La voce della pietra: la spiegazione del finale del film con Emilia Clarke
Un thriller intriso di aspetti drammatici e psicologici ai quali viene aggiunta una spolverata di elementi soprannaturali da tipico film horror, che non riesce a definire chiaramente la propria struttura narrativa ma che, in qualche modo, è capace di stupire solamente nell'attestazione del colpo di scena finale
Basato sull’omonimo romanzo di Silvio Raffo pubblicato nel 1997, La voce della pietra racconta la storia di una giovane governante che si trova coinvolta in un insolito caso di un bambino che si rifiuta di parlare in seguito alla morte della madre avvenuta pochi mesi prima. Ma il suo silenzio forzato e autoimposto si rivelerà essere ben più di un semplice capriccio infantile e porterà con sé delle conseguenze inaspettate e dai risvolti inquietanti.
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Il film rappresenta un’intima scultura della vita delle sei persone che sono racchiuse, quasi imprigionate nella loro immobile quotidianità, tra le mura di un castello italiano nel bel mezzo della Toscana post-bellica e vede la britannica Emilia Clarke nel ruolo della protagonista Verena, ben lontana dai personaggi precedentemente interpretati e ancora di più dalle vesti di Daenerys Targaryen nell’acclamata serie TV Game of Thrones. La giovane sarà quasi costantemente affiancata dagli altri personaggi chiave della vicenda, a partire da Marton Csokas nei panni del padrone della tenuta Klaus ed Edward George Dring in quelli del suo bambino silenzioso Jakob, a cui si aggiungono gli attori italiani Remo Girone, Caterina Murino e Lisa Gastoni, rispettivamente nei ruoli del custode Alessio, della defunta madre Malvina e della domestica Lilia.
Qual è il significato de La voce della pietra?
Con un inizio brusco e fuori dall’ordinario che destabilizza la visione sin dai suoi albori, la pellicola parte direttamente con Malvina sul proprio letto di morte che tenta di rassicurare il proprio figlio, promettendogli che un giorno sarebbe arrivata una donna che l’avrebbe amato e garantendogli che le prossime parole che il ragazzo avrebbe pronunciato sarebbero state quelle che avrebbero fatto tornare Malvina da lui. Con la speranza che la madre sarebbe ricomparsa, Jakob inizia un periodo di silenzio forzato che costringe il padre a chiamare qualcuno che lo aiuti a fargli riscoprire la sua voce e che, soprattutto, lo porti a superare il terribile lutto. È così che arriva nella loro vita Verena, una giovane ragazza inglese che dovrà prendersi cura del suo problema.
Passare da una famiglia all’altra, lasciandosi alle spalle le persone a cui ci si è affezionati ma, più di tutto, abbandonare il forte legame creato con i bambini non è mai semplice per Verana che cerca di nascondere questo suo disagio con una facciata di sorrisi e serenità, per offuscare la sua tremenda solitudine interiore. Nonostante il rapporto distante e piuttosto strano con il custode Alessio, la giovane governante riesce a trovare una persona con cui aprirsi nell’anziana domestica Lilia all’interno di questa nuova famiglia e, a poco a poco, avvia un piano per comprendere il disagio del piccolo in modo da trovare la maniera giusta per costringerlo a ricominciare la sua vita attraverso il dono della parola. Durante una notte, la ragazza scopre l’ossessione di Jakob di “ascoltare” le voci che provengono dalla vecchia dimora del 1200 ormai largamente diroccata, e capisce finalmente che egli sta cercando di sentire la voce di sua madre e i suoi consigli.
Questa scoperta colpisce Verena nel profondo e da quel momento in poi inizierà anche lei a poggiare l’orecchio su qualsiasi pietra, che sia un muro o una roccia del lago della tenuta, per riuscire ad afferrare il senso di questo gesto e creare una sorta di legame con il bambino. Nonostante questo, però, la ragazza non riesce a spronare Jakob a riprendere ciò che faceva quando la madre era ancora in vita, come suonare il pianoforte e, tanto meno, ha successo nei suoi tentativi di invogliarlo a parlare.
La voce della pietra: un finale ricco d’interesse e spunti
Nel frattempo, tra Verena e Klaus inizia a scattare una certa complicità inaspettata dopo che l’uomo la vede in uno dei vestiti della moglie Malvina e riconosce una spiccata somiglianza tra i corpi delle due donne. La passione si accende in un primo momento nelle loro immaginazioni per poi trasformarsi in disperata realtà, generando così un senso di angoscia e colpa in Klaus che, non vedendo altre soluzioni, decide di allontanare la ragazza per il bene del bambino che non sopporterebbe una tale unione.
Questa rappresenta la goccia che fa traboccare il vaso e che induce Verena a dubitare del suo rapporto non solo con l’uomo, ma anche con lo stesso Jakob, a cui chiederà, in un disperato momento di follia febbricitante molto simile alla malattia che ha colpito Malvina, di iniziare a parlare nel caso in cui il bambino voglia che lei rimanga. Al prolungato silenzio ottenuto, la giovane decide di andarsene come le è stato richiesto ma, proprio nel momento in cui si sta avviando alla sua uscita di scena, incontra Klaus, il quale ammette di aver commesso un errore e la prega di non andare via e, alla pronta richiesta di Verena di ricevere un consiglio dalla sua amica Lilia, egli le confessa come la domestica si sia suicidata il giorno stesso della morte di Malvina.
Prima che riesca a scappare, la giovane crollerà a terra a causa del suo stato di salute e da qui in poi il carattere soprannaturale dell’opera prenderà completamente il sopravvento anche grazie alle inquietanti allucinazioni sofferte da Verena. Nel suo stato di febbre, la ragazza si vedrà murata viva all’interno della tomba, proprio affianco a Malvina, che le scorrerà una mano sopra il suo corpo, quasi cercando di raccogliere la sua essenza e creare un contatto spirituale con la giovane. Al suo risveglio, tutto sembra essere incredibilmente passato ma, nel momento in cui l’ormai ex-governante incontra Jakob, quest’ultimo ricomincia inaspettatamente a parlare pronunciando le semplici parole “mi manca la mia mamma” alla quale la giovane risponde “Sono proprio qui”. Verena, che indossa ora l’anello appartenuto a Malvina e suona il pianoforte impeccabilmente nonostante all’inizio avesse chiaramente dichiarato di non aver mai imparato questo strumento, afferma una frase satura di un ambiguo significato: “Cerco di pensare a un tempo prima di questo. Non riconosco la donna che vedo e nessuno di noi è più quello che era”.
Cosa vuol significare il finale de La voce della pietra?
Ci sono film che, per quanto possano risultare complessi, possiedono una sola spiegazione plausibile a meno che non si ricerchino forzature e teorie improponibili che snaturano l’opera e non rendono giustizia al significato voluto dallo scrittore o sceneggiatore. In questo caso però, non avendo alcuna spiegazione inconfutabile da parte di colui che ha scritto il romanzo e avendo dato un’opportuna visione critica al film, si può affermare che ci sono due spiegazioni perfettamente in linea con il racconto, entrambe equamente possibili come naturale conclusione della pellicola, nonostante l’una sia leggermente differente dall’altra.
La prima conclusione è che Malvina abbia preso interamente possesso del corpo di Verena ed è riuscita a tornare in vita per ricongiungersi finalmente con la sua famiglia. Quando Verena ha visto se stessa murata viva all’interno della tomba non era un sogno, bensì il momento in cui lo scambio dei corpi ha avuto il suo compimento. Ma questo si limita semplicemente alla classica sostituzione di anime che vanno ad abitare un nuovo corpo, molto in stile The Skeleton Key. In questo caso, la conclusione sarebbe leggermente più ottimistica rispetto all’horror con Kate Hudson, in quanto entrambe le donne avrebbero trovato una sorta di pace interiore che stavano cercando: Verena non è più costretta a trasferirsi da una dimora all’altra, abbandonando i bambini che si legano a lei di volta in volta e può trovare un riposo perenne, mentre Malvina si è riunita alla sua famiglia nonostante abbia un corpo leggermente diverso dal suo. È proprio nel momento in cui Jakob vede Verena per la prima volta, in seguito alla malattia, che egli ricomincia a parlare, in quanto ha compreso che, sotto tutti quegli strati fisici, in realtà si nasconde la madre che è finalmente tornata a casa. Basandosi sulle parole dette da Malvina all’inizio del film, Jakob sapeva che prima o poi sua madre avrebbe vissuto di nuovo e aveva capito sin da subito che ella sarebbe tornata sotto le vesti di Verena, esprimendo durante il film la sua frustrazione per il fatto che ci stava mettendo troppo tempo per ripresentarsi.
Nonostante questa spiegazione sia perfettamente conforme all’opera, ne esista una seconda leggermente diversa e che renderebbe il finale lievemente più intricato, fornendo comunque un senso ai vari avvenimenti accaduto nel corso dell’opera. In base a una seconda interpretazione, Malvina non avrebbe preso interamente possesso del corpo di Verena, bensì sarebbe diventata una parte di lei creando un complicato e intenso equilibrio in cui entrambe le coscienze coesistono all’interno dello stesso corpo. Questo rientrerebbe adeguatamente nel discorso tenuto alla fine dalla ragazza, in cui afferma di sentirsi come una persona diversa e di non ricordare la sua vita prima di quel momento.
In entrambi i casi, ma soprattutto nel secondo, l’intero film rappresenterebbe un immenso processo di preparazione affinché il corpo di Verena possa creare un equilibrio e, nella prima spiegazione, prendere possesso del nuovo fisico mentre, nella seconda ipotesi, adeguarsi ad accogliere entrambe le persone all’interno dello stesso luogo fisico. Per questo motivo, da un certo punto in poi la donna inizia a utilizzare gli abiti di Malvina sotto consiglio della defunta domestica Lilia, comincia ad assumere un atteggiamento diverso, quasi più regale e, assolutamente senza nessun preambolo, sente una profonda attrazione per il proprio datore di lavoro con il quale poi avvierà una relazione intima. Tutte queste vicende hanno rappresentato un’intricata opera di “iniziazione” che avrebbe facilitato il processo di scambio o di coesistenza all’interno dello stesso supporto fisico. Un’idea piuttosto interessante per quanto non propriamente riuscita sullo schermo.
In definitiva, La voce della pietra è un film che fa discutere più per il suo finale volutamente ambiguo e parzialmente interpretabile piuttosto che per la bellezza in sé della pellicola. Nel corso del racconto si assiste a un immenso avvicendamento di tempi morti che, forse, potevano funzionare adeguatamente per iscritto nel romanzo originale, ma che non sono in grado di sviluppare la tensione che ci si aspetterebbe né di conferire un adeguato ritmo ben definito alla narrazione sul grande schermo rendendo difficile appassionarsi alla storia nel suo profondo.
A causa di questa sua cadenza altalenante e, in particolare, di una sceneggiatura povera affidata ad attori che probabilmente non erano proprio adatti ai ruoli a loro assegnati, La voce della pietra non solo delude le aspettative generatisi dalla sua appartenenza al genere thriller ma oltretutto carica tutto il proprio peso sul finale, facendo sì che perda alcuni spettatori lungo il proprio cammino.