Janus Metz Pedersen su Borg McEnroe: “Non solo tennis, è l’introspezione del dramma umano”

Il regista Janus Metz Pedersen parla alla Festa del Cinema di Roma del suo Borg McEnroe, la storia tra i due più grandi tennisti della storia

Borg McEnroe è sicuramente uno dei titoli di punta di questa dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Interpretato dall’attore svedese Sverrir Gudnason e dall’americano Shia LaBeouf, il film non è solo il ricreare il più grande evento dello sport mondiale, ma l’analizzare l’interiorità dei due tennisti che hanno fatto la storia di questa disciplina. A spiegare il lato introspettivo della pellicola e le sue motivazioni è arrivato a Roma il regista Janus Metz Pedersen, il quale ha ricercato il lato umano dei titani del tennis.

Il tuo film Borg McEnroe si pone più come un’indagine sulla natura umana dei due tennisti piuttosto che sulla partita in sé che li ha visti rivali. Come mai questa volontà di raccontare gli uomini dietro le maschere?

“Per me Borg McEnroe non poteva essere un film solo sul tennis, questo perché all’interno delle loro storie c’è molto di più. Quando mi hanno presentato il copione per me non era importante il tennis in sé, non mi interessava quel tipo di celebrazione, piuttosto sono rimasto colpito da quanto gli esseri umani sono disposti a spingersi per mettersi alla prova. Non si tratta di fama, ma di amore e sogno, sono queste le cose che ci definiscono. Per questo con Borg McEnroe ho cercato di esaminare a fondo le tematiche esistenziali di questi due uomini che sembrano tanto diversi, ma in realtà avevano entrambi lo stesso dolore interiore. Loro non volevano vincere, loro dovevano vincere, era un bisogno primario. Ho cercato anche di esprimere una sorta di mascolinità del passato, le differenze che intercorrevano tra le nazionalità dei due tennisti, quella svedese in cui bisogna fare gruppo mentre in quella in americana si deve primeggiare singolarmente. Mettendo tutti questi elementi all’interno del film ho potuto realizzare Borg McEnroe e analizzare le identità dei due campioni.”

Quale è stato il tipo di lavoro visivo sulla ricostruzione della famosa partita tra Borg e McEnroe del 1980?

“Sverrir e Shia si sono allenati molto con dei veri professionisti per essere i più credibili possibili, per loro non era importante giocare bene, ma capire come interpretare i giusti movimenti, i giusti gesti, come a creare una danza. Dovendo quindi riportare soltanto delle movenze, il resto delle ricostruzioni sono avvenute grazie ad un ottimo montaggio e all’aiuto di stuntman adeguati. È stato bello ricreare del tennis autentico, ristabilire un momento storico per poi controllarlo e capire come si sono svolti i veri movimenti. Molto però ci ha aiutato la computer grafica, soprattutto per quanto riguarda il posizionamento delle palline e il rapporto dell’ambiente con il suono. È incredibile come nel giro di dieci, quindici anni la tecnologia sia avanzata così tanto da permettere una tale realizzazione cinematografica.”

Janus Metz Pedersen: “Borg ha avuto molto coraggio ha lasciare che si mostrasse il suo carattere, anche quelle parti più oscure.”

Cosa ne pensi del fatto che il tennis non sia uno degli sport che più si adattano all’ambiente cinematografico e forse proprio per questo è stato trattato poche volte dal mondo del cinema?

“Mentre giravamo Borg McEnroe erano tutti molto preoccupati perché non c’era mai stato un film veramente soddisfacente sul mondo del tennis, ma ora grazie alla tecnologia, come dicevo, si è arrivati ad un punto in cui è possibile fare veramente tutto. Ad esempio sono rimasto sempre colpito da Tom Hanks in Forrest Gump e dalla fantastica partita di ping pong ricreata digitalmente al computer.  Per me però non si tratta soltanto di tennis, il film parla in gran parte del dramma umano e questo sport sottolinea ancora di più la solitudine degli uomini.”

Quale è stato il coinvolgimento dei veri Björn Borg e John McEnroe nella produzione del film e quale sono state le loro impressioni a riguardo?

“Abbiamo cercato da subito di coinvolgere entrambi nel progetto, quando un giorno è successa una cosa straordinaria. Stavamo cercando un bambino che interpretasse Borg da piccolo e una chiamata ci informa che Leo, il vero figlio dell’ex tennista, voleva provare ad interpretare il padre. Sono entrato subito in paranoia perché ho pensato che in questo modo Borg avrebbe cercato di gestire e modificare in qualche modo la produzione del film, ma quando abbiamo incontrato Leo non abbiamo potuto non prenderlo prima di tutto per la sua incredibile somiglianza e poi per quello sguardo negli occhi che lasciava intendere di saperne davvero molto riguardo il proprio padre e della sua vita. Facendo quindi Leo parte del film abbiamo avuto spesso Borg sul set e devo dire che tutte le mie paranoie si sono presto disciolte, non ha infatti mai cercato di controllare la situazione, né di avanzare censure, anzi ha avuto molto coraggio nel lasciare che si entrasse nel suo carattere, anche in quella parte più oscura. Anche l’ex moglie di Borg è stata una grande fonte di risorse sia per la sceneggiatura che per le riprese del film. Lui è  rimasto molto soddisfatto del risultato, diversamente da John McEnroe, da quello che abbiamo saputo. Comunque una componente del passato è proprio questa ricerca storica che si deve applicare per poter poi prendere i pezzi più appropriati e raccontare una storia. Questo in fondo è anche il cinema. L’obiettivo è di arrivare ad una verità universale.”

Secondo la tua opinione, lo scontro Roger Federer e Rafael Nadal ripercorre un po’ la sfida trascorsa tra Björn Borg e John McEnroe?

In molte persone mi hanno posto questa domanda, ma mi dispiace dire che non conosco molto bene la loro storia. Io ho esplorato la sfida di Borg e McEnroe e così ho girato il mio film. Non voglio passare per arrogante, ma quello che mi interessa davvero è soltanto entrare nell’interiorità delle persone, nelle loro storie. Credo comunque che lasciando intercorrere molta distanza capiremo quale sarà il valore del loro scontro e cosa avrà significato. È necessario però che il tempo passi per poter così esaminare le vicende con sufficiente verità.”