Mi chiamo Sam: una metafora sull’amore e sulla diversità

Articolo a cura di Chiara Germani

Mi chiamo Sam è un film drammatico diretto da Jessie Nelson, uscito nel 2002 e interpretato da Sean Penn e Dakota Fanning, rispettivamente nei ruoli di Sam e Lucy.

Nel film Sean Penn interpreta il ruolo del protagonista Sam, un uomo sulla quarantina costretto a crescere sua figlia da solo poiché la mamma della bambina è sparita abbandonando entrambi. Sam soffre di un ritardo mentale che non gli permette di essere intellettualmente alla pari con le altre persone; le sue capacità cognitive sono infatti quelle di un bambino di sette anni. Nonostante ciò la vita di Sam e Lucy è normale, caratterizzata da affetto, complicità e intesa. Sam viene supportato da amici e colleghi e grazie al loro aiuto conduce e permette a Lucy di condurre una vita serena ed equilibrata. Una sera però Sam finisce in caserma per quello che viene scambiato come un tentativo di adescamento di una prostituta. Dopo ancora, durante la festa a sorpresa per il settimo compleanno di Lucy, intervengono gli assistenti sociali che portano via la bambina a causa di un incidente con uno dei bambini che aveva provocato Sam.

Mi chiamo Sam: una metafora sul mistero dell’amore

Mi chiamo Sam cinematographe.it

Inizialmente Mi chiamo Sam appare come un film incentrato unicamente sull’atteggiamento pregiudiziale riguardo all’handicap, ma durante lo svolgimento sembra rivelarsi come una metafora sul mistero dell’amore. Sam viene infatti sottoposto ad un processo con l’intento di valutare la sua capacità di essere un buon padre per Lucy. Durante il processo vengono fortemente evidenziate le difficoltà di Sam ad adattarsi con successo alla realtà sociale come ad esempio le sue limitate possibilità di avere una buona condizione economica o il suo limite intellettivo che non gli permette di fungere da sostegno nella vita scolastica di Lucy, ma nonostante ciò, nessuno riesce effettivamente a spiegarsi perché Lucy provi tanto amore e riconoscenza nei confronti del padre. Il film, oltre a trattare il tema dell’amore, del pregiudizio o della disabilità tratta moltissimi altri temi come ad esempio la perseveranza, l’abbandono, l’importanza di avere qualcuno su cui poter contare, come nel caso di Sam con i suoi amici, la sua vicina di casa Annie o il suo avvocato, ma in particolar modo si incentra sui rapporti e su quanto quest’ultimi possano essere modificati nelle situazioni dove è presente la diversità. Ma cosa si intende per diversità?

La diversità: che ricchezza!

Potremmo dire che nella vita esistono due tipologie di persone che potremmo definire “diverse”, quelle affette da disabilità, per esempio, o definite diverse per via del loro orientamento sessuale, quindi parliamo di una diversità su cui non si può agire e quelle che invece scelgono di essere diverse esteriormente, per differenziarsi dalla massa, magari attraverso il modo di vestire o di comportarsi. A pensarci bene, nella società i “diversi“ sembrano essere molto più numerosi rispetto alle persone “normali” e di fatto questa diversità non è affatto una cosa negativa, anzi, dovrebbe essere sinonimo di conoscenza e arricchimento.
Eppure non sempre è facile per i “diversi” essere felici e sentirsi accettati. Basti pensare, per esempio, alla discriminazione che spesso viene fatta a carico di chi è affetto da una disabilità.
“Discriminazione“ è un termine usato per indicare un atteggiamento di rifiuto nei confronti di un soggetto con caratteristiche fisiche o caratteriali diverse. Discriminare significa letteralmente pensare che la persona discriminata sia inferiore, pensiero assolutamente errato, come ci è stato confermato anche dalle grandi tragedie storiche e purtroppo anche attuali. In sostanza, siccome viviamo in una società ricca di persone con aspetti caratteriali e fisici molto particolari dovremmo imparare a spogliarci dai pregiudizi e iniziare a saper apprezzare ogni persona con le sue caratteristiche, con i suoi pregi e i suoi difetti, ma più di tutto bisogna saper imparare a mettere da parte la cattiveria, l’essere critici, il voler vendicarsi e ogni altra singola forma di malignità, solo così potremmo affermare di vivere in una società mentalmente sviluppata e aperta, che permette a chiunque di essere se stesso.