In un posto bellissimo: conferenza stampa

È in sala dal 27 agosto In un posto bellissimo, secondo film della regista Giorgia Cecere, che dopo Il primo incarico ha voluto nuovamente Isabella Ragonese come protagonista per il suo lavoro. Insieme alla regista e all’attrice, il co-protagonista Alessio Boni e il co-sceneggiatore Pierpaolo Pirone. Di seguito un estratto della conferenza stampa di Roma per la presentazione del film.

Giorgia, qual è stato il passaggio che ti ha portata da Il primo incarico a In un posto bellissimo?

Questo film è un ribaltamento. Sentivo il bisogno di dare una visione interiore, un’atmosfera dove potessimo inserire una storia che esprimesse intimità. Per me era necessario guardare da dentro, ormai siamo sempre più lontani dai sentimenti. Ed il film fa un percorso che va sempre più in profondità.

Pierpaolo Pirone, sei co-sceneggiatore insieme a Giorgia Cecere in un film dove si parla dell’interiorità di una donna. Come ti rapporti tu uomo con la componente femminile del film?

Io e Giorgia lavoriamo insieme da tanti anni quindi ormai viene abbastanza naturale capirsi. Conosco bene lei e lei conosce bene me. Ne In un posto bellissimo abbiamo raccontato un mondo che appartiene a tutte e due, non solo ad una donna. Un mondo composto da tante cose che sono collegate dal personaggio che interpreta Isabella.

A proposito di Isabella, come ti sei trovata in questo ruolo?

È stata un’esperienza molto diversa, il film è molto coraggioso, controcorrente, lontano da Il primo incarico anche se la regia e la sceneggiatura erano nelle mani delle medesime persone. Ho lavorato in condizioni diverse dal mio solito, è un film che approfondisce molte cose e Lucia è un tipo di personaggio particolare, molto differente da quelli che sino ad ora ho interpretato e differente da me, da come sono io. Mi turbava non riconoscermi nel film, neanche nei movimenti o nelle cose più banali, mi sentivo come “posseduta” da qualcuno che non era me. Se Nena de Il primo incarico era un’eroina, Lucia di In un posto bellissimo può essere definita un’anti-eroina. Lucia mi ha dato modo di svelare la debolezza e Giorgia mi ha aiutata tanto in questo, chiedendomi di sottrarre, essere più piana. Non ci sono scene madri, e non averle per un attore significa tenere la tensione per tutto il film. È stata un’esperienza davvero particolare, con un personaggio che si sente sempre fuori posto e in cui magari non piace riconoscersi inizialmente. Anche a me non stava particolarmente simpatica Lucia, ma ho poi apprezzato il suo modo di vedere il mondo, anche in quel modo un po’ infantile. Si affida agli altri, ma alla fine è lei ad avere meno paura tra tutti.

Alessio, anche il tuo è un ruolo complesso, che ci dici?

Quando ho letto la sceneggiatura de In un posto bellissimo sono rimasto colpito, perché quella vita “silenziosa” che veniva raccontata è sempre la più vera, la più importante. C’è un filo rosso sotterraneo nei rapporti a due ed anche in questo film. Ma ci si accorge che ci si ferma solo alla superficie, non si scava più sotto dove c’è veramente questo filo che è la vita. E così fanno Lucia ed Andrea, non scavano più in profondità, non si ascoltano più. Lucia ad un certo punto incontra questo ragazzo straniero, egiziano, di cui dovresti avere paura perché è il diverso, e questa cosa scardina la sua interiorità e da Lucia esce fuori una forza nuova. E sul finale si romperà questo filo sotterraneo che rappresentava la vita sommessa.

Isabella e Giorgia, dopo un film del genere, più incentrato sull’interiorità, cosa vorreste fare?

Giorgia: Per i film che faccio seguo il mio gusto personale. Mi intrigano di più le pellicole che si interrogano su ciò che è interiore. Ogni magnificenza, magniloquenza… A me piace l’esatto contrario, dopo pochi minuti poi mi distraggo e la mia testa va altrove. Quando il cinema riesce ad entrare nel posto segreto di tutti, che è l’anima, quello per me è un racconto di grande suspence, parlando da spettatrice. Spero ci siano altri spettatori come me. Andare sempre più dentro ai personaggi, avere solo alla fine l’intuizione che così è andata e doveva andare, questo è il mio gusto e questo film l’ho riempito del mio punto di vista.

Isabella: Ne Il primo incarico facevo di tutto, per un attore era molto divertente a dire la verità. Ma per In un posto bellissimo, il ruolo di Lucia è il parco giochi dell’attore perché hai la possibilità di lavorare veramente, se ti piace il tuo mestiere. E’ una sfida. Mi diverto a fare film così, dove mi metto in discussione, in difficoltà. Forse è l’unico modo in cui scelgo i lavori ed anche il più onesto perché scelgo ciò che mi piace. Ho avuto la fortuna di interpretare molte parti diverse, muovermi in registri differenti. Quindi se la domanda era se dopo In un posto bellissimo mi piacerebbe fare qualcosa di diverso: no, per me è stata un’esperienza dove ho potuto dare il massimo. In più mi piace tanto lavorare con Giorgia e come spettatrice ho i suoi stessi gusti, mi piace vedere la vita dentro.

Una domanda di stile alla regista. Un vecchio saggio del cinema diceva che quest’ultimo era la vita senza i tempi morti, lei invece se non ha messo i tempi morti ha comunque trattato le sfocature e i vuoti dell’esistenza. Perché in questo rigore estremo, non ha deciso quindi di eliminare completamente la musica di corredo?

Per me, in questo caso particolarmente, non avrei mai messo una generica musica da film che fa da commento. Quelle musiche che ho scelto non sono il corredo, sono un altro modo per guardare nell’anima di Lucia, sono della stessa tonalità emotiva di tutto il resto. Sono stata molto felice di averle potute inserire, se fossero state di altro tipo non le avrei messe.