The Grey: spiegazione del finale del film con Liam Neeson

Diretto, sceneggiato e prodotto dal regista Joe Carnahan, The Grey è un thriller di sopravvivenza che guida lo spettatore oltre i confini del mondo, in un paesaggio invernale e in una lotta di sopravvivenza all’ultimo respiro.

Sono passati dieci anni dal tragico attentato alle Torri Gemelle, che sconvolse gli Stati Uniti e il mondo intero, e l’effetto di risonanza di tale evento continua a propagarsi nel tempo investendo prepotentemente la memoria collettiva; The Grey fonda la sua trama su un disastro aereo che per qualche istante pare condurci sull’isola apparentemente selvaggia e incontaminata di Lost.

Il film The Grey, distribuito nelle sale nel 2011, è diretto dal regista Joe Carnahan che trae la storia dal racconto Ghost Walker scritto da Ian Mackenzie Jeffers, co-autore della sceneggiatura insieme al regista. Liam Neeson è John Ottway, un uomo dal volto di ghiaccio, scottato dalle situazioni della vita che definisce il proprio impiego come “un lavoro alla fine del mondo. Un assassino stipendiato da una grossa compagnia petrolifera. […] Ma so che questo è il mio posto, circondato dai miei simili: fuggiaschi, ex detenuti, vagabondi, teste di cazzo.

Durante il viaggio di ritorno da una trasferta da un impianto di estrazione in Alaska, Ottway e i colleghi rimangono vittime di un disastro aereo, causato da una violenta tormenta che abbatte completamente il velivolo e semina morte tra i passeggeri. Solo in otto sopravvivono al disastro e ben presto si renderanno conto delle minacce, presenti e costanti, che si celano dietro a quell’immenso e sconfinato paesaggio incontaminato dall’uomo: i lupi e il freddo. Infatti, uno dopo l’altro cadrà vittima di tali rischi, che non lasciano scampo a nessuno.

The Grey non è solo una traversata per la sopravvivenza, ma anche un percorso metaforico nell’interiore di Ottway, che lo spettatore è chiamato a vivere in prima persona; attraverso i suoi pensieri, la sua voce narrante, fuori campo, guida il racconto insieme ai brevi e furtivi flashback, ricchi di tenerezza e calore, che irradiano un’intensa luce e trasmettono tutto l’amore e la passione che l’uomo prova per la sua unica ragione di essere: la moglie.

Ottway, il “cacciatore bianco” rimane l’ultimo superstite; quest’aspetto rappresenta una forte contraddizione di base: lui che voleva suicidarsi nelle prime battute del film, si troverà a lottare con le unghie e con i denti per la sopravvivenza, fino alla fine.

The Grey: “C’è odore di sangue e di morte nell’aria.”the grey cinematographe

Il finale di The Grey risulta emblematico perché qui si condensano vari elementi che hanno accompagnato lo svolgere della vicenda; Ottway si fa portatore della memoria di tutti i suoi compagni deceduti portando con sé i portafogli da restituire alla famiglia, quale gesto di rispetto nei confronti del defunto.

Stremato dalla fatica e con il volto provato, John si lascia cadere sulle ginocchia mentre un intenso raggio di luce calda pervade l’intera inquadratura che si manifesta come elemento premonitore riguardante il suo destino; prostrato sulla neve in atteggiamento di devozione, inizia a estrarre dallo zaino i portafogli, dove vediamo essere custodite intimamente le foto di persone care, dando così un volto ai familiari dei suoi colleghi. Il loro ricordo li ha accompagnati fino alla morte e a loro era diretto il proprio pensiero prima di abbandonarsi all’esalazione dell’ultimo respiro: la figlia dai lunghi capelli rossi che solo il padre Talget (Dermont Mulroney) poteva tagliare, la ragazza che Flannery (Joe Anderson) aveva “inguaiato”, la figlia e la moglie di Hernandez, Emma la sorellina di Burke (Nonso Anozie), i figli di Hendrick (Dallas Roberts) fino ad arrivare alla foto della patente di Diaz che tra le mani giunte stringe, in segno di devota preghiera.

Questi tasselli di memoria custoditi in involucri di pelle e tessuto vengono disposti uno dopo l’altro al suolo, a comporre un altare devozionale per concludere con la disposizione del proprio portafoglio, nel quale inserisce la lettera stropicciata da cui non si è mai separato. È in questo momento in cui il “cacciatore bianco” si renderà conto di essere giunto nella tana del lupo.  Qui il ruolo di cacciatore e preda raggiunge la massima apoteosi e lo scontro tra i due capi branchi può dare inizio all’ultimo grido di battaglia:

Ancora una volta nella mischia…

Nell’ultima battaglia che affronterò…

Vivi e Muori in questo giorno.

Vivi e Muori in questo giorno.