La Settima Onda: “Raccontare una storia quotidiana” secondo Bonetti

Massimo Bonetti passa per la prima volta dietro la macchina da presa e dirige La settima onda, un film dalle atmosfere pirandelliane, che racconta una storia semplice e quotidiana.

L’attore Massimo Bonetti ha deciso di tentare la fortuna: passare dietro la macchina da presa e raccontare una storia. Questo l’intento alla base della sua opera prima, La settima onda: portare sullo schermo una storia quotidiana, radicata nella realtà e che proprio da un episodio reale prende spunto.

Protagonista del film infatti è Tanino (interpretato da Francesco Montanari), un giovane pescatore pronto a tutto pur di realizzare il suo sogno: risolvere i problemi finanziari che lo affliggono e aprire una pescheria tutta sua. Sarà però l’incontro con un estraneo a cambiare la sua vita e dargli la forza di andare avanti. L’estraneo è interpretato da Alessandro Haber che, proprio insieme al regista Massimo Bonetti, ha raccontato come è stato portare sul grande schermo questa opera prima.

La settima onda: l’idea del film

La settima onda Cinematographe.it

La settima onda racconta una storia semplice, con personaggi normali, che si potrebbero incontrare tutti i giorni e nel quale è facile immedesimarsi. Un racconto fortemente reale che ha preso vita proprio da un episodio accaduto realmente al regista. Come racconta lo stesso Bonetti, l’idea del suo film è nata da un incontro che lui ha avuto con un giovane pescatore, un uomo con una passione e una conoscenza del cinema formidabili:

L’idea del film è nata attraverso un incontro che ho avuto io con un pescatore di Gaeta, che gestisce una trattoria e che sapeva di cinema più di me. Una cosa particolare e strana. Mi ricordo che sono entrato nella sua trattoria e ha cominciato a parlare di cinema, spaziando con una certa sicurezza e una profonda conoscenza. A un tratto mi ha detto che un film che lo aveva particolarmente emozionato era La camera verde di Truffaut, un film che forse hanno visto cento persone. E questa cosa mi ha colpito. Allora ho chiesto come facesse ad avere questa conoscenza così profonda e importante. E lui mi ha risposto: “Io volevo fare l’attore ma ho sempre vissuto qua.”

Le stesse parole pronunciate dal pescatore, Bonetti le ha inserite in sceneggiatura, sottolineando ancora una volta come il suo sia un film che nasce letteralmente dalla realtà. Una realtà che quindi è quasi protagonista insieme agli attori, visto che ne La settima onda troviamo tutto quello che caratterizza la vita di tutti giorni, come ha affermato il regista:

Ho voluto mettere dentro la precarietà del lavoro, l’amore per il cinema, gli amori, le morti e le nascite, quello che è un po’ la vita.

Una realtà poi che Bonetti avrebbe voluto ambientare in un’altra epoca, progetto che per i costi esagerati non è riuscito a realizzare. Nel suo film però non c’è nulla che ricolleghi i personaggi ad un periodo o un luogo preciso: La settima onda non dà allo spettatore coordinate spazio temporali precise, lasciandolo concentrare esclusivamente sulle vicende dei protagonisti. Una scelta fortemente voluta dal regista:

Avrei voluto girare questo film negli anni Cinquanta ma non è stato possibile perché poi il costo lievitava enormemente. Però ho volontariamente evitato quella che è la tecnologia avanzata come cellulari o computer e audacemente ho inserito una lettera, scritta dal personaggio di Haber e poi imbucata nella cassetta delle lettere, che è diventata un pezzo da museo ormai. E l’ho voluto fare perché secondo me i sentimenti si raccontano con il tempo passato e non con il presente: un sms o un Whatsapp sarebbe stato una tragedia.

Nel film poi tutti i personaggi parlano un dialetto diverso, un ulteriore elemento che disorienta il pubblico e lo costringe a smettere di chiedersi dove si trovino i protagonisti:

Non volevo dare un’identità precisa perché nella realtà c’è una promiscuità di dialetti che per me è indispensabile per dare ancora più credibilità alla storia. Io sono ostinato nella ricerca di quello che è plausibile e credibile, sia nella recitazione sia nel racconto, specialmente nelle battute quindi lungi da me l’idea di far girare un film agli attori in corretto italiano. Non ho voluto mettere nel film grossi significati: io cercato di raccontare una storia, tutto qua.

Alessandro Haber e il bello di fare l’attore

La settima onda Cineamtographe.it

Accanto a Francesco Montanari, in La settima onda Alessando Haber interpreta Saverio, un vecchio regista che incontra casualmente Tanino e che rappresenterà per la vita del giovane pescatore un vero salvatore. Un personaggio sensibile, buono ma con un passato oscuro, molto diverso da quello interpretato ultimamente sul grande schermo dall’attore in Youtopia, il film di Berardo Carboni. Ma proprio il dover interpretare personaggi diversi, spesso lontani tra loro è la sfida che il mestiere dell’attore impone e che Haber non ha paura di cogliere:

Quello che più ci piace a noi che facciamo questo mestiere è fare ruoli anche lontani da noi, completamente ribaltanti, ruoli che non ci appartengono, per entrare in vite, personalità e menti completamente diversi . In Youtupia faccio un personaggio ostico, antipatico, inquietante e invece qui un personaggio con una certa dolcezza. Ciò che hanno in comune è che entrambi si portano un inconscio senso di morte addosso, perché anche Ernesto nella sua perversione ha una sua fragilità. Sono due personaggi agli antipodi ma ben vengano personaggi così estremi.

L’attore ha poi continuato affermando:

Io credo che noi attori cerchiamo di essere come dei camaleonti, cerchiamo di fare tante cose anche fuori dalle regole e questo è il fascino del nostro mestiere: di essere tante cose lontane da noi. Io vivo per questo, perché mi piace giocare su vari fronti. Le cose facili non mi sono mai piaciute, ho sempre cercato di fare le cose che abbiano un senso ma anche ribaltare certe filosofie: non cerco mai di fare la prima cosa che mi viene istintivamente, cerco sempre di andare oltre, di trovare delle strade diverse.

La settima onda ha quindi rappresentato una doppia sfida: quella del regista Massimo Bonetti, alla sua prima regia, ma anche quella di Alessandro Haber che, ancora una volta, ha dimostrato la sua bravura, versatilità e capacità di calarsi in un ruolo sempre diverso.