John Hurt: i 10 film migliori di un attore senza volto
10 titoli per ricordare un interprete d'eccezione.
Se ci fosse un premio alla metamorfosi, John Hurt lo avrebbe vinto più e più volte. Non era un attore da divo: troppo minuto, troppo strano, troppo malinconico per incarnare un’idea classica di protagonista. Eppure, proprio per questo, è diventato uno dei volti più riconoscibili e amati del cinema britannico e mondiale. La sua carriera è stata un viaggio attraverso personaggi marginali, eccentrici, perdenti, profeti o maledetti. Non c’era ruolo che gli somigliasse fino in fondo, eppure riusciva a calarselo addosso come fosse una seconda pelle. Una volta raccontò che non riusciva mai a rivedersi sullo schermo senza stupore, come se non ricordasse di aver interpretato lui stesso quel ruolo. Forse perché in ogni parte lasciava qualcosa di sé, ma anche qualcosa perdeva.

Hurt non recitava: trasfigurava. Con quella voce cavernosa e tagliente, con quello sguardo scavato dalla vita e dalla letteratura, ha dato carne e anima ai reietti. Il suo volto era una maschera tragica e gentile, come se ogni ruga raccontasse un personaggio in più. Una volta, durante una pausa dalle riprese, pare che David Lynch si avvicinò a lui sul set di The Elephant Man e gli disse: “Sei come una lanterna accesa in una stanza buia: tutti ti guardano, ma nessuno riesce a capire dove finisci tu e inizia il personaggio”. A distanza di anni dalla sua scomparsa, i suoi film continuano a parlarci, a inquietarci, a farci compagnia. Ecco dieci titoli essenziali per attraversare l’anima irregolare di un attore senza volto.
1. The Elephant Man (1980), di David Lynch tra i film più iconici di John Hurt

Il ruolo che lo consacra definitivamente agli occhi del mondo. John Hurt interpreta John Merrick, l’uomo deforme realmente esistito nella Londra vittoriana, noto come “l’uomo elefante”. Sotto strati di prostetici, Hurt riesce a comunicare una sensibilità devastante. La performance è un miracolo di empatia, sofferenza e grazia. Il film, diretto da un giovane David Lynch, è una tragedia umana raccontata con rigore formale e struggente bellezza. Hurt dà voce a un’anima imprigionata in un corpo mostruoso, riuscendo a rendere ogni singola parola un atto di resistenza. Il celebre «Io non sono un animale!» pronunciato da Merrick è rimasto inciso nella memoria del cinema. Per questa interpretazione, Hurt riceve una seconda candidatura all’Oscar, questa volta come miglior attore protagonista. È il suo apice artistico e, forse, il suo lascito più universale.
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2. Fuga di mezzanotte (1978), di Alan Parker
In uno dei suoi primi ruoli che ottiene riconoscimento internazionale, John Hurt interpreta Max, un detenuto tossicodipendente nel carcere turco dove è rinchiuso Billy Hayes. Fuga di mezzanotte è un film claustrofobico e brutale, che racconta la sopravvivenza in condizioni disumane, ma Hurt riesce a portare umanità anche nei momenti più cupi. Il suo Max è fragile, distrutto, ma non privo di dignità: una figura tragica che commuove senza mai scadere nel melodramma. La sua interpretazione gli vale una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista. Hurt trasforma la sofferenza in poesia e regala al film una dolente colonna vertebrale emotiva. La scena in cui Max parla con Hayes, cercando un conforto impossibile, resta una delle più intense della sua carriera.
3. Orwell 1984 (1984), di Michael Radford

Tratto dal celebre romanzo di George Orwell, Orwell 1984 vede John Hurt nei panni di Winston Smith, l’impiegato che inizia a ribellarsi al totalitarismo del Grande Fratello. Hurt incarna perfettamente la paranoia, il dolore e l’anelito alla libertà di un personaggio oppresso dalla sorveglianza e dalla manipolazione della verità. La sua fisicità dimessa e il volto scavato sembrano fatti apposta per un mondo in cui ogni emozione è un rischio. Il film è cupo, oppressivo, ma trova nella prova di Hurt un’umanità commovente. Ogni gesto, ogni sussurro, ogni esitazione racconta la tragedia di un uomo che cerca di conservare la propria identità in un mondo che la cancella. Un’interpretazione indimenticabile che rende vivo uno dei testi più disturbanti del Novecento.
4. Vendetta (1984), di Stephen Frears
In questo noir britannico, John Hurt è Braddock, un sicario tormentato incaricato di eliminare un traditore. Ma Vendetta non è un film d’azione classico: è una riflessione sulla morte, la fedeltà, e la consapevolezza della fine. Hurt tratteggia un killer silenzioso, riflessivo, che sembra osservare il mondo da un altro piano esistenziale. La sua interpretazione è tutta giocata su dettagli minimi: un ciglio che si abbassa, un respiro trattenuto, un’impercettibile esitazione. Il personaggio diventa così una figura quasi filosofica, sospesa tra il dovere e il dubbio. Il film di Frears è essenziale e privo di orpelli, e proprio per questo la performance di Hurt risalta come un diamante grezzo. È un altro tassello nella sua galleria di anime perse.
5. Alien (1979), di Ridley Scott

Un ruolo breve ma iconico, entrato nella storia del cinema. In Alien, John Hurt è Kane, il membro dell’equipaggio della Nostromo che ospita inconsapevolmente l’alieno nel proprio corpo. La celebre scena del “chestburster”, in cui l’alieno fuoriesce dal suo petto, è una delle più scioccanti e imitate di sempre. Ma Hurt va oltre l’effetto speciale: nei pochi minuti in cui è sullo schermo, costruisce un personaggio credibile, curioso, umano. Il suo corpo diventa letteralmente il veicolo dell’orrore, e la sua morte è il punto di svolta del film. Con uno sguardo perso e un ghigno di sorpresa, consegna al pubblico un momento di pura angoscia. È la dimostrazione che anche un ruolo secondario può diventare leggenda, se interpretato con verità.
6. Dead Man (1995), di Jim Jarmusch
Un western onirico e fuori dal tempo, in cui John Hurt appare in un piccolo ma incisivo ruolo accanto a Johnny Depp. Il suo personaggio, Mr. Schofield, è uno dei molti incontri surreali che il protagonista William Blake fa nel suo viaggio verso la morte. Dead Man è un film sulla dissoluzione dell’identità, sull’America come incubo e visione, e Hurt si inserisce perfettamente in questo paesaggio psichico. Anche se per pochi minuti, la sua presenza è ipnotica: sembra uscire da un libro di William Burroughs o da un dipinto di Goya. Con la sua voce sibilante e la figura inquieta, contribuisce a rendere il film un’esperienza lisergica. È la dimostrazione che, anche nei margini, Hurt sapeva lasciare un’impronta.
7. La proposta (2005), di John Hillcoat

In questo western australiano violento e poetico, Hurt interpreta Jellon Lamb, un ex soldato e cacciatore di taglie che racconta storie alcoliche e filosofeggianti nel deserto. È una figura stralunata e barocca, che porta un’energia imprevedibile nel film. Con il suo tono da cantastorie ubriaco e il suo sguardo da visionario, Hurt incarna un’umanità arcaica, affascinante e crudele. La proposta è un film estremo, fatto di silenzi e esplosioni improvvise, e lui vi si muove come un animale antico. Ogni frase sembra uscire da un poema oscuro. Hillcoat gli affida il compito di incarnare la memoria, la follia e la brutalità della colonizzazione. Ed è ancora una volta un’interpretazione magistrale, che trasforma una macchietta in una figura quasi mitica.
8. V per Vendetta (2005), di James McTeigue tra i film di John Hurt
Nel film distopico tratto dal fumetto di Alan Moore, Hurt interpreta l’Alto Cancelliere Adam Sutler, leader totalitario di un’Inghilterra futuristica caduta sotto una dittatura. È un ruolo fortemente caricaturale, ma Hurt lo rende credibile e agghiacciante. Il suo Sutler è un oratore megalomane, che urla i suoi ordini da uno schermo gigante, come un incrocio tra Hitler e Big Brother. Ma sotto la superficie, si intravede anche una fragilità: l’ossessione per il controllo, la paura del caos. È una performance teatrale, volutamente eccessiva, che però non scade mai nel ridicolo. Hurt si diverte a incarnare il Male, ma non dimentica mai di renderlo umano. E il contrasto con la figura ribelle di V ne esce amplificato.
9. Oxford Murders – Teorema di un delitto (2008), di Álex de la Iglesia

Un thriller matematico e cerebrale, ambientato nell’università di Oxford. John Hurt è Arthur Seldom, professore di logica coinvolto in una serie di omicidi connessi a simboli matematici. Accanto a lui, un giovane Elijah Wood cerca di risolvere l’enigma. Il film è un gioco intellettuale, a tratti troppo ambizioso, ma la presenza di Hurt gli conferisce autorevolezza e mistero. La sua figura da accademico scettico e brillante è perfetta per il contesto. E anche quando la sceneggiatura inciampa, lui resta magnetico. Ogni sua battuta suona come un assioma filosofico. È un ruolo che conferma la sua capacità di rendere credibile anche la complessità più astratta, e di portare carisma in ogni situazione.
10. That Good Night (2017), di Eric Styles tra i film migliori di John Hurt
L’ultimo ruolo da protagonista prima della sua morte, e una sorta di testamento artistico. Hurt interpreta Ralph, uno sceneggiatore cinico e malato terminale che cerca di ricucire i rapporti con il figlio prima di morire. Il film è tratto da una pièce teatrale e ha un tono intimo, sommesso, quasi da camera. Hurt domina ogni scena con una calma autorevolezza, portando in superficie tutte le sfumature di un uomo che ha vissuto troppo e amato poco. È un film sulla fine, sul perdono, sull’accettazione. E Hurt lo affronta con una tenerezza inedita. Ogni sua parola sembra un addio, ogni sguardo una lezione. È una chiusura perfetta per una carriera irripetibile, e un regalo al pubblico che lo ha seguito per decenni.