La signora dello zoo di Varsavia: la storia vera di Jan e Antonina Żabiński

la vera storia di Jan e Antonina Żabiński raccontata in La signora dello zoo di Varsavia.

C’è qualcosa di brutale, ma anche di tenero in La signora dello zoo di Varsavia, il film diretto da Niki Caro con Jessica Chastain. Ma soprattutto c’è qualcosa di vero: la storia di Antonina Żabiński, che rende questa pellicola molto più di una manifestazione dell’arte – elevandola a modello di vita -, molto più di un film sulla guerra, poiché il conflitto potrebbe di fatto definirsi come il movente principale per far emergere il meglio dell’umanità, il coraggio di scegliere e di restare nel proprio Paese e restare placidi e gentili, sì, ma non inattivi.

Basandosi sul libro di Diane Ackerman, Gli ebrei dello zoo di Varsavia, tratto a sua volta dai diari della Żabińska, il film racconta una storia realmente accaduta nella Polonia del 1939, in piena invasione nazista. Antonina Żabiński (interpretata da Jessica Chastain) e suo marito Jan Żabiński (Johan Heldenbergh) dirigono una zoo nella capitale. Il film ci mostra l’obbligo imposto di sgomberare la struttura e il gioco d’astuzia applicato da Antonina per salvare alcuni ebrei.

La signora dello zoo di Varsavia: leggi qui la recensione del film 

Chi erano Jan e Antonina Żabiński?

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Jan e Antonina Żabiński

Ma come sono andate realmente le cose e chi erano questi due eroi? Jan Zabinski, zoologo e zootecnico, nonché direttore dello zoo di Varsavia e, nel periodo compreso tra il 1939 e il 1945, anche sovrintendente dei parchi cittadini, faceva parte della resistenza polacca e, trincerandosi dietro l’insospettabile professionalità dovuta alla sua occupazione, riuscì a far uscire diversi ebrei dal ghetto della sua città, ma anche a contrabbandare armi, costruire bombe, deragliare treni e persino ad avvelenare la carne destinata ai nazisti. L’uomo (1897 – 1974) si è dichiarato ateo e ha sempre sostenuto di aver intrapreso questo eroico atto mosso solo ed esclusivamente da una spinta umanitaria e da un’educazione ricevuta sia a casa che a scuola, nulla che avesse a che fare con la fede religiosa o con la politica.

Antonina, dal canto suo, non era a conoscenza delle azioni del marito. Nel film tutta la carica positiva viene manifestata attraverso la sua personalità disponibile e cordiale e il suo coraggio sembra quasi oscurare tutto il resto, ma è chiaro che questa impresa raccontata anche dal cinema è di entrambi in egual misura.

La signora Zabinski (nata Antonina Erdman, 1908 – 1971) era un’insegnante amante dell’arte e della musica, educata secondo i valori della religione cattolica, che aveva perso i suoi genitori durante la rivoluzione russa e aveva conosciuto sulla sua pelle i costi della guerra. Il film la ritrae come effettivamente era: una persona piena di timori ma audace e nobile d’animo, grande amante degli animali e capace di sfiorare con eleganza le corde dell’animo umano, addentrandosi nella loro psicologia e lenendo con amore le brutalità subite. Antonina ha raccontato di aver agito in questo modo, mettendo a rischio la sua stessa vita, perché non avrebbe mai potuto restare inerme davanti a tanta disperazione e si vergognava nel non poter fare nulla, mentre i suoi concittadini venivano uccisi dalla furia hitleriana.
Al contrario del marito (ateo convinto nonostante avesse ricevuto una religione cattolica) Antonina era una fervente credente: i suoi figli (Ryszard and Teresa) erano entrambi battezzati e lei era solita portare attorno al collo un medaglione con un’immagine sacra.

La signora dello zoo di Varsavia: così i coniugi Żabiński: salvarono 300 ebrei

Costretti a sgomberare lo zoo, che tra l’altro era stato in parte distrutto a causa dei bombardamenti (causando la morte o la fuga della maggior parte degli animali) Jan e Antonina si celarono dietro la buona scusa di convertirlo in un allevamento di bovini, usando le gabbie e i recinti prima destinati agli animali per salvare vite umane.
Il film di Niki Caro ci mostra infatti che l’allevamento era un escamotage per accedere al ghetto: oltre a fare il carico degli scarti con i quali nutrire i maiali, Jan faceva anche carico di ebrei (nascosti in botole e sotto l’immondizia), ma li aiutava anche a uscire alla luce del sole, attraverso agganci interni e documentazione falsa.
Una volta a casa, uomini, donne e bambini si rifugiavano temporaneamente nei sotterranei per poi a fuggire verso luoghi più sicuri. Alla loro impresa partecipò anche il figlio Ryszard che, nonostante la giovane età, si prodigò insieme alla madre e al padre per coprire e accudire i rifugiati.

La musica per comunicare

Come ci mostra anche La signora dello zoo di Varsavia, Antonina comunicava con i fuggitivi suonando il pianoforte: una melodia caotica per indicare situazioni di pericolo e quindi indurli a fare silenzio e una musica soft per far capire loro che era il momento di uscire dalle gabbie e salire al piano di sopra. Inoltre, la donna usava dare ai suoi ospiti nomi di animali in modo da camuffare i loro nomi ebrei (scoiattoli, fagiani, criceti e così via).
In un primo momento la coppia si è fatta carico, oltre che del rischio effettivo di essere giustiziati dai nazisti, anche delle spese di mantenimento dei rifugiati, in seguito sostenute grazie al consiglio per l’aiuto degli ebrei, Żegota. In questo modo riuscirono a salvare dalla fame nel ghetto di Varsavia e dalla deportazione nei campi di concentramento ben 300 persone nel corso di tre anni, sia ebrei che partigiani (solo due donne morirono, come si vede anche nel film). Tra le persone salvate vi furono anche la scultrice Magdalena Gross e il marito Maurycy Paweł Fraenkel, la scrittrice Rachela Auerbach, Regina e Samuel Kenigswein, Eugenia Sylkes, Marceli Lewi-Łebkowski e la sua famiglia, Marysia Aszerówna, la famiglia Keller, il professore Ludwik Hirszfeld, Leonia e Irena Tenenbaum (rispettivamente moglie e figlia dell’entomologo Szymon Tenenbaum, morto nel Ghetto).

La signora dello zoo di Varsavia: la reale prigionia di Jan e la finta morte di Ryszard

Jan Żabiński finì anche per essere preso dai tedeschi, durante la Rivolta di Varsavia del 1944, ma per fortuna riuscì a sopravvivere alla prigionia e a tornare dai suoi cari. In seguito divenne membro della Commissione statale per la preservazione della natura, scrivendo circa 60 libri scientifici e ritornando a dirigere lo zoo fino al marzo del 1951.
Anche la moglie Antonina si dedicò alla stesura di libri, ma si tratta di fiabe per bambini raccontate dal punto di vista degli animali.

Il personaggio di Lutz Heck, interpretato da Daniel Brühl in La signora dello zoo di Varsavia, è esistito davvero?

La signora dello zoo di Varsavia

Nel film con Jessica Chastain protagonista appare anche un’altra figura ed è quella di Lutz Heck, interpretato da Daniel Brühl. Si tratta di un personaggio realmente esistito: Ludwig Georg Heinrich Heck (1892 – 1983) è stato uno zoologo tedesco, ricercatore e autore di libri su animali, nonché direttore del giardino zoologico di Berlino e membro delle SS. sostenuto da Hermann Göring, il suo scopo era quello di eliminare gli animali ritenuti degenerati dai nazisti, seguendo un piano folle e abbastanza simile a quello adoperato sugli esseri umani. Come si vede anche nel film, Lutz lavorava al fine di riportare in vita animali purosangue estinti, in seguito denominati “bestiame Heck”.
In La signora dello zoo di Varsavia si notano le avances di Heck nei confronti di Antonina e la sua accondiscendenza al fine di non farsi scoprire. Nella vita reale, Heck era un ex collega di Jan e a quanto pare Antonina gli ricordava la prima donna che aveva veramente amato.

Gli animali di Antonina e l’uccisione di alcuni esemplari dello zoo di Varsavia

la signora dello zoo di varsavia

Un particolare che rende il film ancora più bello e ricco di tenerezza è la presenza di animali insoliti tra le mura domestiche. Vi sarete chiesti se la coppia viveva davvero con dei leoni e la risposta è chiaramente positiva! Nella loro villa gli Żabiński avevano anche un cucciolo di lupo, uno scimpanzé, un leoncino, un coniglio di nome Wicek e un topo muschiato, oltre a un normale gatto domestico.

Purtroppo, però, c’è della verità anche nell’uccisione per puro gaudio di alcuni animali da parte di Lutz Heck che, nonostante avesse promesso protezione agli Zabinskis, iniziò a sparare ad alcuni esemplari dello zoo insieme ad altri membri delle SS; era la vigilia di Capodanno ed era ubriaco, forse voleva impressionare i suoi superiori.
C’è sempre un fondo di realtà anche nella la finta uccisione del figlio di Antonina: uno scherzo fatto da un soldato alla donna, che per metterle paura prese un assistente dello zoo e il bambino, facendole credere di avergli sparato, mentre a morire fu solo un pollo.

I riconoscimenti ricevuti dagli Żabiński

Il coraggio di Antonina e Jan Żabiński è stato premiato in diversi modi e non solo attraverso la pubblicazione del libro e la realizzazione del film, che certamente hanno fatto conoscere ai più l’operato dei due coniugi, ma anche da diversi riconoscimenti da parte della comunità giudaica e non solo: il 30 ottobre del 1968, a Yad Vashem si tenne una cerimonia per la semina degli alberi in onore dei Giusti tra le nazioni, di cui fanno parte anche Jan e Antonina Żabiński, premiati anche nel 2008 con la Croce di Comandante dal presidente polacco Lech Kaczyński.

Che fine ha fatto lo zoo di Varsavia?

Lo zoo di Varsavia riaprì ufficialmente nel 1949, con alcuni degli animali sopravvissuti alla guerra. Ma con lo stalinismo alle porte perse la sua lucentezza prebellica. La riacquisterà solo dopo la caduta del comunismo in Polonia, nel 1989, quasi due decenni dopo la morte di Antonina, avvenuta nel 1971.

Oggi continua a essere uno dei polmoni verdi della città e una delle mete turistiche per eccelelnza, con una superficie di circa 40 ettari e la possibilità di vedere gli animali 24 ore al giorno, grazie alla diretta video.

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