Non aprite quella porta: la storia vera da Ed Gein a Leatherface

Dagli efferati omicidi compiuti da Ed Gein fino alla creazione di Leatherface, la storia vera del sanguinario personaggio protagonista della saga di Non aprite quella porta

Quattro nasi, ossa umane, alcuni teschi, dieci teste di donna come decorazione in camera da letto, due femori utilizzati come gambe di un tavolo, vestiti fatti di pelle umana: siamo nel 1957 e la polizia entra nella fattoria di Ed Gein, arrestandolo dopo anni di atroci delitti.
Leatherface, personaggio della saga di Non aprite quella porta, nato dalla mente di Tobe Hooper si rifà in parte al macellaio di Plainfield, Ed Gein. Ma dove termina la finzione e si sfocia nella realtà?

Non aprite quella porta: la storia vera

Dopo la morte del fratello nel maggio 1944, avvenuta in circostanze misteriose (si pensa sia stato lo stesso Gein a compiere l’omicidio in questione ma i rapporti indicano le cause della morte come “asfissia da fumo”), sei persone scomparvero dalle città del Wisconsin di La Crosse e Plainfield tra il 1947 e il 1957. Gein venne associato solo a due di loro, anche se era sospettato di ulteriori delitti. Aveva commesso atti di squartamento e necrofilia sulle vittime; era anche solito violare delle bare e costruirsi vari pezzi di arredo con le parti dei corpi. La particolarità della sua vita e dei suoi assassinii hanno ispirato numerose pellicole.

Psycho:

Reduce dal successo di Intrigo internazionale e dopo il clamoroso flop (rivalutato in futuro) de La donna che visse due volte, Alfred Hitchcock rimase affascinato dal libro omonimo di Robert Bloch che si rifaceva, in modo romanzato, agli eventi reali legati a Ed Gein. Nonostante gli anni non permettessero scelte stilistiche troppo spinte per il genere horror, Hitchcock cercò di mantenere il più possibile la fedeltà con il romanzo e con gli eventi narrati, documentandosi all’inverosimile per poter portare a termine quello che a tutti gli effetti divenne il suo capolavoro, non senza problemi di censura.

La censura, in realtà non si focalizzò principalmente sugli efferati omicidi compiuti da Norman/Norma Bates, bensì su altri elementi: si trattava infatti del primo film americano che mostrasse distintamente lo scarico di un water in funzione, scelta obbligatoria per rendere la dissolvenza di prove da parte della protagonista. Stessi problemi si ebbero per la famosa scena della doccia: il nudo di Janeth Leigh in realtà fu soltanto suggerito con un abile gioco di inquadrature e tagli ma la censura continuò fino alla fine a vedere il nudo integrale dell’attrice nonostante non ci fosse.

Gli elementi che richiamano la figura di Ed Gein, oltre all’omicidio, sono da considerarsi esclusivamente legati al travestitismo del protagonista e alla presunta necrofilia verso la madre, morta ormai da diverso tempo (come si evince nel finale della pellicola è con Norman che ne prendeva le sembianze in preda alla follia).

Deranged:

Una delle pellicole che ripropongono in modo più accurato gli eventi legati alla follia e all’arresto di Ed Gein. Girato come una sorta di documentario (ma non prettamente un mokumentary a tutti gli effetti), Deranged presenta una regia e una fotografia sporca che contribuisce, insieme alle scene splatter ed estremamente veritiere, a conferire al film un alone di disgusto non indifferente. Nonostante il film presenti nomi e luoghi distanti dalla realtà, gli elementi principali della follia del sadico Ed Gein sono rimasti invariati: dalla profanazione di tombe, al morboso rapporto materno, all’allestimento di banchetti con cadaveri in decomposizione, ai sottili atti di cannibalismo fino alla costruzione di maschere di pelle umana; sicuramente un film per stomaci forti che tutt’ora destabilizza e inquieta.
(Il protagonista lo ritroveremo qualche anno dopo in Mamma ho perso l’aereo nel ruolo del vicino di casa di Kevin McCallister)

Non aprite quella porta:

Il perfetto esempio di destrutturazione e ristrutturazione di un personaggio e di una vicenda può trovare il suo esempio più lampante nel film più celebre del compianto Tobe Hooper. La creazione del personaggio di Leatherface (faccia di cuoio, letteralmente) avviene mantenendo gli elementi più sanguinosi e macabri legati al personaggio di Ed Gein: l’uccisione per squartamento (con l’aggiunta di una motosega come arma favorita), la tortura psicologica e fisica delle vittime, lo scuoiamento e infine l’utilizzo di pelle umana per la costruzione delle maschere che indossa.
Hooper, con la pellicola dichiaratemente slasher/horror, verte a sottolineare elementi più ambigui della vicenda originale, trasformando la sua storia in una vera e propria corsa claustrofobica verso la salvezza: oltre ai comportamenti dell’antagonista, ciò su cui si fa più attenzione è la natura folle degli altri membri della famiglia votati al cannibalismo.
Non aprite quella porta divenne un successo commerciale e un fenomeno di costume, costituendo la nascita di un vero e proprio franchise horror a cui seguirono numerosi sequel.
Ed è proprio sui sequel che, per la prima volta nella storia di un personaggio horror, si può utilizzare una diversa linea temporale a seconda del film che si va a vedere:
Dopo la drammatica sequenza finale del film, una voce fuori campo afferma che “Due ore dopo, i criminali venivano arrestati dalla polizia del Texas. Sei mesi dopo, furono processati e condannati alla sedia elettrica … L’unica sopravvissuta è tuttora ricoverata in una casa di cura traumatizzata dalla atroce esperienza vissuta!”  per sottolineare e calcare la mano sulla veridicità della vicenda narrata.

Queste scritte sono state inserite solo in Italia, ma nella versione ridoppiata sono state tolte. Tali scritte inoltre non sono congruenti con nessun capitolo successivo della saga. Innanzitutto, la famiglia non fu arrestata o condannata perché nel secondo capitolo Non aprite quella porta – Parte 2 viene spiegato che  era scomparsa dalla circolazione per poi riapparire, mentre in Non aprite quella porta 3D, che offre un seguito diretto, viene mostrato che la famiglia è stata bruciata viva nella propria casa.

Non aprite quella porta – parte 2 e Non aprite quella porta 3D

Il sequel diretto del film originale Non aprite quella porta venne diretto sempre da Hooper ma, a differenza del primo film, venne stroncato dalla critica (e rivalutato esclusivamente in seguito). Hooper vira dall’horror realistico della prima pellicola a toni più surreali e comici, ricorrendo a maggior trucco e a maggiori effetti speciali (merito anche di un budget più elevato), confezionando in sostanza una commedia horror totalmente distante dal primo capitolo.

Stranamente, per questo genere di operazioni, la fedeltà delle vicende narrate nel primo episodio può trovare libero sfogo solo 39 anni dopo con il sequel diretto (che esclude totalmente le vicende di Non aprite quella porta – parte 2 in quanto incompatibile narrativamente) del primo film della saga, sia da un punto di vista di sceneggiatura (rimodernata e con elementi più accattivanti) che di regia: Non aprite quella porta 3D.

Contrariamente a quanto si possa pensare, e nonostante il remake di Marcus Nispel (sicuramente d’effetto ma a se stante rispetto all’opera originale così come il suo prequel diretto da Liebesman), la pellicola è ciò che rispetta la visione di Hooper in maniera più fedele senza stravolgere gli elementi apprezzati nell’originale Non aprite quella porta e ampliando e approfondendo una delle figure più sinistre e inquietanti della storia del cinema horror.

Nonostante l’accuratezza delle varie trasposizioni cinematografiche, la costruzione di Leatherface da parte di Hooper è totalmente diversa da Ed Gein (che oltre ad essere di corporatura esile secondo alcune descrizioni compiva movimenti effemminati per somigliare alla defunta madre, particolarità tenute in considerazione principamente da Hitchcock) presentando un personaggio robusto, alto e in linea con altri mostri sacri dello slasher come Michael Myers e Jason.

Dopo numerosi sequel, remake e cambi di linea temporale, per Leatherface è arrivato il momento di tornare in sala con un prequel diretto del primo film originale che narra le origini di faccia di cuoio.