Giovanni Veronesi: “Il problema dei giovani è che non vanno al cinema”

Giovanni Veronesi e la critica? Un rapporto bruttissimo. Ce ne parla il regista nella nostra intervista, tra scherzi e sfiducia nel futuro.

La sua ultima commedia, Moschettieri del re – La penultima missione, è uscita nelle sale lo scorso dicembre. C’era un cimitero nel film e su tutte le lapidi compariva il nome di Marco Giusti, critico cinematografico tra Dagospia e Stracult. Un messaggio che già dice qualcosa su Giovanni Veronesi e il suo rapporto con la critica. Ma è durante l’intervista al regista, avvenuta mentre era presente all’evento Fare critica a Lamezia Terme dal 19 al 23 febbraio, che il cineasta sviscera la sua inimicizia con un settore che non lo ha mai apostrofato con il più benevolo dei toni. Tra social network, giovani che non vanno al cinema e presagi funesti, ecco la nostra intervista al regista toscano.

Moschettieri del re: vedi qui l’intervista a Giovanni Veronesi e al cast del film [VIDEO]

Partiamo con la prima domanda, ovvia visto il contesto di cui sei ospite: com’é il tuo rapporto con la critica?

“Brutto. Anzi, bruttissimo. Per il genere che faccio, la critica mi ha sempre maltrattato e quindi ho promesso di dare ai vari critici delle testate. O che avrei spaccato loro le gambe. Passare proprio al male fisico, insomma. Ma loro andavano avanti, allora ho capito che era meglio direttamente assoldare qualcuno. Poi, andando ancora avanti, ho capito che non ne valeva la pena. Adesso, paradossalmente, non mi trattano neanche più male. Mi vedono come un vecchio signore della commedia italiana. Un po’ come l’America con Geronimo, mi hanno relegato lì, sul mio pezzetto di terra, continuando ad impartirmi ordini che tanto non seguirò.”

Una dichiarazione forte. Come, in fondo, quella che hai messo nel tuo Moschettieri del re – La penultima missione, quando hai inserito il nome di Marco Giusti su una lapide del cimitero.

“Mi stupisco che si sia notata soltanto una lapide, in verità il nome di Marco Giusti è su tutte e venti le lapidi. Non volevo che guardando di qua o di là non si notasse. Anche ne Il mio West ho inserito il nome di Maurizio Porro, tradotto in inglese, e David Bowie ci moriva vicino. Mi diverto. Anche Sergio Citti, quando girò Mortacci, nel cimitero aveva messo i nomi di critici sulle lapidi.”

Nonostante questo, però, la recensione di Marco Giusti sul film è stata positiva, no?

“Si, si. Positiva. Penso si sia impaurito. Già lo avevo fatto morire venti volte, magari ha pensato che la ventunesima poteva essere quella giusta.”

Giovanni Veronesi: “La critica del domani? I giovani critici non servono se non portano i coetanei al cinema.”

E come pensi sia cambiata la critica oggi? In un’era di social, carta stampata e online?

“La maggior parte di gente che gestisce dei blog è incompetente e non sa niente di cinema. Si inventa critico e, sai, aprire un blog non costa nulla. Ci sono, nonostante questo, anche persone con più senno. Ma per me sono poche le testate che hanno ancora senso, solo persone che conosco e che so che si intendono di cinema.”

Quello dei giovani è un tema su cui rivolgi sempre uno sguardo molto interessato. Cosa ti aspetti, dunque, dalla critica del domani?

“Niente. Il problema dei giovani è che non vanno al cinema. Quindi se ci saranno giovani critici non serviranno a niente, anche perché se ci fossero dovrebbero cercare di portare i loro coetanei nelle sale. Al cinema, ormai, ci vanno solo i bambini e i genitori che li accompagnano o i vecchi. Le nuove generazioni guardano i film sul tablet credendo di poter scavalcare la sala, di poter vedere un pezzo di film, interromperlo per andare in palestra e poi riprenderlo il giorno dopo. È come se si volesse fare una critica ai colori di un quadro che si è visto solo su di un libro. Sono giudizi sommari, distratti. Questi giovani non considerano più nulla e forse la causa siamo noi che non li abbiamo tenuti in considerazione prima. Ci sono più di 120mila persone all’anno che prendono residenza all’estero. Non che vanno in Erasmus o a fare una vacanza-studio. Tra dieci anni mancherà una generazione qui in Italia, ci sarà un buco sociale che non so a cosa porterà, non sono un sociologo. Può darsi che non succederà niente, ma questo vuoto va comunque colmato. Ed ecco, dunque, che compaiono gli extracomunitari, che tanto fanno paura a Matteo Salvini e, chissà, potrebbero essere loro a riempire quello spazio lasciato vuoto.” 

Dopo i tuoi Moschettieri, quali sono i progetti futuri?

“Ho tantissimo progetti, ma tra tutti ce n’è uno davvero fantastico. Davvero fantastico! Sono così felice, ma non posso ancora dire niente.”