Prendimi!: l’assurda storia vera che ha ispirato il film con Jeremy Renner

Nonostante le varie assurdità presentate nel corso del film, la commedia demenziale Prendimi!, con Jeremy Renner, è più realistica di quanto si possa pensare. Scoprite qui di seguito la storia vera che ha ispirato una delle commedie più bizzarre degli ultimi anni.

Un gioco per bambini si trasforma in uno stravagante e originale espediente per mantenere costantemente viva un’amicizia che dura da decenni. Queste sono le premesse del film demenziale (ma non troppo) intitolato Prendimi!, in originale chiamato Tag, proprio dal nome del gioco a cui partecipano i protagonisti della pellicola, qui in Italia conosciuto come acchiapparella o “ce l’hai”. Leggendo la trama si potrebbe pensare all’ennesima trovata hollywoodiana per strappare due risate a un pubblico ormai assuefatto dalla comicità insensata degli ultimi tempi che sta generando una serie smisurata di commedie esagerate che non fanno più ridere a nessuno.

Nonostante scene ai limiti della sconsideratezza e battute un po’ troppo grossolane,  Prendimi! racconta, sotto i vari strati di idiozia, una semplice storia di amicizia e di come, molto spesso, le relazioni finiscono semplicemente a causa dell’approcciarsi all’età adulta, degli obblighi richiesti dalla maturità o, nella maggior parte dei casi, della distanza che si stabilisce per fini lavorativi o familiari. Mantenere salda un’amicizia nel corso di svariati anni sembra, a volte, una missione impossibile, e ancor di più lo era nell’epoca pre-digitale, in cui non esistevano i social network o i programmi di messaggistica che, quantomeno, offrono oggigiorno una soluzione per rimanere in contatto con tutti coloro che conosciamo. In passato era quindi necessario escogitare altri metodi per rinsaldare le relazioni e tenerle vive, conferendogli uno scopo, un fine ultimo per incontrarsi e recuperare il tempo trascorso lontani.

Prendimi!: la bizzarra storia di un gruppo di amici

Ed è proprio per stare insieme che, nel film, un gruppo di cinque amici, Hoagie, Randy, Bob, Kevin e Jerry, decide di sfidarsi a tag una volta all’anno, nel mese di Maggio, mettendo da parte il lavoro, la famiglia e perfino la propria incolumità pur di terminare vittoriosi una partita che, ormai, dura da più di trent’anni. Il gioco non è più solamente uno strumento di svago ma un vero e proprio collante per tenere unito il gruppo e sentirsi ancora vicini, così com’erano durante la loro adolescenza.

Un sistema consolidato anche per rivivere i tempi che non ci sono più e per mantenersi sempre giovani, attraverso un gioco che, per quanto infantile, può perfino far emergere le incredibili capacità di immaginazione utili a inventare nuovi stratagemmi per non essere presi. Oltre a questo importante tema di fondo, il passatempo continua a perdurare anche perché uno dei membri, Jerry, è l’unico del gruppo a non essere mai stato “preso” e, proprio quest’anno, in vista del suo matrimonio, ha deciso di ritirarsi dal gioco così da rimanere per sempre imbattuto.

“Non smetti di giocare perché invecchi, invecchi perché smetti di giocare”. – Hogan ‘Hoagie’ Malloy 

La partita si trasformerà quindi in una caccia in stile quattro contro uno, in cui tutti si coalizzano per rovinare il record di Jerry e fargli assaporare finalmente la sconfitta. Da queste basi seguiranno una serie di peripezie che includeranno una malcapitata giornalista, designata a raccontare la storia più assurda mai sentita, e le rispettive mogli dei vari membri del gruppo in una lotta spietata e senza esclusioni di colpi.

Tra sequenze di combattimento psichedeliche che sembrano fuoriuscite direttamente da un film di Guy Ritchie e sbeffeggi ai classici meccanismi utilizzati nelle pellicole dell’orrore, Prendimi! si rivela come una delle pellicole più divertenti e originali degli ultimi anni, capace anche di inserire sul finale un risvolto drammatico in una maniera perfettamente armoniosa ed equilibrata. Per quanto strampalata e ai limiti dell’inverosimile, il film è tratto da una storia vera ancora più assurda, come è scritto anche sul poster, che vi farà venir voglia di ricominciare a giocare, qualsiasi sia la vostra età.

Prendimi!, Cinematographe.it

Una storia assurda per un film divertente e originale

Nel gennaio 2013, il giornalista Russell James pubblicò in prima pagina sul famoso Wall Street Journal un articolo intitolato It Takes Planning, Caution to Avoid Being It, riportando per la prima volta una storia inverosimile quanto reale, secondo cui dieci amici partecipavano al famoso gioco per bambini da ben 23 anni e non avevano alcuna intenzione di smettere.

Del gruppo fanno tutt’ora parte Bill Akers, Patrick Schultheis, Sean Raftis, Mike Konesky, Brian Dennehy, Joe Tombari, Rick Bruya, Joey Caferro, Chris Ammann and Mark Mengert. Nel film, i partecipanti sono stati ridotti a cinque, per facilitare la narrazione, e gli anni di gioco sono stati arrotondati direttamente a trenta, ma la storia di base è rimasta praticamente la stessa, tant’è che l’articolo comincia raccontando un episodio accaduto a uno dei membri del gruppo mentre si trovava in ufficio, scena poi ripresa all’inizio della pellicola. Brian Dennehy era stato appena assunto in una nuova società quando, un giorno, chiese a un collega se fosse difficile entrare all’interno dell’edificio. L’uomo non era tanto preoccupato per la sicurezza dei dipendenti quanto che uno dei suoi amici fosse in grado di superare le guardie e potesse prenderlo nel mese del loro gioco, passandogli quindi il “ce l’hai”. Probabilmente anche il suo collega sarà rimasto interdetto, come noi, alla scoperta della reale motivazione dietro quella strana domanda.

La storia di Prendimi! inizia così come ci viene raccontata nella pellicola che, a quanto pare, prende molto più dalla realtà di ciò che si potrebbe pensare. Il gioco cominciò nel 1982, quando i dieci amici frequentavano la scuola superiore di Spokane, nello stato di Washington. Tutti i membri erano considerati dal resto della scuola come dei perdenti e venivano rifiutati dai compagni, cosicché un giorno nacque l’idea di creare un loro gruppo, con cui giocavano a tag. A quei tempi si trattava semplicemente di una pacca sulla spalla o nel braccio, mentre attraversavano i corridoi per cambiare classe o durante la ricreazione. La prima fase del gioco si concluse con la fine del liceo. Joe Tombari, che divenne in seguito un insegnante di matematica proprio nella loro scuola, fu l’ultimo ad essere preso, rendendo chiaro come si sarebbe dovuto tenere  il “ce l’hai” per il resto della vita.

Otto anni dopo, però, gli amici si ritrovarono per passare un weekend insieme e, mentre stavano ricordando i bei vecchi tempi, Tombari propose di ricominciare a giocare, venendo accolto dagli altri con grande entusiasmo. Un membro, Patrick Schultheis, che all’epoca stava studiando giurisprudenza per diventare avvocato, compilò un vero e proprio contratto che tutti quanti erano tutti ad accettare e firmare, in cui si elencavano le diverse regole da seguire. Tra queste risultava che nessuno poteva restituire il “ce l’hai” a chi glielo aveva appena passato e che il gioco sarebbe stato attivo solamente durante un mese all’anno, a Febbraio. Nel film, la storia viene invece ambientata nel mese di Maggio. In ogni caso, chiunque veniva preso per ultimo alla fine del mese, era costretto a tenersi il “ce l’hai” fino all’anno successivo, quando la partita ricominciava.

Prendimi!, Cinematographe.it

“È come essere un cervo quando è stagione di caccia” – Joe Tombari

Da questa decisione di riprendere da dove avevano lasciato anni prima, nessuno si sarebbe mai aspettato il gioco spietato e senza riserve che ne sarebbe seguito. Durante la pellicola si ride e si scherza per gli incredibili stratagemmi che vengono messi a punto dai vari partecipanti, senza rendersi conto che molte di quelle assurdità sono successe veramente nella vita reale. Esattamente come nel film, mogli e colleghi sono stati coinvolti nella partita, venendo letteralmente arruolati come spie e aiutanti.

Una volta, Mike Konesky aspettò le due di notte prima di introdursi nella camera da letto di Dennehy, il quale fu prontamente svegliato dalla urla della moglie che lo incitava a scappare per non essere preso. In un’altra occasione, un vicino di casa di Tombari suonò alla sua porta dicendo di volergli mostrare la sua nuova auto. Dopo aver aperto il bagagliaio, ne uscì fuori Sean Raftis, che ora fa il prete e che per l’occorrenza aveva percorso 800 miglia, da Seattle a San Francisco, pur di passare il manto della vergogna a qualcun altro. Un’altra regola, infatti, è che non ci sono restrizioni geografiche, per cui i partecipanti hanno persino attraversato i continenti, a bordo di aerei, navi e macchine, con la speranza di terminare incolumi il mese.

Ma non finisce qui, poiché il passaggio del “ce l’hai” non ammette eccezioni e chiunque può essere preso anche nel bel mezzo di circostanze fuori dall’ordinario. Così come ci viene mostrato in Prendimi!, un membro del gruppo, Patrick Schultheis, fu preso durante il funerale di suo padre. Durante la cerimonia, mentre si trovava in prima fila, Joseph Caferro lo affiancò e, dopo averli poggiato una mano sulla spalla come in segno di condoglianze, gli sussurrò “ce l’hai”. Al contrario di quanto si possa pensare, Schultheis non si arrabbiò affatto bensì disse che il padre lo avrebbe trovato estremamente divertente. Come ha affermato uno dei produttori del film, Todd Garner, ci sono stati passaggi del “ce l’hai” in occasione di funerali, matrimoni e, perfino, nascite. Nonostante i vari membri fossero lì per supportare uno dei loro amici, quest’ultimo veniva comunque preso, a prescindere dalla situazione in cui si trovava.

Per riuscire nei loro intenti, oltre che volare per centinaia di miglia ed irrompere nella casa di un altro partecipante nel pieno della notte, i dieci amici sono disposti a tutto, proprio come ci viene raccontato nella pellicola. C’è addirittura chi ha preso troppo alla lettera la fiaba di Cappuccetto rosso e si è travestito da nonnina pur di sorprendere il malcapitato o chi, invece, ha finto di essere un senzatetto in cerca di elemosina. Tra finti baffi e parrucche da donna, i diversi giocatori sono diventati a tutti gli effetti dei maestri nell’arte del travestimento e dei sotterfugi a condizione di vincere ma, alla fine, tutti concordano nell’affermare che questo gioco sia la cosa migliore che sia mai capitata loro, in quanto ha permesso di tenerli uniti nel corso dei decenni, costringendoli a incontrarsi ogni anno per la loro solita partita e aiutandoli a formare un legame che va ben oltre l’amicizia, facendoli diventare quasi dei fratelli che farebbero qualsiasi cosa l’uno per l’altro. Perché tutto sommato, come ci insegna anche il finale del film, l’importante non è vincere ma rimanere amici e, a volte, si può anche perdere pur di far contento l’altro.