Manuel Agnelli e Mauro Pagani alla Festa del Cinema di Roma: “Alzate la voce, fatevi sentire!”

Alla Festa del Cinema di Roma la presentazione di Andando dove non so - Mauro Pagani, una vita da fuggiasco di Cristiana Mainardi, un documentario poetico e umano dedicato al musicista che ha attraversato mezzo secolo di storia italiana.

Mettere insieme i pezzi della vita di Mauro Pagani è un’impresa complessa. La sua musica, la sua storia, la sua vita attraversano diverse epoche del nostro Paese. Eppure è un viaggio bellissimo, in cui saggezza e sensibilità si incontrano sul pentagramma dell’esistenza. Cristiana Mainardi, regista del documentario Andando dove non so – Mauro Pagani, una vita da fuggiasco, riesce a ricostruire i passaggi fondamentali della vita del musicista, dialogando con lui e con le persone che lo conoscono bene. Il documentario fa parte delle Proiezioni Speciali della Festa del Cinema di Roma 2025. Questa mattina la stampa ha incontrato la regista, Mauro Pagani e Manuel Agnelli, in un momento che ha regalato ulteriori testimonianze dello spessore umano dell’artista, tra riflessioni profonde, aneddoti e pensieri da custodire.

Andando dove non so – Mauro Pagani, una vita da fuggiasco: l’incontro con la regista Cristiana Mainardi e con Mauro Pagani e Manuel Agnelli alla Festa del Cinema di Roma 2025

Andando dove non so Incontro Stampa Cinematographe.it

Andando dove non so nasce dal desiderio di ricostruire la propria identità, personale e artistica. Pagani, infatti, ha subito un ictus nel gennaio 2020 che gli ha provocato un’amnesia generale, offuscando nomi, volti, episodi, scollegando eventi e ricordi della propria vita. Così il musicista ha intrapreso un lungo percorso per recuperare la memoria, riascoltando i suoi dischi, dialogando con vecchi amici e colleghi. Il documentario si inserisce proprio in questa volontà di riannodare i fili di una vita piena di incontri ed esperienze, intrecciando memoria personale e memoria collettiva in un percorso poetico e intimo.

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La regista Mainardi ha sottolineato da subito l’importanza di un documentario come questo per tutti gli appassionati di arte e cultura: “Ho capito fin da subito che questo documentario, oltre ad avere un significato profondo per Mauro, aveva anche una componente fortissima di memoria collettiva. Ho sentito che raccontando la sua vita ci fosse anche un forte racconto sociale sullo sfondo.” Il “fuggiasco”, come lo definisce il titolo, si è sentito immediatamente coinvolto nel progetto:
“C’è stata una grande gratitudine per l’interesse di Cristiana Mainardi nel voler raccontare la mia storia e quello che ho fatto. Riguardando il documentario ho subito pensato: ‘Ma quanta roba ho fatto!’. Grazie a questo progetto, e alle persone che mi hanno spinto a farlo, ho dato uno sguardo diverso a cose che credevo marginali e che invece hanno avuto un’importanza fondamentale. Nella vita sono stato fortunato, perché ho avuto compagni di viaggio fantastici, che mi hanno saputo indicare dove andare e dove rivolgere lo sguardo. Io ai ragazzi dico sempre: andate dove gira la fortuna, non state fermi e lanciatevi lì dove le cose accadono.”

Mauro Pagani e la sua grande eredità artistica

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Sul valore dell’esperienza e dell’eredità artistica di Pagani, Manuel Agnelli ha espresso parole affettuose e sincere, sottolineando la mancanza di un vero dialogo tra generazioni: “Solo guardandolo e sentendolo parlare ho imparato moltissimo. In primis è una persona che sa raccontare: lo ha fatto con la sua musica e poi condividendo la sua esperienza con gli altri. Quanti artisti come lui possono vantare collaborazioni così importanti? Pochissimi. Non basterebbero dieci film per raccontare la sua vita. Ha proseguito Agnelli: “Questo è un altro insegnamento: la contaminazione con tutti, con altri artisti e con tanta musica diversa da noi. Mauro non ha mai smesso di mettersi in gioco e di sperimentare, e questo lo ha reso uno dei più grandi musicisti non solo del nostro Paese, ma anche nel panorama internazionale. Ricordo un aneddoto bellissimo: per la festa del suo compleanno, nelle Officine Meccaniche, lo vidi suonare in una saletta il violino. Era la sua festa! Mi avvicinai e lui mi disse: ‘Non smetterei mai di imparare’. Ecco, questo è Mauro.”

Sul difficile lavoro di montaggio di oltre 70 ore di girato, la regista ha spiegato:
“La prima guida che ho avuto è stata quella di rispettare la carriera non lineare di Mauro. Sono partita da lì. Questo ci ha permesso di avere una grande libertà di narrazione, partendo dalle sue parole e dai suoi ricordi. Sentivo una grande responsabilità, anche perché il suo percorso si colloca in un contesto storico importante. E poi, come sempre, mi sono lasciata sorprendere dal materiale che avevamo a disposizione, che era già di per sé una meravigliosa narrazione della sua vita.” Sul contributo dei tanti amici e colleghi artisti, la Mainardi ha evidenziato lo spirito di collaborazione che ha contraddistinto tutto il progetto: “L’emozione e i sentimenti di chi ha lavorato con Mauro ci hanno guidato fin dal primo istante. Raccontare la sua carriera significa anche raccontare il grande senso di comunità che è riuscito a creare intorno a sé. A partire dallo studio, le Officine Meccaniche, che negli anni è diventato un punto di riferimento per moltissimi artisti.”

Nella carriera di Mauro Pagani è stata fondamentale la capacità di scoprire e supportare nuovi talenti, qualità che nasce da una sensibilità artistica rara: “Il talento brilla di luce propria; se non lo noti, è perché non ci vedi tanto bene evidentemente.” Lui che nella sua carriera ha prodotto artisti come Luciano Ligabue, Afterhours, Negramaro, Bluvertigo, Arisa, Marco Mengoni e molti altri.
“Molte volte mi sono fatto travolgere dal talento che ho incontrato sul mio cammino. Posso vantarmi però di una cosa: di essere stato un buon compagno di viaggio per tutti. Ho vissuto un periodo storico in cui c’era tanta intelligenza e bravura in giro; magari oggi è più difficile trovarla.”

Manuel Agnelli e la “sofferenza” di vivere in questo mondo

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Sul tema generazionale, Agnelli ha concluso con parole forti: “Nel mio piccolo cerco di supportare i tantissimi giovani talenti che conosco. C’è una generazione, dai 14 ai 30 anni, che soffre nel vivere in questo mondo, e l’unico modo che ha per manifestare il proprio malessere è comunicare attraverso l’arte. Come facevamo noi a vent’anni. Però bisogna stargli vicino, ispirarli, seguirli. Sono ragazzi che si rifiutano di far parte di un sistema che ti stritola e ti prosciuga tutto il talento che hai. Io non ho mai visto tanta m**a come in questo periodo storico. E non uso mezzi termini, perché è così. Bisogna fare qualcosa, ribellarsi a questo modo di produrre musica.” Pagani raccoglie il testimone e aggiunge: “In questo momento, nel mondo, qualcuno sta scrivendo una bella canzone. Non è vero che ci siamo tutti rincitrulliti. Il talento c’è, ma c’è bisogno che qualcuno lo veda! L’intelligenza in giro ancora esiste, la musica è viva. Siamo migliori di quello che lassù in alto vogliono farci credere. Io intorno a me vedo tanta bellezza: bisogna soltanto riabituarsi a vederla e, soprattutto, a cercarla!”

Chiude la Mainardi: “Credo che in questo documentario emerga forte la voglia di sorprendersi ancora, di nutrirsi reciprocamente attraverso un senso di comunità fondato su legami sinceri e di stima. E mi permetto di dire che mai come ora ce n’è un bisogno estremo. La cultura deve guidare e ispirare i più giovani. La poliedricità del percorso di Mauro racconta bene questa ricchezza, e di come il valore della comunità abbia fondato questo Paese. Non dobbiamo dimenticarlo.” L’ultimo monito giunge, ovviamente, dalla voce di Pagani, che lancia un grido di coraggio alle nuove generazioni: “Ai giovani d’oggi dico soltanto una cosa: alzate la voce! Fatevi sentire. Urlate. Perché gli altri non lo faranno per voi. Siate scomodi. Se dovete essere dei camerieri comodi (con tutto il rispetto per i camerieri), mi dispiace dirlo, ma non otterrete granché!”