Sommersby: la spiegazione del finale del film con Richard Gere

Sommersby, un film dal significato profondo e che ha diviso il pubblico. Un finale amaro per i protagonisti, che si amano al di sopra dei (pre)giudizi.

Sommersby è un film drammatico del 1993, diretto da Jon Amiel (CopyCat, The Core, Entrapment) con protagonisti Richard Gere, Jodie Foster e Bill Pullman.

Sommersby - Cinematographe.it

La storia di Sommersby è ambientata nel sud degli Stati Uniti, immediatamente dopo la guerra civile. Laurel Sommersby (Jodie Foster) lavora senza sosta nella fattoria di famiglia, senza il marito Jack al suo fianco, perché creduto morto proprio durante la guerra civile. C’è da dire, inoltre, che Jack Sommersby per molti era un uomo che non godeva di una grande stima, perciò quando “torna” a casa di punto in bianco, Laurel – che ormai si era abituata ad una vita senza di lui al proprio fianco – inizia a vivere emozioni contrastanti. Il Jack (Richard Gere) che è tornata dalla guerra, infatti, non sembra essere il vero Sommersby: questo “nuovo” marito che Laurel ha al proprio fianco è una persona affabile, gentile e con il senso degli affari. Questi cambiamenti sono sotto gli occhi di tutti e in molti iniziano a prensare che quel Jack, non sia il vero Sommersby, ma un impostore. La stessa Laurel non è sicura della persona che ha al suo fianco, ma – allo stesso tempo – è disposta a far entrare quell’uomo nella sua casa, e forse più tardi anche nel suo cuore…

Sommersby: il significato del film

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Sommersby è una pellicola dalle mille sfaccettature, non sempre esplicita – o meglio – dai sentimenti non sempre espliciti. La protagonista assoluta è Laurel Sommersby, una semplice contadina del Tennessee che accoglie a casa un marito scomparso che potrebbe essere o non essere suo: Jodie Foster interpreta un personaggio così forte, appassionato e misterioso che sembra essere un’attrice completamente diversa da quella che eravamo abituati a vedere sul grande schermo (Il Silenzio degli Innocenti).

Sommersby inquadra perfettamente la natura ciclica dell’universo, dove la materia non può essere né creata né distrutta, ma solo cambiata nello stato. Per chi non lo sapesse la pellicola di Amiel è l’adattamento made in USA de Il ritorno di Martin Guerre, film francese del 1982 di Daniel Vigne con protagonista Gerard Depardieu. Richard Gere, interpreta Jack Sommersby, l’equivalente confederato di Martin Guerre, il vagabondo contadino francese del XVI secolo che è stato due volte processato per essersi fatto passare per qualcuno che – in realtà – non era. È la moglie di Sommersby la vera chiave della sua reintegrazione nella società. Questo nuovo Jack è educato, laborioso, premuroso e amorevole e nel momento in cui lui abbraccia Laurel, rende sicuro il suo universo.

Non è semplicemente l’avidità che porta i vecchi amici, i vicini e i familiari di Sommersby a denunciarlo come un impostore, ma in fondo a tutta la questione c’è una radicato bigottismo razziale. L’unico che è certo della falsa identità del nuovo Sommersby è Jethro, il cane. Verso la fine, il film diventa un processo all’uomo: le rivelazioni sul passato di Sommersby, combinate con la contraddittoria testimonianza di Laurel, confondono il pubblico nel profondo. Ma le domande che ruotano intorno a tutto il film sono: come sia possibile dormire con un uomo che dice di essere tuo marito e non sapere che sta mentendo? Cosa porta una donna ad accettare uno sconosciuto in casa propria? È stata ingannata? Oppure è complice?

In tutto questo calderone di bugie e mezze verità bisogna considerare anche la gelosia, quella di Bill Pullman, che sperava di sposare Laurel prima del ritorno di suo marito. Un finale amaro però, per tutti quelli che credevano che ci sarebbe stato un lieto fine. Purtroppo l’happy end non c’è, lei alla fine ammette di aver avuto sempre dei dubbi sull’uomo tornato dalla guerra e lui, seppur messo alle strette, afferma di essere il vero Jack. La verità la conoscono solamente i due protagonisti, che si “parlano” attraverso un gioco di sguardi, mentre lui che si trova sul patibolo dice al boia di non essere ancora “prono a morire” finché non sente l’urlo disperato di Laurel che lo rassicura e gli urla ” Sono qui”, confessandogli in quell’esatto momento, tutto l’amore e la gratitudine per averle fatto scoprire cosa significhi essere veramente amata.