Luca Guadagnino: Chiamami col tuo nome è il mio primo passo verso il mondo Disney

Luca Guadagnino ha definito il suo film, Chiamami col tuo nome, il primo passo verso l'universo disneyano, senza tralasciare dettagli e opinioni su amore, famiglia e omosessualità. A parlarne con lui anche Armie Hammer e Timothée Chalamet

Acclamato dalla critica di tutto il mondo, in cima alle classifiche di qualsiasi rivista cinematografica, la storia d’amore che ha commosso il pubblico e conquistato ben quattro nomination agli Oscar (Miglior film, Miglior attore protagonista, Miglior sceneggiatura non originale e Miglior canzone) è pronta ad arrivare nelle nostre sale il 25 gennaio. Chiamami col tuo nome (qui la recensione) è la pellicola del regista italiano Luca Guadagnino che fa riscoprire la frenesia dell’incontro e l’eccitazione della scoperta, dirigendo gli attori Armie Hammer e Timothée Chalamet, i quali si rivelano in grado di offrire due eccellenti interpretazioni. Sono loro i tre protagonisti che hanno incantato il mondo del cinema, pronti a raccontarci della loro esperienza sul set, del rapporto familiare all’interno dell’opera e di quel sentimento splendido che è l’amore.

Luca, quale pensi sia il segreto di Chiamami col tuo nome, ciò che lo ha portato fino alla corsa agli Oscar e nel cuore degli spettatori?

“Credo sia il fatto che non tratta soltanto di un amore gay, senza togliere nulla a questo tipo di racconto. Chiamami col tuo nome parla di una persona che diventa poi totalmente altra. Mi piace pensare che sia un film sul desiderio e anche sulla famiglia. Mi piace considerarlo il mio primo passo verso l’universo disneyano ed è una cosa che mi attira molto, un racconto emotivo dove si riunisce una famiglia, un luogo dove ci si sostiene a vicenda. Cos’è, ad esempio, Toy Story se non un gruppo di misfits che crea un tessuto connettivo che li rende una famiglia.”

Armie e Timothée, anche voi avete sentito i vostri ruoli come personaggi di un mondo disneyano?

Timothée: “Ma è ovvio che io faccio solo film disneyani! No, ovviamente è solo una battuta. In verità è che sopra ogni altra cosa mi attirava l’idea di lavorare con Luca. Già è raro per un giovane come me interpretare un simile ruolo, ancor di più se si tratta di girare con registi che hanno già alle spalle un simile corpus di opere. Capisco però la riflessione che ha fatto Luca, che è quella poi di ispirazione per il film. L’importante è stato rendere veritieri i personaggi, non sentirsi vulnerabili nei loro confronti, ma restituirli in maniera credibile. Il libro poi è stato un grande successo, per me lo scopo era rendergli giustizia e così anche al mio personaggio.”

Armie: “Capisco il riferimento che Luca fa riguardo la famiglia, ma… No, il mio personaggio non lo sentivo proprio disneyano!

Il film ha una chiave erotica particolarmente forte, che non si rifà solamente all’aspetto omosessuale, e ben bilanciata con sentimenti quali il dolore. Come sono state vissute dagli attori queste sensazioni?

Timothée: “Assolutamente d’accordo. È un film molto accurato sotto questo punto di vista. Ne stavo parlando proprio qualche giorno fa con un regista e gli dicevo di come il monologo finale tra Elio e il padre, interpretato da Michael Stuhlbarg, parla del modo con cui bisogna approcciarsi agli istinti della sessualità. E la persona con cui stavo discutendo di questo ha poi sottolineato quanto la componente di quel dialogo sia anche il dolore e la maniera con cui affrontarlo. Ed è tutto poi rinchiuso in quella scena conclusiva, quella che tra l’altro ho più amato. Ho poi ritrovato anche la copia del libro che lessi ormai cinque anni fa e ho notato che avevo sottolineato proprio quello stralcio di conversazione. Va bene avere il cuore a pezzi, provare dolore, sarebbe stupido sopprimere tutto questo.”

Quella di cui fa parte il personaggio di Elio è una famiglia molto atipica, un nucleo aperto anche alla sessualità del figlio. Come è stato trattarla nel film, il quale è ambientato agli inizi degli anni Ottanta?

Luca: “L’utopia è la pratica del possibile. Quindi posso affermare che famiglie di quel genere c’erano anche nel 1983. L’83 è storicamente un anno che ha segnato il tramonto di un’epoca, il cui risultato è visibile ancora oggi. Essere così aperti a livello intellettuale ed emotivo era una fortuna dovuta alle lotte del ’68, per questo non deve risultare strana la posizione della famiglia di Elio rispetto alla sua omosessualità, ed è stato proprio questo per cui ho deciso di fare il film.”

Luca Guadagnino: “Chiamami col tuo nome non tratta di un amore omosessuale, ma universale.”

Quanto ha influito il movimento degli attori sulla regia di Chiamami col tuo nome?

“Ho imparato nel tempo che la cosa più importante quando si fa un film è il movimento all’interno del quadro, come prende vita una scena a partire dagli elementi che la compongono. Ho anche imparato che con i miei attori mi piace dimenticare la sceneggiatura per poter poi così tessere insieme la scena. Questa è la prima fase, la seconda, altrettanto importante, è quella del montaggio, momento in cui assieme al mio collaboratore Walter Fasano facciamo in modo che la tela impressa sul set venga esaltata al massimo. Cerchiamo di trovare l’armonia nelle dissonanze, di per se una cosa complicata, ma che ho il privilegio di poter fare con ogni film. Oltre al poter girare con attori con cui voglio lavorare. È sempre stato così, tranne che per Melissa P.”

E com’è lasciarsi dirigere da Luca Guadagnino?

Armie: “Luca è dotato di una grande capacità nel creare equilibrio. È difficile a volte lavorare con registi che ti dicono di spostarti un po’ a destra, un po’ a sinistra, che ti fanno cambiare continuamente posizione. Lui invece ti dà un’incredibile libertà. Poi anche solo girare con una cinepresa e un tale lavoro sulla fotografia ci permette di muoverci nel modo in cui riteniamo più adatto al racconto. Se ciò funziona e i movimenti risultano credibili si va avanti, altrimenti Luca interviene, ma sempre con il suo fare leggero. Per ritrovare l’equilibrio ti viene vicino e ti fa domande come “Dove sei con la testa in questo momento?”. È una qualità rara, con il suo modo di fare un attore capisce subito qual è l’intento.”

Timothée, il tuo Elio scopre per la prima volta l’amore grazie al personaggio di Armie Hammer. Pensi che in qualche modo questo ruolo possa averti arricchito sotto il punto di vista del sentimento?

“La cosa che mi fa leggermente ridere quando penso al mio personaggio e al fatto che molte persone si sentono toccate da Chiamami col tuo nome è che è difficile vivere una storia tanto appassionante quanto quella di questi due personaggi e di tutte le loro varie tappe. Per me l’importante è stato rappresentare il momento che riguarda l’amore, un sentimento talmente intenso che va oltre la sessualità e non importa dunque se si tratta di gay, lesbiche o pesche! Perché l’amore vero si esprime al di là delle definizioni, al di là dei confini. È qualcosa di organico. E qui ritorna il discorso che Elio ha con il padre, il non permettere di chiudersi all’amore.”

Cosa pensate di queste quattro nomination ai prossimi Oscar, che includono Chiamami col tuo nome nelle liste di Miglior film, Miglior attore protagonista, Miglior sceneggiatura non originale e Miglior canzone?

Luca: “Siamo felici e condividiamo questi riconoscimenti con tutta la troupe e i tecnici. È stato un percorso minimale che ha poi segnato un grande risultato e questo dimostra che la passione e l’impegno vanno mano nella mano. Proprio qualche minuto fa una mia cara amica mi ha mandato un messaggio e mi ha ricordato di quando, sul percorso verso casa dall’università, ho detto “Non credo che sarò mai Papa, ma un Oscar sento che potrei vincerlo.”. Anche se non credo che sarà questo il caso.”

Timothée: “Sono totalmente scioccato! Sono andato a dormire e al mio risveglio mi aspettavo di scoprire che era stato tutto un sogno. Sono pieno di gratitudine perché da giovane artista tutto questo ti incoraggia e ti rassicura molto sulla tua carriera, ti fa capire che forse è la strada giusta. Dopo cinque anni di studio all’accademia di arte drammatica so cosa significa essere una di quelle persone che ogni dieci giorni vanno a fare i provini e si tormentano perché non hanno fatto centro. Credo che la mia responsabilità al momento sia quella di godermi tutto questo. Il lavoro dell’attore è fatto di alti e bassi, e prima che tutto passi è giusto goderselo.”