Il prodigio: la storia vera dietro al film Netflix

Sarah Jacobs e le altre: chi sono le fasting girls che hanno ispirato il personaggio di Anna O’Donnell, protagonista de Il prodigio?

Sebbene l’intreccio alla base del film Il prodigio sia opera di finzione, Emma Donoghue, la scrittrice del romanzo da cui è tratto, ha rielaborato narrativamente uno spunto derivatole da fonti storiche: cronache, datate soprattutto tra XV e XIX secolo e riconducibili a Paesi diversi dell’Europa e dell’America del Nord, di digiuni miracolosi affrontati da ragazze giovanissime che, come il personaggio di Anna, sostenevano di poter fare a meno del cibo perché nutrite direttamente da Dio.

Il prodigio: il reale fenomeno delle fasting girls alla base dell’intreccio di finzione

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Florence Pugh, nel ruolo dell’infermiera Lib Wright, e Kíla Lord Cassidy in quello della piccola inappetente miracolosa Anna O’Donnell.

Il prodigio, da poco aggiuntosi al catalogo Netflix, racconta la storia di Anna O’Donnell, una bambina irlandese di undici anni che, nel 1862, è oggetto di un culto parareligioso perché sostiene di non aver bisogno di mangiare per vivere: le basta alimentarsi di “manna dal cielo”. L’infermiera inglese Lib Wright (Florence Pugh), formatasi in una scuola di eccellenza e veterana di guerra, viene assunta da un comitato locale affinché osservi la piccola digiunante e scovi, se mai vi sono, le ragioni scientifiche dietro quello che sembra a tutti gli effetti un miracolo inspiegabile razionalmente.

Il plot, riadattato a lungometraggio per il piccolo schermo dal regista cileno Sebastián Lelio, segue il romanzo di Emma Donoghue: l’autrice ha sì inventato la vicenda, ma ispirandosi a fatti reali. In particolare, al fenomeno delle fasting girls: tra il XV e il XIX secolo, in alcuni Paesi dell’Europa e dell’America del Nord (Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Stati Uniti e Canada) gli storici registrano casi – a dir vero inizialmente sparuti, poi progressivamente più ricorrenti – di ragazze molto giovani, preadolescenti o adolescenti, che rinunciano al cibo e giustificano la loro inappetenza con la volontà di nutrirsi soltanto della presenza di Gesù Cristo.

Il loro rapporto con l’alimentazione è simile a quello delle ‘moderne’ anoressiche: il cibo, eliminato dalla loro vita, è da loro concepito soprattutto come simbolo. Sostituito con niente – un niente ascetico; un niente che procede da un mondo superiore, di cui assume le sembianze surrogatorie -, il cibo rifiutato diventa strumento di una rivendicazione d’indipendenza da ciò che nutre, in primo luogo dalla madre (o anche, come vedremo nel caso di Sarah Jacob, dalla terra e dalle sue regole). Non è un caso che anche nel film il rapporto tra Anna e sua madre rappresenti un nodo conflittuale, centrale nella drammaturgia.

Sarah, Mollie e Therese: le giovani digiunanti realmente esistite dietro il personaggio di Anna

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A sinistra, Florence Pugh. A destra, un’immagine di Molly Fancher dormienti e l’illustrazione di una cronaca relativa alle ultime ore della ragazza gallese, Sarah Jacobs.

Emma Donoghue ha approfondito soprattutto tre casi tra quelli riportati dalle cronache storiche: la vicenda di Sarah Jacobs, quella di Mollie Fancher e quella di Therese Neumann. La prima, gallese, ha vissuto la sua infanzia negli anni Sessanta dell’Ottocento, esattamente come Anna O’Donnell. Ammalatasi gravemente a nove anni, Sarah dovette affrontare un periodo di convalescenza a letto. Immediatamente dopo aver cominciato a riprendere forze, decise di rifiutare il cibo che le veniva dato perché temeva che, ristabilitasi del tutto, avrebbe dovuto riprendere il lavoro nella fattoria di famiglia. I genitori, anziché scoraggiare la protesta implicita nel digiuno della figlia, pensarono bene di strumentalizzarla e dichiararono pubblicamente che la piccola stava privandosi di cibo e acqua da ormai due anni. Sei infermiere vennero incaricate di iniziare un’osservazione – come Lib Wright, nel romanzo e nel film – e restarono insieme alla bambina fino alla sua morte, sopraggiunta cinque giorni dopo il loro arrivo. I genitori vennero condannati per omicidio colposo.

La seconda, originaria di Brooklyn, studentessa perfezionista dai voti eccellenti, a diciannove anni, a seguito di una diagnosi di dispepsia – un disturbo che si manifestava attraverso un dolore alla parte superiore dell’addome per un senso di sazietà precocemente raggiunto –, cominciò a digiunare per lunghissimi periodi, senza riportarne apparenti conseguenze. Si attribuiva anche facoltà divinatorie. Nonostante l’opinione pubblica avesse spinto affinché venisse sottoposta all’attenzione della comunità scientifica, nessun medico incaricato di osservarla riuscì mai a dimostrare che stesse mentendo.

La terza, tedesca, cominciò a soffrire di cecità, disturbi gastrici e paralisi nel 1918, quando aveva vent’anni, dopo essere caduta da uno sgabello. Qualche anno dopo prese a rifiutare acqua e cibo: affermava di aver ricevuto la visita del santo a seguito della quale fare l’eucarestia le sarebbe bastato ad alimentarsi. Anche in questo caso, come in quello precedente, nessun uomo di scienza riuscì a dimostrare in termini razionali l’origine dei suoi poteri ‘sovrannaturali’. I sospetti che fosse suo padre a manovrarla, tuttavia, non vennero mai meno.

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