Paolo Sorrentino e il cast su Loro: “Non è un film politico, parla di sentimenti universali”

Paolo Sorrentino insieme al cast composto da Toni Servillo ed Elena Sofia Ricci e un manipolo corposo di attori ci racconta Loro, di come una storia d'amore possa aprire varie strade e dello sguardo con cui ha voluto inquadrarle.

A pochi giorni dall’uscita al cinema di Loro 1, il regista Paolo Sorrentino insieme all’intero cast dell’opera, presenta a Roma la seconda parte del film sulla figura di Silvio Berlusconi, che non tarderà ad arrivare presto nelle nostre sale. Loro 2 è il proseguimento di un’operazione cinematografica che ha cercato di andare dietro la maschera del politico e imprenditore, per tirarne fuori l’immagine di un uomo costretto a confrontarsi con la paura della fine, tentando in tutti i modi di evitarla. Uno specchio in cui riflettere i sentimenti dietro l’apparenza, la vita privata dietro quella pubblica, usando un’abbondante dose di finzione di cui il regista ci parla durante la conferenza. Loro 2 arriva in sala il 10 maggio.

Paolo, molti dopo l’uscita del film hanno tentato un po’, come si fa con un album di figurine, di cercare di capire a chi i tuoi personaggi si riferissero nella realtà. Qualcuno ci ha preso?

“A dire la verità è inutile fare il gioco delle figurine, sarà anche legittimo, ma è una pratica da rotocalco, visto che nel film ci sono personaggi reali dichiarati. Quelli che non lo sono è perché non hanno riferimenti nella realtà. Bentivoglio non è Bondi, sono convinto che nel mondo almeno una persona su due scrive poesie segretamente nel suo privato. E Kasia Smutniak non è Sabina Began. Non si scherza poi su qualcuno se non lo si vuole tirare in causa. Il mio intento era giocare con la finzione, se non ci sono nomi veri è perché non volevo che ci fossero personaggi reali oltre a quelli nominati.”

Cos’è più difficile, fare un film su Silvio Berlusconi o sul Papa?

“Su Berlusconi. Quando si tratta di personaggi reali è tutto più complicato e la storia ha bisogno di venir contenuta. Con la serie tv ho inventato un Papa che non c’è e non ci sarà mai, quindi disponevo di un’inventiva assoluta. Qui invece deve essere contenuta per varie ragioni.”

Quella che esce di Silvio Berlusconi è una figura più intima di quella che ci si sarebbe aspettata, che scava anche nel privato e non solo nelle questioni pubbliche che lo hanno visto coinvolto, creando quasi una sorta di comprensione per lui. Pensi che sarà contento del film?

“Non sono in grado di rispondere perché non posso prevedere le reazioni degli altri ai miei film e non sarebbe neanche giusto farlo.”

All’annuncio di un film su Berlusconi avevi dichiarato che la politica non sarebbe stata in primo piano, ma che volevi esplorare le complessità di un uomo all’apparenza così semplice. Pensi di aver centrato il tuo bersaglio o alla fine credi si sia andato a toccare molto anche l’ambito politico?

“No, il film non è politico, non mi interessava raccontare di fatti ed argomenti ampiamente sviscerati. Anche della parte puramente privata, legata ai sentimenti, ne è stato detto, ma molto di meno e questo mi interessava per il film. Non si tratta di un’opera schierata, non sono in posizione né di attacco né di difesa, il fatto che ci sia nel film una controparte forte come Veronica Lario non significa che io sia d’accordo o no. Volevo esplorare i sentimenti dietro le maschere, che riguardano tanto i giovani quanto uomini di mezza età. Sarò ripetitivo, ma la paura della vecchiaia e della morte sono in ognuno di noi, in ogni generazione. Definirei Loro come un film in costume: i sentimenti sono quelli che provano tutte le persone, ma si presentano in modo diverso in base al periodo in cui sono raccontati. Un tempo in cui c’è stata una forte vitalità che si è poi trasformata in una delusione.”

E quindi con quale sguardo hai voluto creare il film?

“Il mio sguardo sta nel tono che ho adoperato, racchiuso in una parola che fortunatamente gira molto in questo periodo ed è tenerezza. Non volevo puntare il dito, sarebbe stata una cosa pretestuosa e pretenziosa. Penso che un film, come anche un libro, possa essere, a dispetto della cronaca che si rivela sempre così emotiva ed allarmista, un avamposto della comprensione delle cose. Non solo però capire, ma essere comprensivi. Cercare di capire le cose che non ci piacciono è un rischio che va corso. Un film credo debba fare questo ed è quello che io ho tentato con Loro.”

Ed è anche per questo che volevi infatti raccontare della figura di Berlusconi partendo da una storia d’amore?

“La storia d’amore era uno dei punti d’accesso possibili, una delle chiavi per poter addentrarsi nella vita delle persone. Poi il film prende altre direzioni e altri ambiti, forse anche troppi, ma con gli sceneggiatori ci sembrava la maniera più audace e diversa, forse anche la più autentica, per parlare di questo.”

Perciò, alla fine dei conti, non è che con questo film ci stai dicendo che in fondo “Lui” non è poi tanto meglio di “Loro”?

“Mi terrei lontano dal fare delle classifiche quando si tratta di persone. Quando si soffre, quando si hanno delle paure o dei dolori, non bisogna mai giudicare. Il film racconta un universo di difficoltà, quello in cui ci siano anche noi.”

Avevi detto che questo sarebbe dovuto essere un film sugli italiani per gli italiani. Pensi di aver raggiunto il tuo obiettivo?

“A dire la verità non è proprio così. Il film inquadra un periodo che ha delle caratteristiche ben precise e va dal 2006 al 2010, con forti reminiscenze degli anni Novanta e le derive del comportamento di prima del Duemila. Il film quindi comprende una parte di italiani, ma la dimensione dei sentimenti cerca di essere universale e spero che sia questo a rimanere del film. Ci sono sicuramente dentro delle caratteristiche che accompagnano gli italiani, ma non c’è solo aberrazione, ma anche una sorta di eroismo. È stato un timido tentativo con personaggi reali e inventati per raccontare noi. Quello che in fondo è il tentativo di ogni film.”

Paolo Sorrentino: “Siamo partiti da una storia d’amore per aprire poi altre strade”

Toni Servillo ed Elena Sofia Ricci, tra di voi ci sono alcune delle scene più potenti del film. Come vi siete preparati ai ruoli, visto che poi i vostri personaggi erano quelli che si rifacevano a persone della vita vera?

E.S.R.: “Faccio fatica a parlare di un personaggio reale che a mia volta ho interpretato. Ho letto la biografia di Veronica Lario, Tendenza Veronica, dove ho potuto saperne di più su qualcosa dell’ambito personale. Quando però ho letto la sceneggiatura mi sono resa conto che non si trattava solo di una donna, ma di sentimenti che accomunavano tutte le donne. Malinconia, dolore di una fine, paura di sfiorire, progetti mal riusciti. Questo riguarda tutte le donne. Riguarda anche me, che ora ho cinquantasei anni e posso dire di aver provato molte di queste sensazioni. Poi devo dire che mi sono lasciata condurre da Paolo, come se fossi una ballerina di tango. Quando ho visto il film non vedevo più né Veronica né me stessa, ma tutte le donne. È stato facile perché a recitare con me c’era Toni, che è un gigante.”

T.S.: “Ho avuto la fortuna di girare Il divo e non solo perché ha significato lavorare con Paolo, ma perché mi ha permesso di mettermi a confronto con un protagonista reale e politico. Il divo è una qualifica dell’impero romano e il personaggio si muoveva tra i palazzi della politica in cui andavano ad alimentarsi i segreti. Con Berlusconi è stato diverso, anche qui siamo di fronte ad un divo, ma estroverso, al centro della scena politica e con un’estroversione che lo rende di già un personaggio per il cinema. Una persona con una tale presenza da occupare in maniera ossessiva qualsiasi interiorità. Quando poi, dopo aver letto la sceneggiatura, ho visto che mi si offrivano scene come quella con il personaggio di Ennio o quella della telefonata, ho capito che ci si sarebbe davvero allontanati dalla cronaca, perché sarebbe stato il cinema a parlare, come era avvenuto con Il divo. Abbiamo preso distanza dagli spazi della politica per addentrarci in questo Eden sardo dove vediamo il personaggio che lotta quasi per la sopravvivenza. Un potere che non organizza, ma aspetta il momento giusto per rientrare in scena, questo mi sembrava molto interessante. Ovviamente uno si rifà poi alla situazione documentata, ma basta aver vissuto quel tempo per sapere cosa è successo. Quello che dunque ho fatto è stato seguire una sceneggiatura simbolica.”

C’è una bella scena in cui il personaggio di Veronica parla a Berlusconi e sembra come riportare il pensiero di molti italiani. Elena Sofia Ricci, quando ti sei trovata a girarla, anche tu la sentivi così?

“Sì, penso ci fosse proprio l’intenzione che gli italiani si riconoscessero in quelle parole. Per questo penso, da spettatrice, che il film sia quasi un’esperienza fisica. Ma in fondo, il sentimento che mi ha veramente aiutato per il lavoro, è stato quello della pietas.”

Toni, le due parti di Loro lavorano molto sulle immagini, quale è stato il processo sull’iconografia di Berlusconi, vista la portata di riferimenti che ci sono?

“Sia Andreotti che Berlusconi hanno un grande prospetto di immagini e oltre al lavoro che ho compiuto io, dietro c’è anche un grandissimo supporto da parte di costumisti, truccatori, scenografi e molti altri. Era importante che nel film ci fosse un corpo eloquente, tanto da diventare per alcuni un’ossessione interiore. La potenza simbolica di un personaggio che è istrionico e vedere come questa si pone poi nel privato.”

Come componenti del cast, cosa ci dite della vostra esperienza nella realizzazione di Loro 1 e 2?

Giovanni Esposito: “Per me è stata una felicità immensa lavorare con Paolo. Mi era capitato con dei cortometraggi in cui avevo già capito di trovarmi di fronte ad un genio. E sono stato felice di aver interpretato il mio personaggio, perché se il film parla di paure Maurizio Apicella ne incarna tantissime. Ha paura di perdere il suo contatto con il sole. E non fategli più vedere Concato! Paolo poi ha un grandissimo pregio: quando pensi di aver trovato il modo di interpretare il tuo personaggio, lui ti mette di fronte ad altre quattro o cinque panorami che non avevi visto e ti conduce in un viaggio meraviglioso.”

Anna Bonaiuto: “Con Paolo volevamo che il mio personaggio racchiudesse l’immaginario di quelle signore tutte truccate, con tanti capelli, determinate, delle paladine. E così abbiamo creato Cupa Caiafa, che posso finalmente svelare a chi si riferisce nella realtà: ad una via di Napoli!”

Fabrizio Bentivoglio: “Parafrasando una frase del film, tutti sono indispensabili, tutti sono sostituibili. Gli indispensabili nel film sono Silvio e Veronica. Il mio personaggio è un possibile sostituto che avrebbe potuto fare le stesse cose in ogni condizione. Con Paolo lo vedevamo come un camaleonte, un mutante che si adatta alle situazioni. Può ricordare qualcuno, ma anche persone che ci sono vicine, non solo quelle che popolano la cronaca. Per questo con i personaggi del film c’è empatia, perché ci si riconosce, sono molto simili a noi.”

Kasia Smutniak: “Kira, il mio personaggio, è una donna innamorata che sa di essere sostituibile. Stare su questo set per me è stato come un sogno, un’esperienza veramente bella e, quando mi sono ritrovata come spettatrice, ho trovato il film assolutamente sorprendente.”

Riccardo Scamarcio: “Quando ho fatto il provino con Paolo abbiamo trovato insieme la chiave per l’interpretazione del personaggio, facendo sentire questo marcato accento pugliese e tutto il resto. Poi sul set mi sono ritrovato ad essere non solo attore, ma anche spettatore. Girare con Paolo è un’esperienza impressionante. Ci sono molte macchine, tantissime cose che succedono tutte intorno. Ho anche quasi rischiato la pelle a causa di un cammello! È stato un momento lavorativo memorabile e sono felice che Paolo mi abbia dato questa opportunità.”

Euridice Axen: “Ringrazio Paolo con tutto il mio cuore. Nel film sono completamente trasformata, guardandomi non mi riconosco e questo è assolutamente positivo. La mia unica preoccupazione sul set è stata quella di non rovinare la scena, mi muovevo in punta di piedi per non rovinare nulla.”

Alice Pagani: “Non ho avuto ancora molte esperienze al cinema, si può dire che questa è la prima importante. Non mi ero mai approcciata ad una macchina così grande che va ad una velocità assurda, quindi ho studiato molto il personaggio per dare il meglio, una ragazza che è giovane, ma riesce a dire no.”

Roberto De Francesco: “È stato un bellissimo gioco non necessariamente giocoso, poter reincarnare un periodo dove, dolenti o nolenti, abbiamo vissuto tutti, che ci siamo trovati spesso con l’acqua alla gola, se non a volte soffocati.”