Olivier Assayas racconta la Nouvelle Vague a RomaFF14

Olivier Assayas, il regista di Sils Maria e Non fiction, racconta l'amore per la Nouvelle Vague a RomaFF14

Una lezione di Nouvelle Vague tenuta da Olivier Assayas. È la bellissima idea per l’Incontro Ravvicinato di cui è stato protagonista lo sceneggiatore e regista francese, che sfoggiando il suo impeccabile italiano ha intrattenuto il suo pubblico tra la storia degli inizi di quella “nuova onda” che cambiò il modo di fare film e il mito di alcuni dei suoi padri spirituali, a cui l’autore, come tantissimi della sua generazione, guardano con l’ammirazione di chi ha dedicato la propria vita a inseguirne i loro passi. Una conversazione con il pubblico che ha potuto godere della conoscenza enciclopedica e piena di sentimento di Assayas, durante la 14esima edizione della Festa di Roma.

Olivier Assayas parla degli inizi della Nouvelle Vague

“Per me esistono vari aspetti della Nouvelle Vague. Ci sono dei manifesti estetici e dei manifesti politici, entrambi che si spingono sempre oltre quello che si poteva immaginare, alimentati dai fuochi delle rivoluzioni del ’68. C’è la Nouvelle Vague narrativa, ma anche una Nouvelle Vague sperimentale, talvolta che veniva anche da altri paesi, principalmente dall’America però, come con artisti quali Andy Warhol o John Cassavetes. Il cinema, in quel periodo, si stava reinventando da zero, in qualsiasi punto del mondo. La nuova onda è stata ribellione, politica e di gender, dove la sperimentazione e la narrazione si incontravano e l’una aiutava l’altra per il proprio sviluppo creativo.”

Olivier Assayas e la controcultura

“Non sono mai stato interessato all’industria. Mio padre era uno sceneggiatore ed era entrato nei meccanismi di questo mondo, ma come potevo esserne interessato, io che sul finire degli anni Sessanta guardavo Easy Rider e ascoltavo Bob Dylan e i Velvet Underground. Erano anni di trasformazione per tutto il mondo. Quando ero giovane studiavo pittura, ero convinto che avrei trovato la mia strada in questa arte, ma quando arrivai ai ventiquattro o venticinque anni, il periodo dei miei primi cortometraggi, capii che era il cinema con la sua visione rivoluzionaria a poter ispirare i miei lavori, così mi consacrai in favore di questa nuova pratica artistica. Ho fatto film perché i registi della Nouvelle Vague hanno fatto dei film che ammiravo. Mi sembrava una strada di cui potevo appropriarmi.”

Impressionismo: dal reale al cinema

“La Nouvelle Vague ha molto a che fare con l’impressionismo. Questa tecnica pittorica alla fine dell’Ottocento voleva i pittori fuori, all’aperto, una finestra su quel mondo che volevano ritrarre direttamente dal vero. E così è stato per i registi di quel periodo. Niente artifici, niente industria. Semplicemente guardare quello che avevano davanti e ritrarlo più vero possibile.”

Olivier Assayas: “Ho fatto del cinema perché ammiravo i registi della Nouvelle Vague”

L’importanza del passato e della cinefilia

“Tra quello che definiamo il cinema delle attrazioni e il cinema moderno c’è sempre stata una forte interconnessione, una comunicazione che univa queste due tipologie di arte. Con la Nouvelle Vague si è andato a definire qualcosa di importantissimo ossia il concetto di conservazione e trasmissione. È stato grazie a Henri Langlois, direttore e ideatore della Cinémathèque française, che il concetto di importanza del mantenimento della memoria si è andato formando nella cinefilia. Un’idea venuta alla mente di Langlois intorno agli anni Quaranta, quando molte delle vecchie pellicole stavano cominciando a perdersi o a venir distrutte. Le poche copie disponibili o marcivano nei depositi o venivano scartate direttamente, ma attraverso il suo lavoro di restauratore e collezionista Henri Langlois ne comprese l’importanza che avrebbero ricoperto nel tempo. La Cinémathèque française ha salvato tantissimi film del periodo del muto che rischiavano di perdersi per sempre e che sono stati invece di ispirazione per tantissimi autori della Nuovelle Vague, che indubbiamente è stata influenzata dal cinema classico hollywoodiano e, per l’appunto, specificatamente dal muto.”

Robert Bresson e l’influenza cinematografica

“Bresson è stata una figura importantissima per la Nouvelle Vague. È interessante vedere, ad esempio, che un regista come Jean-Lu Godard, mai uguale a se stesso nella sua lunga carriera, ha comunque ricercato una sorta di spiritualismo estetico definito da Bresson, così da poterlo infondere nelle proprie opere.”

Il mio François Truffaut

“La calda amante è il mio film preferito di Truffaut, perché insolito nella sua carriera. Parte come un Godard e finisce come un Chabrol, con l’influenza sempre di Bresson a capeggiare. C’è una semplicità nella struttura del film, tutto girato con la luce naturale. E poi la protagonista era Françoise Dorléac, sorella di Catherine Deneuve, morta troppo presto. Un grande perdita per il cinema, aveva ancora molto da poter dare allo schermo. E poi c’è il modo di trattare la femminilità di François Truffaut, che ho sempre trovato precisa e unica.”

Ingmar Bergman, Luchino Visconti e il trattamento del passato

Il più grande drammaturgo di sempre? Ingmar Bergman, senza dubbio. Per quanto riguarda il cinema italiano ho una grandissima ammirazione per il cinema di Luchino Visconti, è considerato tra i più grandi registi di sempre, ma ho come l’impressione che spesso tendiamo a dimenticarlo. È la maniera con cui tratta il passato che mi ha sempre lasciato estasiato, così come fa con il suo Ludwing, che è un film che ho amato.”