Gigi Proietti: curiosità, persone e incroci di una vita in caos creativo

Una carrellata di curiosità su Gigi Proietti, uno dei più grandi mattatori del nostro teatro, polistrumentista, indimenticabile interprete, maschera comica, perfetto oratore, professionista del dialetto. Artista completo. Simbolo della romanità più bella.

C’aveva avuto qualche dubbio, ma neanche troppi alla fine, per fortuna. Quando sei figlio di gente che con il mondo dello spettacolo c’entra poco o niente, non puoi partire deciso, sparato, verso una direzione. Qualche domanda te la fai. Poi a Roma, che non è Leonessa e certamente non è Amelia, che “te fagocita”, “te se magna” anche se c’hai genitori che ti appoggiano sempre, con più o meno convinzione magari, per carità, ma sempre. Così Gigi Proietti, prima di diventare “il nuovo Ettore Petrolini”, si iscrive a Giurisprudenza, ma fa appena poco più di sei mesi, perché la sera è in giro con la chitarra e, soprattutto il contrabbasso, a cantare per locali e night club. Al teatro ancora neanche ci pensava. Ignaro, anche quando poi cominciò a calcare le scene. Quando lo paragonavo ad Albertazzi e lui annuiva, ma non aveva idea neanche di chi fosse. Fu adottato dopo, artisticamente parlando, dai volti della comicità romana, che facevano parte della Roma migliore, di cui era rimasto l’ultimo esponente.

Antefatto particolare il suo, dunque, di una vita passata a giocare all’acrobata, facendo innamorare sempre e comunque tutti su ogni tipo di palco. Da quello del Teatro Tenda di Roma fino a quello montato per lui davanti alla, anche sua, Curva Sud, passando per piccolo e grande schermo, sia davanti la camera che dietro, quando bastava sentire la sua voce per scaldarsi il cuore. Pattume, Colombino, la Morte, Cavaradossi, Mandrake, Meo Patacca, Rocky, Buffalo Bill, Il Genio della Lampada, Gandalf e, per ultimo, Mangiafuoco. Da Scola a Garrone, passando per Monicelli, Magri, Petri, Corbucci e Citti.

Gigi Proietti, genio senza tempo, Shakespeare e Rugantino, è mancato il giorno dei suoi 80 anni. Dopotutto lo diceva anche lui: la data è quella che è, il 2 novembre.

Gigi Proietti – L’inizio della carriera e la grande ammirazione per Vittorio Gassman

Gigi Proietti, cinematographe.it

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Allievo tra gli altri di Giulietta Masina, Gigi Proietti entra a far parte del Gruppo Sperimentale di Calenda, con il quale porterà sulle scene diverse opere fino agli anni ’70, attore anche per Andrea Camilleri e dopo per Moravia.

Il suo debutto ufficiale sul grande schermo avviene a 14 anni, ma è nel 1964 che vive la sua prima esperienza veramente formativa sul set di Se permettete parliamo di donne di Ettore Scola, dove incontra per la prima volta Vittorio Gassman, uno dei grandi amori dell’artista. Forse il più grande. Una figura che lo ha sempre accompagnato e che ha spesso ricordato. Insieme in Brancaleone alle crociate fino alla trasferta in terra americana per essere diretti da Robert Altman. Accomunati nel ruolo di fondatori e maestri di due famosi laboratori di recitazione, uno a Roma e l’altro a Firenze.

Il doppiaggio e l’esigenza di un palco tutto per sé

Quell’anno lì, quello dell’incontro, Proietti inizia anche il suo percorso nel doppiaggio, prestando la voce al primo di una lunga sfilza di personaggi. Il suo nome? Gatto Silvestro.

La notorietà in entrambi gli schermi arrivò invece qualche tempo dopo (in tv indossando per la prima volta i panni del carabiniere, come rifece poi con il Maresciallo Rocca, il suo ruolo più famoso sul piccolo schermo) e infatti solo nel 1968 Tinto Brass gli affida il suo primo ruolo da protagonista in L’urlo, in concorso tra l’altro anche a Cannes di quell’anno. Proprio in quel periodo, mentre è intento a ultimare una delle primissime, se non la prima in assoluto, registrazione di un suo componimento, la sigla finale de Il Circolo Pickwick, si ritrovò ad essere accompagnato alla chitarra da un giovanissimo Lucio Battisti. Un incontro che Proietti ricorderà anche in occasione del suo intervento durante una trasmissione televisiva in onore del cantante. “Non sono stati i mass media a far resuscitare il mito Battisti. Ma il suo mito a far risuscitare i mass media.” disse l’attore.

Gigi Proietti e Vittorio Gassman, cinematographe.it

Intanto l’esperienza con la sua compagnia teatrale stava volgendo al termine. Gigi cominciò infatti a sentire il bisogno di avere il palco tutto per sé per potersi esprimere al meglio e lasciare sfogo ad ogni sua idea. L’ultimo successo della sua esperienza “insieme ad altri” fu quella in Alleluja brava gente, accanto a Renato Racel, nel ruolo che doveva essere di Domenico Modugno. Forse lo spettacolo che ne consacrò il talento.

Gigi Proietti e Sagitta Alter, “La svedese che parla romanesco”

sagitta alter e gigi proietti, cinematographe.it

Gigi Proietti fu sempre molto riservato sulla sua vita privata, custodita gelosamente lontano dai palcoscenici, dalle telecamere o dai flash dei fotografi. Dopotutto l’amore della sua vita è nato ben prima che l’attore avesse una vita pubblica. All’epoca forse neanche si pensava potesse averla o averla di un certo tipo.

L’incontro con Sagitta Alter, “la svedese che parla romanesco”, come diceva lui, avvenne nel 1962. Gigi aveva solo 22 anni e lei faceva la guida turistica a Roma. I due non si sposarono mai, ma sono stati insieme fino alla fine, cioè, se fate i conti, quasi 60 anni. E pensare che sembrava una cotta estiva come tante tino a quando Sagitta decise di rimanere in Italia. La scelta di non legarsi in matrimonio poi non fu mai sofferta o gravosa, forse neanche mai posta con particolare serietà: “È una domanda che mi fanno proprio tutti. La verità è che io e Sagitta non ci pensiamo più. – disse una volta Proietti – Non ci tenevamo particolarmente al matrimonio quando eravamo giovani, ma non lo escludiamo. Chissà, magari un giorno ci guarderemo e ci verrà voglia di compiere anche questo passo, anche se il traguardo più bello, quello di costruire una famiglia unita, siamo già riusciti a realizzarlo.”. Non si può non scordare d’altronde il suo intervento nella campagna per il referendum sul divorzio, con il quale espresse una posizione chiara e ferma, ma in modo sempre elegante e giocoso.

Le figlie (d’arte) di Gigi Proietti

Ad ogni modo da lì in poi la vita di Proietti cominciò a tingersi sempre più di rosa, dato che la coppia ebbe due figlie: Susanna e Carlotta, una costumista e scenografa e l’altra cantautrice e attrice. La primogenita spesso raccontò aneddoti sul padre, parlando di quanto fosse felice di concedersi sempre ai suoi fan; di quanto fosse mite e poco incline ad alzare la voce; della sua pigrizia (dote romana immancabile) e della sua voglia di stare in mezzo alle persone. Dopo ogni spettacolo infatti l’attore amava invitare tutta la sua compagnia a cena a casa per poi impugnare la chitarra e cominciare ad intrattenere tutti: “Suonerebbe tutta la notte” aveva spiegato Susanna. Proietti fu un padre molto presente per le sue figlie, nonostante il suo lavoro, un punto di riferimento dolce e amorevole.

L’incontro con Roberto Lerici e l’ossessione delle camicie bianche e dei pantaloni neri

Gigi Proietti, cinematographe.it

Probabilmente il sodalizio più importante della vita lavorativa di Gigi Proietti arrivò con l’incontro con Roberto Lerici, editore (rifondò la Lerici con Aldo Rosselli ) drammaturgo e scrittore. Una conoscenza che pare avvenne attraverso addirittura Carmelo Bene, con il quale Lerici collaborava già da tempo e con cui Proietti divise il palco nel 1974, ad appena due anni, non a caso, dalla nascita della prima creatura del duo, lo straordinario A me gli occhi please (Teatro Tenda), riportato in scena innumerevoli volte. L’ultima nel 2000, in un tour culminato con la data allo Stadio Olimpico, davanti alla Curva Sud, quasi un anno esatto prima di quel meraviglioso Roma – Parma del 31 giugno. È l’inizio della stagione degli One Man Show (o “me tocca fa tutto da sol“), l’epoca delle camicie bianche e dei pantaloni neri, i due indumenti porta fortuna dell’attore, che non andava in scena senza tale composizione; degli spettacoli infiniti in cui era cantante, comico, poeta, mimo, ballerino e, a volte musicista. L’occasione per tornare ai tempi di quando girava per locali fino alle 5 di mattina con la gola gonfia.

Il primoRocky e Febbre da Cavallo

Gigi Proietti e Federico Fellini, cinematographe.it

Lerici mancò nel 1992, ma Proietti continuò a salire sui palchi con la formula vincente che trovarono insieme fino al 2015, con Cavalli di battaglia, un amarcord di tutti i suoi personaggi e sketch più belli. A proposito di amarcord, fu in quegli anni che attirò l’interesse di personalità di un certo spessore, come Federico Fellini per esempio, che pensò a lui per il suo Casanova, ruolo che andò poi a Donald Sutherland, che, paradossalmente, Proietti doppiò con grande successo.

Ah, il 1976 è l’anno dell’urlo “Adriana” del primo Rocky e di Febbre da Cavallo, il film che doveva essere drammatico e con protagonista Ugo Tognazzi e che invece divenne una commedia di successo (in realtà riscontrato un po’ dopo l’uscita) con protagonista Gigi Proietti. Il film per il quale Steno chiese aiuto al figlio primogenito Enrico Vanzina, introducendolo al mondo del cinema.

Eduardo e Trilussa

gigi proietti ed eduardo de filippo, cinematographe.it

Negli anni di Casotto di Sergio Citti, della direzione artistica del Brancaccio e della fondazione del suo laboratorio teatrale, da dove sono usciti attori come Giorgio Tirabassi ed Enrico Brignano, Gigi Proietti si ritrova a dividere le scene con Catherine Deneuve, Monica Vitti, Mia Farrow, Sophie Marceau e Phillipe Noiret e conosce Eduardo De Filippo.

Un aneddoto straordinario, quello dell’incontro con il maestro indiscusso del teatro italiano, raccontato con il suo solito modo da Proietti stesso alla Rai da Serena Dandini. L’attore era molto riservato sulla sua vita privata, come detto, ma spesso si è lasciato andare alla condivisione di queste curiosità sparse che ne hanno assolutamente arricchito l’immagine.

Gigi Proietti: l’amore per la poesia e il sonetto per i funerali di Alberto Sordi

Gigi Proietti, da maschera della romanità, fu un grande interprete nonché primo affezionato di tutta la tradizione romana, che è slegata dalla mera figura di comico e grande oratore professionista del dialetto. La figura del romano gagliardo e sornione per capirci. Quello de “aho, a me la battuta me piace” dell’Angelo di Compagni di Scuola.

E di battute e barzellette Proietti qualcosina ne sapeva. I celebri Er cavaliere nero e Non me rompe er ca’, ma anche i personaggi di Gastone, Toto e Pietro Ammicca qualcosa insegnano. Ma il romano è anche drammatico, è anche triste, è anche Barcarolo, che Proietti reinterpretò, così come tanti dei stornelli e tante delle canzoni della tradizione popolare a cui apparteneva, con la voce e lo stile che lo hanno sempre contraddistinto.

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Ma il suo amore, il suo idillio, era la poesia, con la quale giocava, componendo e, anche qui, reinterpretando. Poteva essere Lonfo, D’annunzio o il memorabile sonetto per i funerali di Alberto Sordi. Ecco Sordi fu una figura sacra per tutti gli artisti dell’epoca di Proietti, che nascevano e si formavano in quel luogo ideale che era la romanità. Prima di lui, in un altro modo, ci fu Trilussa, poeta dell’epoca del fascismo, un altro pezzo monumentale della cultura romana e uno dei poeti più importanti dell’intera tradizione nostrana. Estremamente attuale tra l’altro in diverse delle sue composizioni. Figuratevi se Proietti, durante la sua carriera, non ne recitò qualcuno.

La squadra del cuore di Gigi Proietti? Chiaramente la Roma… “Ma che dite, ce la facciamo a vederne un altro?”

Gigi Proietti, cinematographe.it

Gigi Proietti era uomo colto e del popolo, di quegli autori di quartiere, lontani da quel sentimento proprio di certi artisti che aspirano alla distanza tra sé e gli spettatori. Facilmente lo trovavi a fare la spesa dalle parti di via Giulia, la zona dove ha abitato per tanto tempo. Amava Roma, amava i romani, ne amava soprattutto i difetti e dunque amava la Roma, la cosa dopo tutto, va di pari passo. “La Roma negli ultimi dieci anni è quasi sempre stata una tragedia! Ma noi che amiamo il teatro riusciamo ad amare anche lei” disse una volta, durante uno dei suoi numerosi interventi in ambito calcistico. Affrontava il tema da uomo intelligente, così come affrontava tutti gli altri aspetti della sua vita.

E nonostante tutti i dolori non si perdeva mai una partita: magari spostava le prove, faceva le corse allo stadio e, quando le situazioni non permettevano spostamenti, si faceva installare un televisore sul set dove lavorava. Naturalmente anche il rapporto con Totti non poteva che essere di amore. La prima cosa che disse Proietti quanto il numero dieci appese gli scarpini al chiodo fu: “Non credo nascerà un altro Totti. Il figlio Christian gioca? Allora si sbrigasse…”. Purtroppo il quarto scudetto che tanto invocava non lo ha potuto vedere, ma quello con la fede romanista è un patto che si fa da subito: se voi soffrì, sei il benvenuto. Magari ora lo dirà a qualcuno altro: “Ma che dite, ce la facciamo a vederne un altro?”.

Nei suoi ultimi mesi aveva terminato l’archivio del suo Globe Theatre; diceva di avere tante idee, di essere entrato in un momento di riflessione e di avere la mente sempre in movimento. Vi lasciamo con il suo ultimo intervento in televisione. Era Propaganda Live, aprile scorso. Un ultimo inchino, maestro.

L’ultima apparizione TV di Gigi Proietti