L’incredibile storia dell’Isola delle Rose: tutta la verità dietro al film Netflix con Elio Germano

L'incredibile storia dell'Isola delle Rose si basa su una vicenda realmente accaduta in Italia negli anni '60 e che al tempo aveva destato parecchio scalpore

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è la nuova commedia di Sydney Sibilia, prodotta da Netflix, sulla quale è stato fatto un investimento importante in termini di promozione e reclamo, creando una certa curiosità e ottime aspettative.  Il film con Elio Germano racconta una storia vera, davvero incredibile come dice il titolo, una di quelle vicende che, viste sullo schermo, appaiono irrealistiche e inverosimili. Eppure la storia dell’Isola delle Rose è realtà, una follia romantica e libertaria accaduta realmente – e finita agli onori della cronaca internazionale – negli anni ’60 in Italia. Qui ne raccontiamo la vicenda, riportata nel film con una buona verosimiglianza, pur inserita nell’involucro di una piacevole e godibilissima commedia e con qualche licenza cinematografica.

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è la vera storia dell’ingegnere Giorgio Rosa che costruì un’isola tutta sua in acque internazionali

Il contesto è quello delle grandi speranze, dei grandi cambiamenti e dei grandi moti popolari degli anni Sessanta. A Bologna, il visionario ingegnere Giorgio Rosa inizia a mettere i primi tasselli per coronare un sogno particolare e tutto suo: la realizzazione di una propria isola dove evadere dallo status quo dell’Italia. Individua il luogo in cui dar vita a questa realtà nel mare a poco meno di 12 chilometri dalla costa di Rimini, 550 metri fuori dalle acque territoriali italiane, sostenendo che il fatto di costruire una postazione su acque internazionali lo avrebbe salvato da qualsiasi pretesa di sovranità e accusa legale da parte dello Stato italiano. Rosa comincia così a preparare dei pilastri vuoti, quindi a inserirvi all’interno dei tubi di acciaio e in seguito li fissa nel fondo del mare, riempiendoli di cemento per evitare la corrosione, creando una piattaforma di 400 mq  sospesa a 26 metri di altezza dal livello del mare. La fondazione dell’isola era stata avviata già nel 1958, quando Rosa inizialmente aveva tentato di costruire direttamente una struttura di tubi d’acciaio da trasportare già montata in mare e collocare sfruttando un sistema di drenaggio delle sabbie del fondale. A supportarlo nell’impresa la moglie Gabriella Chierici – già sua sposa a differenza del film, nel quale Giorgio realizza tutto quanto anche con il secondo fine di riconquistare l’amata con cui era stato assieme precedentemente per tre anni – che diviene la presidente della società da lui fondata, la S.P.I.C. (Società Sperimentale per Iniezioni di Cemento).

Tra il ’67 e il ‘68 la costruzione di Giorgio Rosa raccontanta de L’incredibile storia dell’Isola delle Rose viene aperta al pubblico e dichiarata Stato indipendente

l'incredibile storia dell'isola delle rose

I lavori subiscono una battuta d’arresto, dovuta a problemi logistici ed economici nel luglio del 1962, quando inoltre le autorità italiana hanno intimato ai costruttori la rimozione di ogni ostacolo alla navigazione. Giorgio però non si perde d’animo e dopo aver contattato le Capitanerie di Porto di Rimini, Ravenna e Pesaro per opzionare gli spazi in banchina, ottenere i rifornimenti di gasolio e il permesso alla costruzione della struttura presso i Cantieri Navali e la pubblicazione dell’avviso ai naviganti per la segnalazione della presenza di strutture, riesce a far ripartire i lavori di realizzazione nel 1964. Il 23 novembre 1966 però la Capitaneria di Porto di Rimini intima nuovamente la cessazione dei lavori, privi di autorizzazione, per via della concessione all’Eni della zona, e anche la Polizia intanto si interessa alla vicenda chiedendo conferma del fatto che si tratti di attività sperimentali. La costruzione dell’Isola tuttavia va avanti: sui pali conficcati sul fondo del mare viene montata una piattaforma in cemento armato di 400 mq e vengono eretti i muri che definiscono gli spazi della località, inoltre viene creato un punto di sbarco chiamato Porto Verde, dotato di banchina e scale d’accesso. Il progetto iniziale era di creare cinque piani, ma ci si limitò ad uno. Nei mesi successivi con un’affinata tecnica di trivellazione è stata anche trovata l’acqua dolce per fornire tutta l’isola.

L’isola dunque è stata aperta al pubblico il 20 agosto del 1967 divenendo subito un’attrazione turistica per migliaia di persone, in special modo ragazzi alla ricerca di uno svago. L’isola diventa così un simbolo per i sessantottini, per quanto il suo fondatore agisse al di fuori di quelle contestazioni, aspirando ad un’indipendenza e alla realizzazione di un proprio mondo che fosse proprio altra cosa rispetto alle sovrastrutture delle altre nazioni. Un po’ alla volta l’isola inizia a far parlare di sé, con tante ipotesi strampalate, che la vedevano come la sede di una radio clandestina, di un luogo di riciclaggio o di un avamposto occulto dei sovietici. Non era nulla di tutto ciò e il 1° maggio 1968 viene proclamata Stato indipendente mettendo Giorgio Rosa come presidente al suo governo.

L’Isola delle Rose aveva una sua struttura governativa, una lingua, una bandiera e una moneta propria

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Per segnare in maniera netta la sua diversità dall’Italia la nuova isola indipendente di Rosa adotta come propria lingua ufficiale l’Esperanto, e la sua denominazione diviene così Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj (Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose), annunciata ufficialmente nel corso di una conferenza indetta dallo stesso Presidente Rosa il 24 giugno 1968. L’Isola delle Rose diventa dunque uno Stato autonomo e indipendente che si dota di una Costituzione e di un governo articolato in dipartimenti, divisioni e uffici. Uno Stato che intendeva battere una propria moneta – chiamata il “Mill”, ma che non venne poi mai effettivamente fatta circolare – e rappresentato da una bandiera con disegnate tre rose rosse su un campo bianco e uno sfondo arancione. Inoltre sull’isola sono state emesse due serie in cinque emissioni di francobolli propri, che oggi hanno un valore altissimo. La nazione di Rosa si era dotata anche di un suo inno nazionale, il “Chor der Norwegischen Matrosen” brano tratto da L’olandese volante di Richard Wagner. La micro-nazione aveva poi vari servizi come un ristorante, una discoteca, un bar, un negozio di souvenir e un ufficio postale.

Il 25 giugno 1968, a seguito del grande traffico di persone verso l’isola, si è destata parecchia preoccupazione tra le forze dell’ordine italiane e lo Stato italiano ha disposto una sorta di blocco navale verso l’isola attraverso varie motovedette della Marina Militare e della Guardia di Finanza, inducendo Giorgio Rosa ad inviare un telegramma al presidente della Repubblica Italiana per denunciare quella che considera una violazione della sovranità dello Stato indipendente. In quel momento l’isola poteva contare, oltre ai governanti, di un abitante stabile, Pietro Bernardini, un naufrago approdato sull’Isola e che si era stabilito prendendo in affitto una stanza sulla piattaforma.

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose e il vero scontro tra Giorgio Rosa e il governo italiano

Il malcontento del Governo italiano verso l’isola cresce di momento in momento, soprattutto a fronte del grande successo e clamore che questa suscitava. Oltre a sostenere che l’isola sia utilizzata per lo sballo alcolico e il gioco d’azzardo, alcuni politici hanno persino suggerito, nel tentativo di danneggiarne la reputazione, che l’isola rappresentasse una minaccia per la sicurezza nazionale e fornisse copertura ai sottomarini nucleari sovietici. Gli scettici provenivano da tutto lo spettro politico: i gruppi di destra temevano che minacciasse la sicurezza della NATO fornendo potenzialmente copertura ai sottomarini nucleari sovietici, mentre la sinistra era preoccupata che Rosa stesse pianificando di destabilizzare le operazioni attraverso l’Adriatico e in Jugoslavia e Albania. Rosa nelle settimane successive cerca, senza esito, di stabilire una trattativa con il Governo italiano, inviando un telegramma al Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat in cui si lamenta per la violazione della sovranità dell’Isola delle Rose e per quella che considera di fatto un’occupazione militare, con le motovedette che impediscono l’accesso alla piattaforma. 

Intanto la questione era arrivata anche in Parlamento attraverso due diverse interrogazioni di due parlamentari di opposti schieramenti, una da parte di un deputato del Movimento Sociale Italiano, l’altra di uno del Partito Comunista Italiano. Il 16 agosto 1968 la Capitaneria di Porto di Rimini recapita alla S.P.I.C. un decreto del Ministero della Marina Mercantile in cui si ordina la smobilitazione della piattaforma e che comunica che in caso questo non avvenga si sarebbe provveduto ad una demolizione d’ufficio. A questo punto Rosa e sua moglie fanno ricorso al Consiglio di Stato, ma questo viene respinto, benché due consiglieri avessero votato a favore. L’avvocata di Rosa gli propone a seguire di fare ricorso al Consiglio d’Europa, per trovare riconoscimento per la sua isola-stato. Nel mentre l’offensiva del Governo italiano del futuro Presidente della Repubblica Giovanni Leone si intensifica e la Marina Militare inizia a fine novembre 1968 a caricare un pontone condotto a Rimini di esplosivo, da portare successivamente sull’isola.

L’isola delle Rose vede la sua fine dopo pochi mesi ma resta un’esperienza unica nel panorama internazionale

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Rosa continua a cercare nei mesi successivi contatti politici che gli offrano una sponda, ma nulla di concreto avviene, fino a quando l’11 febbraio 1969 i sommozzatori della Marina Militare Italiana arrivano sul posto e collocano 675 kg di esplosivo sui pilastri dell’Isola. Il film romanza – dando un’epica cinematografica – gli avvenimenti della fine dell’Isola, con il racconto della resistenza di Rosa e compagni sulla piattaforma e i colpi sparati a distanza. Ad ogni modo nella realtà dei fatti, col primo carico di esplosivo l’isola non crolla, ma il Governo italiano, tramite la Marina Militare, ci riprova due giorni dopo, con una carica di oltre 1000 kg, riuscendo a deformare la struttura della piattaforma. Quest’ultima cede poi definitivamente il 26 febbraio sotto una forte burrasca. Nei mesi successivi l’Isola viene smantellata e fisicamente eliminata in maniera completa.

Come recitano i titoli di coda del film, questa resta (per quanto sui generis) l’unica guerra d’aggressione della Repubblica Italiana e per evitare che casi simili potessero succedere di nuovo l’Onu ha spostato il confine delle acque territoriali da 6 a 11 miglia nautiche di distanza dalla costa dello Stato, mentre il Consiglio d’Europa ha dichiarato di non avere elementi sufficienti per potersi esprimere sulla controversia. A Giorgio Rosa lo Stato italiano ha poi chiesto il pagamento della demolizione dell’isola per 11 milioni di lire. Nel 2009 sono stati ritrovati sul fondo del mare alcuni resti della struttura e dei muri dell’isola, un mattone originale è a tutt’oggi conservato da Lorenzo, il figlio di Giorgio e Gabriella. Giorgio Rosa è morto all’età di 92 anni il 2 marzo 2017, ma il suo folle sogno libertario resta è rimasto nella storia del Paese. 

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