Maria Grazia Cucinotta su Gli Anni Belli: il film di Lorenzo D’Amico “mi ha fatta emozionare”
La conferenza stampa de Gli anni belli, film d'esordio di Lorenzo D'Amico De Carvalho con Maria Grazia Cucinotta e Romana Maggiora Vergano, in sala in Italia dal 7 febbraio 2022. Si parla d'estate, del 1994, di Britney Spears e di una nonna famosa.
Si chiama Gli Anni Belli l’esordio alla regia di Lorenzo D’Amico De Carvalho, un passato da sceneggiatore e una parentela illustrissima di cui si parlerà più avanti. Arriva nelle sale italiane dal 7 febbraio 2022, distribuito da Bendico e prodotto (tra gli altri) da Bendico e Rai Cinema.
Lorenzo D’Amico De Carvalho, per la verità, il film non si limita a dirigerlo. Lo scrive, insieme alla moglie Anne-Riitta Ciccone, lo monta e persino lo produce. Che fatica. Il soggetto, cronaca di un’estate particolare per un’adolescente dal cuore e dalle passioni ancor più calde, l’estate del 1994 che qualcosina ha significato per il nostro paese, nasce dalla drammatizzazione e dalla deformazione fantastica di alcune vicende autobiografiche occorse alla sceneggiatrice, Anne-Riitta Ciccone.
Gli Anni Belli: parola a Maria Grazia Cucinotta e alle donne del film (c’è pure Britney Spears)
Spiega la Ciccone a proposito dell’origine del film, che nel cast conta Maria Grazia Cucinotta, Ninni Bruschetta, Romana Maggiora Vergano, Ana Padrão, Stefano Viali oltre alla partecipazione straordinaria di Bebo Storti, che “il soggetto l’ho scritto moltissimi anni fa. Poi ho deciso di non portarlo avanti, il genere commedia non l’ho frequentato molto, non so perché. Ma dal momento che Lorenzo lavora bene con gli attori e ha questo senso innato per la commedia all’italiana, glielo ho fatto leggere. Il regista è mamma e papà per il film, così gli ho chiesto cosa ne volesse fare di questo progetto. Da lì sono venute fuori numerose revisioni”. Ringrazia Rai Cinema per il supporto “è importante che un esordio abbia un sostegno anche in fase di sviluppo. Non solo in termini di denaro, ma anche dal punto di vista artistico”. Sul versante autobiografico precisa che “il riferimento va alla mia ultima estate in campeggio prima che i miei divorziassero, questa è la base del soggetto. Maria Grazia Cucinotta lo sapeva”.
Maria Grazia Cucinotta torna con Gli Anni Belli a quel 1994 che per la sua carriera signficò moltissimo (qualcuno ha detto Il Postino?). Nel film interpreta Adele, la mamma di Elena (Romana Maggiora Vergano), la rivoluzionaria protagonista. “Mi sono emozionata quando ho letto la sceneggiatura. Da madre mi ritrovavo a dire cose che ripeto quasi ogni giorno a mia figlia. Anche se il film è ambientato negli anni ’90, è molto attuale. Si parla dello scoprire il mondo in maniera incosciente, ma anche di rapporti di coppia. Di come un marito e una moglie (lui nel film è Ninni Bruschetta, ndr) rimasti soli si accorgano di aver perso del tempo, di aver smarrito la complicità. Lei ha paura di invecchiare, lui è un po’ distratto. Poi bisogna ritrovarsi. Il problema è comune”. Non crede che l’ambientazione d’epoca possa allontanare il pubblico giovane “le nuove generazioni possono ritrovarsi in questo film. Io mi sono divertita a farlo, al di là delle storie che scelgo perché le reputo adatte alla mia età, qui si raccontano tante verità. Quello che sullo schermo fa Elena, io lo appoggio. Tutti noi abbiamo rivoluzioni a cui prendere parte, tante piccole cose da risolvere”.
Per la protagonista Romana Maggiora Vergano la strada che ha portato ad Elena, cuore in subbuglio, passione rivoluzionaria e incedere molto polemico, è cominciata con un’impressione sbagliata. “Sono uscita dal provino convinta che non avrei fatto il film. Avevo vent’anni in quel momento, e so che il mio viso ricorda quello di un’ adolescente. Fisicamente però mi sentivo sbagliata, perché anche a 16 anni non sembravo una sedicenne. Il gusto di Elena per la polemica mi appartiene, ma solo in parte. Ero contenta di quello che avevo fatto ma sfiduciata, pensavo: mi diranno brava ma non ci sembri una sedicenne. Ma Elena si finge più grande della sua età. E questo mi ha aiutata”. A proposito di analogie/distanze con Elena la chiave va cercata “in una canzone di Britney Spears, not a girl not yet a woman. Anch’io ho avuto fretta di crescere. Sono andata a vivere da sola a vent’anni perché volevo scoprire il mondo. Poi ti ci ritrovi nel mondo, e vuoi di nuovo sentirti figlia. Quando Elena, alla fine, riabbraccia i genitori, io credo che si senta in pace”.
Perché il 1994 è lo sfondo ideale del film Gli Anni Belli? Ce lo spiegano il regista e un interprete
Per Lorenzo D’Amico De Carvalho esordire con Gli Anni Belli ha significato mescolare politica e sentimento. “Ero alla ricerca di un film d’esordio, e Anne ha ricicciato questo vecchio soggetto. Una storia culturalmente italiana, settata in un certo periodo storico. Il soggetto all’inizio era un coming of age (romanzo di formazione, ndr) di natura sentimentale. Il punto focale per la ragazza era di sentirsi riconosciuta come adulta dal mondo, riconosciuta dai suoi pari in termini sociali. Io ci ho messo un aspetto politico che in quel periodo della mia vita mi apparteneva”. Il film è girato, principalmente in Calabria, in un camping “di quelli d’epoca. Oggi ci sono strutture in muratura, non gli spazi per la roulotte o le tende come allora. Ho costretto un po’ tutti a passare settimane senza tv o internet. Certo, c’erano i cellulari, ma nessuno poteva tornarsene a casa la sera e guardare la tv. Passato il mugugno iniziale, siamo finiti tutti a bere, mangiare e suonare la chitarra”.
Ha scelto il 1994 come sfondo perché “erano gli anni della mia adolescenza, quindi c’è stato un contatto diretto. Ma la verità” prosegue “è che se volessi rappresentare un ragazzo di oggi, in un film, la cosa finirebbe con il pubblico adolescente che mi fa le pulci. Dicendomi, no, guarda, noi usiamo un altro social, non quello che hai messo tu nel film. Oppure, io gli farei dire scialla e loro mi risponderebbero, ma guarda che scialla non si usa più. Adesso diciamo un’altra cosa. Volevo portare i giovani in un periodo che non gli appartiene sul piano culturale, per farli concentrare su quello che accade. D’altronde io da piccolo guardavo e mi riconoscevo in Happy Days. Interpretato da un gruppo di attori con più di trent’anni che replicavano dinamiche tipiche degli anni ’60”.
Quello che accade nel tempo storico del film è una sottile trasformazione culturale e, perché no, consumistica, che abbraccia l’Italia di metà anni’90 e che per il regista è importante ancora oggi. “Il 1994 è stato per la mia generazione una nuova adolescenza della nazione. Il passaggio da una cosa a un’altra sconosciuta”. Lo conferma anche Stefano Viali, collaboratore di lunga data di D’Amico De Carvalho che nel film interpreta il neoliberista direttore del camping. “Un personaggio difficile da preparare. Dovevo giocare con un noto modello e al tempo stesso evitare le imitazioni. Ho dovuto intervenire sul modo di parlare, ho preso lezioni di berlusconese. Un personaggio, il mio, che ha anche un lato umano. Tiene molto a quello che fa”. Ricorda poi “conosco Lorenzo da tanto. Nel 1994, una sera, ero a casa di sua nonna, molto famosa, c’erano molti amici a cena e ci dicevamo: ma davvero ha vinto Berlusconi? Ci eravamo persi qualcosa. L’idea del 1994 come inzio del cambiamento e dell’età adulta è bella”.
Lorenzo D’Amico De Carvalho e le sue passeggiate con la nonna famosa
Per Lorenzo D’Amico De Carvalho, che considera Nell’anno del Signore uno dei più grandi film di ogni tempo e ha come modelli nostrani Luigi Magni e Mario Monicelli, il cinema (italiano e non solo) è roba di famiglia. Esagerazione? Mica tanto, se consideriamo che il nostro è nipote della grandissima Suso Cecchi D’Amico, gigantesca sceneggiatrice e protagonista di decenni di grande cinema, tra Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Monicelli e tanti tanti altri. Ladri di biciclette, Miracolo a Milano, Bellissima, Rocco e i suoi fratelli… l’elenco è troppo lungo e imbarazzante (in senso nobile) per poter proseguire. Lasciamo dunque al regista il compito di raccontare cosa ha significato crescere con una nonna celebre.
“Lunghissime passeggiate in cui ci inventavamo delle storie, questo è stato per me crescere con mia nonna. Quando andavo all’asilo si inventava storie pazzesche con protagonisti me e i miei amici. Poi sono cresciuto, e abbiamo cominciato a fare i dialoghi degli animali. Cioè lungo il percorso della passeggiata immaginavamo i dialoghi del nostro cane e dei suoi amici, cani e uccellini. Questo mi ha spinto verso il senso del dialogo, della narrazione. Mi ha insegnato a mettere delle parole in bocca a persone che non sei tu”. In senso più ampio e consapevole “essendo stata l’unica donna in quell’ambiente della sua generazione, è stata un po’ una mamma per tutti gli altri. Aveva un forte senso dell’accoglienza. Non l’ho mai vista lavorare. Aveva curiosità, una mente aperta, prendeva dal mondo. Poi questo prendere veniva surrogato e messo su un pezzo di carta. Questo, io non l’ho esperito direttamente. Insieme a lei godevamo della meraviglia che avevamo intorno”.