Il Testimone Invisibile: la spiegazione del film

Su cosa si basa Il Testimone Invisibile? Quali sono i dettagli per giungere alla verità? [ALLERTA SPOILER!]

È un remake quello di Stefano Mordini. Un thriller che pone la propria base sullo spagnolo Contratiempo di Oriol Paul. Un film che si apre, si esplora e si svela come se il pubblico – e, a tratti, gli stessi personaggi – fosse di fronte ad una scatola cinese. Il testimone invisibile è l’indagine che del proprio “omicidio perfetto” fa il fulcro della storia. Non mettendolo in atto, ma scoprendolo. Anzi, cercando di scoprirlo. Procedimento a cui lo spettatore si applica alla medesima maniera di chi, in quel pezzo di cronaca nera, si ritrova immischiato, sfoderando un’attenzione che sarà la via principale da seguire per cogliere gli elementi rilevanti.

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È sotto una determinata luce che bisogna, infatti, leggere il film ed è quella dei dettagli. È essenziale che, protagonisti e pubblico, pongano su questi il massimo della loro concentrazione. Sono i dettagli a saldare la plausibilità della storia, a rendere coerente e accettabile che, per soldi, bugie, segreti o amore, un gesto talmente infimo come il togliere la vita possa venir portato a termine. E di dettagli da osservare ne è pieno il film. L’accendino d’oro che il padre interpretato da Fabrizio Bentivoglio nota nella macchina della sconosciuta accolta in casa, lo stesso con cui chiede di accendere a Adriano Doria – un ottimo Riccardo Scamarcio -, il fatiscente impresario ridotto a unico imputato. Oppure la conta dei secondi dell’avvocatessa Virginia Ferrara – l’attrice Maria Paiato -, totalmente incentrata sul tempo che il signor Doria impiega per raggiungere una confessione e sintomo di una scadenza che potrebbe cambiare le sorti dell’indagine.

Il Testimone Invisibile e quella particolare attenzione ai dettagliil testimone invisibile cinematographe

Poiché non si tratta, infatti, di una professionista. L’avvocatessa Ferrara non è altro se non la moglie del Tommaso Garri di Bentivoglio, unica possibilità per i genitori del ragazzo scomparso di ottenere un corpo e, quindi, la verità. Venire a conoscenza di cosa realmente è successo a loro figlio. Ma la verità è stata sotto i nostri occhi sempre, fin quasi dal principio della pellicola. È, infatti, la nota e rilevante summa del Bardo a sancire la direzione del film, come si apprenderà bene soltanto alla fine, e che il personaggio di Tommaso Garri declama e quello della presunta femme fatale Laura – interpretata da Miriam Leone. Una massima che, rivedendo una seconda volta l’opera, è bene tenere a mente: “Tutto il mondo è un palcoscenico, e gli uomini e le donne sono soltanto attori.”. Shakespeare dà, dunque, l’intera chiave di lettura.

Un ulteriore richiamo che, il film, tenta di sottolineare nel momento in cui Laura giunge nella casa della famiglia Garri. Due maschere, due smorfie di differenti colori, una rossa ed una nera, sono poste e inquadrate per diversi secondi mentre la donna è in bagno, rappresentanti di quella teatralità di cui i coniugi sono, come tutti, portatori e di cui usufruiranno per far confessare l’assassino del figlio e, di conseguenza, del personaggio della donna.

La natura del doppio ne Il Testimone Invisibile e la spiegazione del finale del filmIl Testimone Invisibile cinematographe

È la natura del doppio che si inserisce nelle crepe del film di Mordini, reso palese soltanto dall’infrangersi della sicurezza dell’accusato Doria. L’insinuazione stessa di molteplici personalità – e, per andare ad allargare, di verità – fa in modo di scorgere dietro le lacrime e l’ingenuità del protagonista una duplicità che appartiene ad ogni singolo individuo dell’opera, ognuno disposto a sfruttarla a proprio favore. La fotografa Laura si ritrova così uccisa in una camera d’albergo chiusa dall’interno con Adriano Doria accanto, ferito alla testa e in preda ai giuramenti sulla propria innocenza. E a Laura, che non è permesso più di parlare, viene rubato il senso di colpa di cui si appropria falsamente l’uomo, rendendo la donna doppio e, così, anche se stesso.

È la teatralità la finestra attraverso cui vedere il thriller italiano – è, infatti, molto impostata la direzione recitativa della finta avvocatessa Ferrara – e che mostra ai personaggi e al pubblico la doppiezza di ogni individuo presente sul grande schermo. Un inganno che si svolge tutto sotto i nostri occhi, come se fossimo noi quell’ombra nella notte che osserva l’interrogatorio al protagonista Doria dall’altro capo del palazzo. Tutto è esattamente il contrario di ciò che viene raccontato. Bisogna abbassare la maschera per giungere al vero, come la stessa Maria Paiato platealmente toglie la sua di fronte a Riccardo Scamarcio e al pubblico, entrambi increduli.