è leggermente diverso da quello potentino, anche se parliamo di piccolezze, quelle le ho imparate da Rocco ma non è stato difficilissimo spostarmi dal potentino al lauriota”.

Eppure c’è stato un periodo in cui questa eredità linguistica, meritevole in parte di questo bellissimo ruolo cinematografico, gli è risultata quasi scomoda: “Un po’ come il personaggio di Orlando anche io, quando sono venuto a Roma quindici anni fa per studiare, avevo smesso un po’ di parlare il dialetto, inconsciamente per emanciparmi (pensavo!) quindi ho iniziato a parlare un italiano sempre più corretto e pulito, anzi mi dava fastidio quando mi prendevano in giro per la mia cadenza, per il fatto che storpiavo le consonanti e le vocali. Poi, quando ho iniziato a studiare recitazione, ho ripreso a parlarlo perché mi dava una connessione con la realtà, mi rendeva tutto più semplice nel trovare una verità scenica. Ci sono delle espressioni ponentine che uso, alcune non si possono dire perché sono volgari (dice sorridendo), ma una che uso in particolare è ‘Ef fess’, che sarebbe il corrispettivo del ‘me cojoni’ romano”.

Simone Corbisiero e la questione meridionale: “Avremmo bisogno, al sud, di più illusi e meno disillusi!

Scordato è un film nostalgico, se vogliamo anche un po’ polemico nei confronti del sud. Qual è la tua opinione sul meridione?
“Credo, dal mio umile punto di vista, che ancora oggi si dovrebbe parlare della questione meridionale. La cosiddetta questione del Mezzogiorno, di cui si parla dal 1861, non è ancora stata risolta. Non sono io la persona deputata a parlare di infrastrutture e problematiche affini ma se vogliamo anche tirare in causa in lato artistico, quindi giovani autori, registi, attori, sappiamo quanto sia difficile avere opportunità in alcune regioni del Mezzogiorno e che a volte anche quando non si è costretti a emigrare, come direbbe Troisi, è l’unica scelta se si vuole inseguire un sogno. A volte per la cecità dei nostri politici, altre per un po’ di noia, di pigrizia e ozio che avviluppa alcune regioni, soprattutto periferiche, del sud Italia. In questo sì, Scordato è un film affettuoso e polemico, come dice Rocco. Anche riconoscere con questo tono polemico che ci si dsillude troppo presto al sud e, in questa battuta che dico io nel film, si ha la sensazione che al sud la gioventù passi in fretta per avere più tempo per rimpiangerla, quindi si spera che i sogni smettano presto di essere sogni. Avremmo bisogno, al sud, di più illusi e meno disillusi!

I luoghi del cuore in Scordato

Al netto della polemica, però, il sud Italia in Scordato costituisce la maggior parte delle location e si intreccia anche in tal caso all’esistenza reale di Simone Corbisiero, che in questa terra ha trascorso parte della sua infanzia e adolescenza, al punto che quando gli domandiamo se nel lungometraggio sono presenti anche i suoi luoghi del cuore ci confessa di tenere particolarmente a parlare di quei “luoghi dell’anima in cui è stato girato il film. Abbiamo girato le parti dell’albergo (L’anfora, che poi si chiama L’ancora) a Tortora Marina, dove i miei genitori avevano casa e quindi ci passavo due mesi l’anno tutte le estati da quando sono nato fino a quando ho compiuto 20 anni, quindi è una seconda casa per me e l’albergo in cui abbiamo girato era circa a 200 metri dalla nostra vecchia casa. E quando dovevo girare su quel set si trattava di un’ultima scena, quindi era una convocazione successiva, ma ho chiesto di poter andare a Tortora (noi alloggiavamo a Maratea) dalla mattina, perché ho passeggiato per tutto il paese alla ricerca di quelle sensazioni, un po’ come in parallelo al personaggio di Rocco, quello dell’Orlando adulto. Sono andato alla ricerca di quei tempi perduti e la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare in quella gelateria dove andavo da bambino, perché è l’unica gelateria al mondo che fa il gelato al Plasmon ed è stato un momento pazzesco. Alla prima leccata mi è venuto da piangere”.

Simone apre così una finestra sulla sua infanzia, in una parentesi di sana e consapevole nostalgia personale che fa presto a creare un ponte con la presunta nostalgia storica. In Scordato c’è infatti un riferimento al terrorismo e a certi anni abbastanza particolari. Portiamo l’attore lucano su un terreno scivoloso ma nel quale sappiamo possa sentirsi a suo agio, per domandargli quanto e cosa era giusto (se lo era) di quel modo di fare e per avere una sua opinione sul modo in cui la nostra generazione si approccia alla politica.

Tra politica e questione generazionale

Fa un lungo sospiro, come chi sa che la propria opinione potrebbe, se vista da un’angolazione sbagliata, essere travisata, ma si butta lo stesso e ci dice pacato: “Mi sarebbe piaciuto essere giovane negli anni di piombo, ovviamente non per la lotta armata e per quel modo di affrontare le cose, quella degenerazione, quegli integralismi che poi hanno portato da entrambe le parti ad attentati, morti e sofferenza. C’è però da dire che in quegli anni anche queste degenerazioni erano figlie di una straordinaria passione per la politica. A tal proposito Rocco Papaleo ha detto una cosa bellissima e cioè che la politica ha molto in comune con la poesia, perché nell’ideologia e nell’ideale politico c’è uno slancio passionale, che è quello che un po’ manca alla nostra generazione. Noi della nostra generazione stiamo sbagliando tantissimo, ci siamo disillusi presto e chiaramente abbiamo delle responsabilità: abbiamo rinunciato a cambiare le cose perché abbiamo la sensazione di trovarci davanti a un muro invalicabile, per quanto siamo la generazione che ha visto cadere dei muri. Personalmente ho quattro nipoti che vanno dai 16/17 ai 12 anni e ho una fiducia straordinaria nei ragazzi di adesso, perché hanno una sensibilità, un’empatia e una conoscenza dei tempi in cui vivono migliore di chiunque; sono aperti, tolleranti; hanno un grandissimo rispetto perché sono nati in un’epoca in cui si inizia a tollerare maggiormente, sono sensibili ai temi dei diritti civili, sociali, delle questioni migratorie, climatiche. Forse noi siamo oramai un po’ disillusi, ma potremmo rubare a loro qualcosa a livello di entusiasmo. Ho davvero tanta fiducia nei giovanissimi, in chi ancora non vota per intenderci. Credo che possono fare cose che noi della generazione Millennial, che siamo rimasti un po’ in mezzo, forse non siamo riusciti a fare e non solo per colpa nostra eh, diciamo che siamo una generazione sfortunata”.

Musica e aneddoti dal set

Nella nostra conversazione non manca il riferimento alla passione per la musica che lo accomuna a Rocco Papaleo, a proposito della quale l’attore racconta: “La musica è stata l’emancipazione da una vecchia idea di me che risaliva all’adolescenza: ero un adolescente abbastanza triste, annoiato, che non avevo particolari passioni se non quella per l’Inter e per il calcio, che sono quasi malattie che continuano a rimanere. Ma con la musica sono riuscito ad affrancarmi, ad emanciparmi non dalle mie origini, dalla mia terra, ma proprio da un me passato”.

Parlando di aneddoti dal set Simone Corbisiero racconta di aver cantato e suonato alcune canzoni scritte da lui ma mai eseguite in pubblico. Lo ha fatto su richiesta del regista, cosa che a suo avviso è stata decisiva ai fini dell’ottenimento del ruolo, “anche se” – ammette ridendo – “Rocco mi ha detto che avevo cantato bene ma la canzone era troppo indie”.

In merito agli aneddoti divertenti invece ci svela che la cosa che lo fa ancora ridere molto al solo pensiero è un’abitudine acquisita da Rocco Papaleo sul set: “aver girato la scena in macchina con l’autista potentino che odia i materani ha portato il tormentone di PAPÀM, che poi è diventato un tormentone sul set e Rocco alla fine di un ciak, invece di dire ‘stop’, se la scena era venuta particolarmente bene e lui era contentissimo non urlava ‘stop’ ma papàm!”

Avviandoci verso la conclusione della nostra intervista a Simone Corbisiero non può sfuggirci un commento sul resto del cast, che vede il debutto sul grande schermo della cantante Giorgia la quale, dal punto di vista si Simone, “ha una luce meravigliosa!”. “La conoscevo come artista e ho appurato che la luce che porta nelle sue canzoni è la stessa che porta nella vita e nel suo personaggio,” – racconta – “quindi è stato un incontro meraviglioso. Con Angela Curri si è creato un rapporto di fratellanza, è nata una bella amicizia. Lo stesso con Giuseppe Ragone, con cui abbiamo iniziato a collaborare e a fare delle cose insieme. Ma mi sono trovato benissimo con tutti: con Marco Trotta, Anna Ferraioli, Antonio Petrocelli, con Manola Rotunno e Jerry Potenza, che interpretano la mia mamma e il mio patrigno, quindi è stato tutto meraviglioso”.

Perché vedere Scordato?

Ma perché vedere Scordato oltre che per la magnifica interpretazione di Simone Corbisiero? A suggerirci il motivo è lo stesso attore che interpreta il giovane Orlando: “perché è un film universale che parla di temi universali, dalla perdita e ricerca di identità, dal dialogo col proprio fanciullino interiore e del perdono, parla di una parte importantissima della nostra storia d’Italia che abbiamo scordato e che comunque anche a chi è nato dopo quel periodo ha lasciato dei traumi inconsci. Lo consiglio poi perché parla di musica, di poesia ed è secondo me una delle commedie più belle degli ultimi anni. Ah! Ed è recitato benissimo!”, dice esplodendo in una risata.

Dal canto nostro non possiamo che sottoscrivere quanto detto da Simone, ricordandovi che lo trovate al cinema in Scordato e che lo vedremo presto in nuovi progetti tra cui Palazzina Laf (opera prima Michele Riondino), la serie TV Netflix Briganti,girata tra Basilicata e Puglia, Comandante di Edoardo De Angelis. In ambito teatrale invece sta portando in scena Solo un buco nell’acqua, “uno spettacolo in cui non recito ma che ho scritto”.