At Eternity’s Gate, il regista e Willem Dafoe a Venezia 75: “un viaggio verso la trascendenza”

"era il momento di cercare una risposta a quelle domande che le opere di Van Gogh ci hanno fatto nascere dentro".

Conferenza stampa fiume quella di At Eternity’s Gate, con il regista Julian Schnabel ed il protagonista Willem Dafoe, che si sono prodigati in un “duetto” abbastanza inusuale. Ma del resto inusuale fa rima con Schnabel, che ha voluto fin da subito chiarire cosa lo ha spinto a cimentarsi con il racconto della drammatica vita di Vincent Van Gogh.

L’idea” ha confessato Schnabel “è venuta alla fine di una sua mostra, ci siamo detti che forse era il momento di cercare una risposta a quelle domande che i suoi quadri, le sue opere ci hanno fatto nascere dentro, alla riflessioni che sorgono inevitabili da un confronto con le opere di quest’uomo”.
Io poi” ha continuato il regista “sentivo molto da vicino questa spinta, questa pulsione, essendo stato pittore fin da giovane. Di base però abbiamo cercato di fare un film sui suoi sentimenti, sulla sua visione della pittura e di sé stesso“.

At Eternity’s Gate – “un viaggio verso la trascendenza”

At Eternity's Gate cinematographe.it

Ph. Marco Paiano

 

“Il percorso di At Eternity’s Gate non è stato un percorso razionale, quanto piuttosto un viaggio verso la trascendenza da parte di tutto un cast formato interamente dalle uniche persone che volevo per ogni singolo ruolo”.

Willem Dafoe d’altro canto ha voluto specificare quanto, secondo lui, Van Gogh fosse animato dalla stessa lucidità che gli viene attribuita nel film di Julian. “Il suo dramma” ha spiegato l’attore “è che razionalmente non poteva condividere i suoi momenti visionari ed irrazionali con gli altri.
Ma era un uomo di grande cultura, che amava parlare non solo di pittura ma di tante altre cose…cose bellissime.
Abbiamo voluto creare un uomo, non un pazzo, e del resto dalle sue lettere si evince un essere molto più articolato e adattabile di quanto si è stati portati a credere…”

Io ancora oggi sono certo” ha voluto aggiungere Schnabel “che Van Gogh sapeva di essere troppo in anticipo sui tempi, che il raccolto sarebbe arrivato per lui molto tempo dopo ciò che con i suoi pennarelli aveva seminato“.

At Eternity's Gate cinematographe.it

Sui dubbi insiti circa la veridicità storica di alcuni avvenimenti ricreati nel film, lo stesso sceneggiatore Jean-Claude Carrière ha voluto precisare quanto At Eternity’s Gate abbia sempre seguito una linea di plausibilità, più che certezza, dal momento che per esempio sulla morte di Van Gogh ancora oggi ci sono prove contraddittorie e ben poche certezze.
Tutto nel film è stato fatto pensando al risultato finale” ha voluto aggiungere Schnabel “alla pura bellezza del racconto, non alla perfetta verosimiglianza. Abbiamo voluto dare vita ad una nostra versione e visione di Van Gogh”.

At Eternity’s Gate – Un film sui sentimenti, sulla visione della pittura di Van Gogh e su sé stesso

Willem Dafoe, alla domanda sul rapporto tra Van Gogh e la fede, ha voluto precisare quanto per il grande pittore olandese fosse sicuramente centrale il tema della fede, quanto tutto questo abbia contato nella sua interpretazione.
“Era molto religioso, pensava che la bibbia fosse il miglior libro mai fatto” ha dichiarato Dafoe “Molte delle cose che dico sono sue, pensieri suoi, come il fatto che vedesse grossi punti in comune tra la sua sorte, la sua natura e quella di Gesù Cristo, anch’egli incompreso fino a quando era in vita, considerato un pazzo.
Ma sovente con i dialoghi abbiamo lasciato comunque correre la fantasia, per cercare di fargli dire ciò che secondo noi si nascondeva dietro il suo dramma, i suoi sogni, il suo modo di vedere il mondo attraverso l’arte”.

Non è un film sull’odio verso sé stessi, che in parte lui provava” ha concluso Schnabel “quanto piuttosto un film che si sviluppa su due domande basilari per Van Gogh: Sono un pittore? Sono io la pittura stessa?