Scott Cooper: Hostiles è lo specchio dell’America.. i western non passano di moda!

Scott Cooper e Rosamund Pike hanno presentato il film Hostiles facendo emergere il ruolo delle donne nella società e la situazione americana, perennemente piena di lotte interne.

Hostiles è il film d’apertura della dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, il western dai risvolti contemporanei diretto da Scott Cooper con protagonisti il soldato Christian Bale e la sensibile Rosamund Pike, quest’ultima nella Capitale insieme al regista per presentare il film.

Hostiles è un film ambientato in un altro tempo, ma parla anche dell’America di oggi. Quanto impatto potrebbe avere sull’attualità? 

Scott Cooper: “La storia raccontata oggi è ancor più rilevante di quando ho iniziato a scriverla. Non è un segreto che l’America stia attraversando ora una tale spaccatura razziale e culturale, che da novembre è cresciuta e continua giorno dopo giorno. Il Paese non è mai stato diviso come adesso. Si tratta di una nazione polarizzata dopo le elezioni e si nota in modo impressionante. Spero Hostiles apra un dibattito necessario sulla riconciliazione con l’altro, sull’inclusione, sul saper risanare le ferite tra differenti culture. Abbiamo un capitano e degli indiani privati della loro terra e della loro cultura, tutti costretti ad un viaggio dal New Mexico al Montana che servirà soprattutto alla comprensione e alla condivisione. Se dopo il film in America, come in tutto il mondo, si parlasse di questo tema, sentirei di aver fatto qualcosa di utile.”

hostiles scott cooper

Wes Studi: “La mia condizione è una sorta di specchio della realtà dei nativi oggi, per noi si tratta sempre di un processo continuo di adattamento. Come ha detto il regista, il mondo è diventato più mutevole nella società e il film parla del problema razziale ieri e oggi.”

Rosamund, cosa hai pensato quando Scott Cooper ti ha proposto questo personaggio?

“Ho sentito che quello che aveva scritto Scott era talmente reale da dover mettere soltanto la vita, come c’è scritto. Nient’altro. È un personaggio molto forte he affronta un viaggio della perdita terribile, forse la più insopportabile che un essere umano può attraversare. Lei non vuole più vivere inizialmente, ma morire con la sua famiglia. Per me la cosa interessante è stata vedere come una persona può trovare il modo di sopravvivere e di quanto odio tendiamo a portarci dentro. Anche quando viene ucciso qualcuno che ci ha fatto molto male, questo non ci fa sentire meglio. Il personaggio non cerca di essere forte perché scimmiotta l’uomo, come si tende a fare adesso, è molto femminile, comprende e così cresce, matura. È la controparte del personaggio di Christian Bale e vuole trasmettergli il fatto che lui è un uomo buono. Vuole portarlo fuori da quella sua parte oscura. Hostiles è un film importante per me, è stato un percorso che ho fatto io stessa per questo mi viene difficile parlare del mio personaggio in terza persona.”

Che ne pensi del lato del film che insegna ad aprirsi all’altro? 

“È proprio questo il punto del film. Noi come americani possiamo impegnarci di più per comprendere gli altri. Certo posso parlare solo della mia esperienza, ma è svilente vedere cosa succede oggi, come per il caso di Charlottesville in Virginia. Vedere l’odio per le minoranze, quegli atti di violenza nell’università, è assurdo da vedere in un luogo dove si dovrebbe imparare. Io e la mia famiglia veniamo poi da otto anni di speranza sotto la presidenza di Barack Obama e ricordiamo con affetto quell’America. Il punto rimane comunque l’inclusione e l’ascolto perché se noi aprissimo le orecchie apprenderemmo di più. Se si continuerà in questa direzione penso le difficoltà diventeranno enormi. L’abbiamo già passato, ma speriamo non sia questo il nostro futuro.”

Rosamund, nonostante il tuo personaggio sia quello che ha sofferto di più, sembra aprirsi prima nei confronti degli indiani. Pensi che il cambiamento cominci dalle donne? 

“Diciamo che recentemente siamo rimasti affascinati da cosa può succedere se le donne si mettono insieme e fanno sentire la loro voce. All’inizio lei è avvolta da una sorta di ignoranza, la prima reazione che ha nei confronti degli indiani è di terrore, però poi osserva. Ha subito un lutto profondo e non ha niente da dire o fare, può solo osservare e soffre nel vedere una madre col figlio, mentre lei ha perso le sue figlie. C’è qualcosa di organico, non penso faccia delle scelte, osserva e si rapporta con gli umani, perché lei è umana. È diverso dal rapportarsi del soldato perché lui ha bisogno del nemico e si sente perso quando gli si dice che ora  l’indiano è un amico.”

Wes Studi, hai prestato servizio in Vietnam negli anni Sessanta. Questa esperienza ti è servita per crede empatia con l’altro? 

“Posso dire di sì, nel corso degli anni è un’esperienza che ho fatto ed è stato un elemento che ho sempre portato nella mia carriera.”

Perché pensate che le persone hanno il bisogno, l’ansia di dover avere necessariamente un nemico? 

Scott Cooper: “L’America ha una lunga storia di nemici o persone che riteneva tali. Non sono sicuro di sapere il perché di tutto ciò, ci sono stati dei presidenti che si sono sentiti come dei cowboy dove tutto davanti a loro era bianco o nero, questo ci ha impedito di vivere bene insieme. È una questione di risorse, di imperialismo. Sono comunque positivo, ma adesso sento che stiamo percorrendo un percorso oscuro e pericoloso.”

Hostiles è un film che, pur guardando all’attualità, riprende un genere intramontabile del cinema. Come ti sei rapportato al western?

“I film western non passano mai di moda, soprattutto per i suoi personaggi buoni e cattivi, per il codice di vita e la maestà del paesaggio, il desiderio di trovare di meglio rispetto al proprio destino. E per l’appunto il confronto con il nemico. Per me Hostiles è un western solo per l’epoca storica in cui è ambientato e i suoi luoghi, ma la mia intenzione era raccontare l’umanesimo che supera i generi cinematografici, un’esperienza di comprensione sull’essere uniti. Ovviamente ci sono omaggi a John Ford. Da cineasta si cerca di prendere tante influenze vissute e tramandarle come eredità.”