Suite francese: la storia vera del film con Michelle Williams

La storia vera di Suite francese di Saul Dibb, con Michelle Williams, film ispirato all'omonimo romanzo di Irène Némirovsky, pubblicato nel 2014 postumo e incompiuto.

Suite francese (2014) è un film diretto da Saul Dibb e interpretato da Michelle Williams, Matthias Schoenaerts, Sam Riley e Kristin Scott Thomas. L’opera è una trasposizione dell’omonimo romanzo scritto da Irène Némirovsky tra il 1940 e il 1942 e pubblicato postumo e incompiuto nel 2014. A sua volta il romanzo rielabora vicende, atmosfere e contesti della Francia occupata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. La Némirovsky era un’ebrea di origini ucraine emigrata in una cittadina della Francia rurale e poi deportata, a seguito della denuncia di un suo concittadino ucraino, ad Auschwitz, dove morì nel 1942. Nel periodo dell’occupazione nazista era riuscita a scrivere le prime due delle cinque parti di un romanzo, quelle che poi, ritrovati dalla figlia Denise, sono state pubblicati e alle quali è ispirato il film.

Suite francese: la trama

Suite francese cinematographe.it

Lucille Angelier (Michelle Williams) vive in un paesino della Francia rurale, in compagnia della non particolarmente simpatica suocera (Kirstin Scott Thomas) e in attesa di avere notizie del marito caduto prigioniero dei tedeschi, in realtà mai davvero amato. L’arrivo delle truppe naziste non sconvolge solo la nazione, ma anche, nel suo piccolo, la vita della protagonista, e non solo per le ovvie ragioni di vivere sotto il giogo di una forza occupatrice. Lucille colpisce infatti l’affascinante tenente tedesco Bruno von Falk (Matthias Schoenaerts), che si innamora presto di lei. Dopo le resistenze vane, anche la protagonista cede ai sentimenti e tra i due nasce un’appassionata storia d’amore.

A mettere il bastone tra le ruote della relazione, il contesto storico e la guerra. Una serie di vicende accadute nel paesino, tra omicidi, vendette e rappresaglie, coinvolgono inevitabilmente entrambi i protagonisti. In particolare Lucille nasconde e protegge nella sua abitazione Benoit (Sam Riley), un mezzadro che fu costretto a dare il via alla spirale di violenza uccidendo l’ufficiale tedesco che insidiava sua moglie, oltre a salvare, con l’aiuto della suocera che ora appare meno burbera dell’inizio, la figlia di una cittadina ebrea arrestata.

Nel finale Lucille e Benoit fuggono e raggiungono Parigi dove si uniranno alla resistenza. I lasciapassare sono stati forniti da Bruno, sempre più lacerato dal contrasto tra la sua umanita e i suoi sentimenti e gli obblighi della divisa. Un ultimo dolce abbraccio tra Lucille e Bruno è la chiusa di un amore che la storia ha reso utopico e impossibile.

Suite francese: la storia vera del romanzo e del suo ritrovamento

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Suite francese racconta una storia capace di descrivere il contesto storico e con più di una base autobiografica. Non si sa quanti e quali dei fatti raccontati nel romanzo incompiuto siano veri e quanti siano una rielaborazione più o meno verosimilie dell’atmosfera e del contesto. La cosa che, nel libro come nel film, colpisce particolarmente è l’umanità con cui l’autrice dipinge il ritratto di Bruno, ufficiale colto in tutta la sua umanità e pure con sofferta dolcezza. È una particolarità che colpisce per il fatto che l’autrice fosse ebrea, e, con il senno di poi, anche per il tragico destino che l’avrebbe aspettata nel 1942 nel campo di concentramento di Auschwitz. È come se la Némirovsky avesse raccontato con umanità e senza odio colui che era il suo nemico e sarebbe stato il suo boia.

Particolare ed estremamente interessante è anche la storia vera e della realizzazione e del ritrovamento del romanzo. L’autrice scrisse tra il 1940 e il 1942 la vicenda su dei quaderni, che poi affidò alla sorella. La sorella, convinta che si trattasse di diari, li conservò chiusi in un armadio, fino all’anno della sua morte, il 1986. A questo punto i manoscritti passarono nelle mani della figlia di Irene, Denise, la quale decise di trascriverli per combattere il pessimo stato di conservazione. Fu a questo punto che si rese conto di trovarsi di fronte alla prima parte di un romanzo. Poi, la storia diventa nota: Denise consegnò l’opera ad un editore aprendo le porte della fama e del successo postumo della madre. I diritti per il film furono invece ottenuti, a quanto sostiene Saul Dibb, su insistenza dello stesso regista e poco prima che Denise morisse.

Meritano una citazione anche le dichiarazioni di Denise successive al successo dell’opera della madre; la donna sostenne che era una sensazione incredibile aver riportato in vita la madre e che la fama nata con la pubblicazione del romanzo significava che i nazisti non erano riusciti ad ucciderla.