Il D-Day al cinema: lo Sbarco in Normandia in 10 iconici film

Il 6 giugno del 1944, poco dopo la mezzanotte, il cielo scuro e nuvoloso sopra il nord della Francia fu attraversato dalle sagome di più di 9000 aerei, mentre contemporaneamente quasi 7000 imbarcazioni si preparavano a rovesciare una forza d’attacco di 130mila uomini sulle spiagge della Normandia, preceduti da 25mila paracadutisti, lanciatisi dietro le linee tedesche per conquistare posizioni chiave nell’entroterra.

Quel 6 giugno 1944 infatti non era un giorno qualsiasi: era il D-Day, il giorno dell’assalto dalle forze alleate al Vallo Atlantico, la linea difensiva posta da Adolf Hitler a guardia di quella che lui stesso definiva “La Fortezza Europa”. Dopo le prime 24 ore apparve chiaro che gli alleati avevano creato una salda testa di ponte sulla penisola normanna, per quanto le operazioni sulla spiaggia avessero avuto un percorso alquanto diverso tra di loro. Nella cinque spiagge scelte infatti, le forze d’invasione avevano incontrato una resistenza che andava dal quasi inesistente o inconsistente (Utah Beach e Gold Beach), ostica solo inizialmente (Sword e Gold Beach), al sanguinoso e terrificante, come provarono sulla loro pelle i soldati che dovettero attaccare ad Omaha Beach.

Preceduto da un’accurata operazione di intelligence, nonché da trucchi ed inganni ben orditi che confusero i comandi tedeschi prima e dopo l’attacco, l’Operazione Overlord (questo il nome in codice scelto) impegnò qualcosa come un milione e mezzo di uomini da parte alleata e fu il frutto di anni di lavoro e preparazione. Essa rappresentò lo scontro tra due visioni del mondo, non solo due eserciti: da una parte gli ideali nazisti, dall’altra quelli democratici.

Si trattò, quel 6 giugno 1944, di uno dei giorni più importanti della storia recente, di certo di uno dei più celebrati, osannati e ricordati di sempre. In breve anche il cinema se ne impadronì, in seguito la televisione e persino i videogiochi, tanto che non è esagerato sostenere che lo sbarco del D-Day sia forse l’operazione militare maggiormente rappresentata e più famosa di tutti i tempi ancora oggi, a tanti anni di distanza.

In occasione dell’anniversario di una delle battaglie più decisive della storia, noi di Cinematographe.it, abbiamo deciso di ricordare assieme a voi i 10 migliori film dedicati dal cinema e dalla televisione ai tragici e gloriosi eventi di quel 6 giugno 1944.

Il D-Day in 10 iconici film

IKE: COUNTDOWN TO D-DAY

Il Generale e il suo esercito

Girato nel 2004 per la Televisione, Ike: Countdown to D-Day è un robusto ed interessante film che getta una luce di prima importanza sulle difficoltà con cui dovette avere a che fare il Comandante in Capo dell’Esercito alleato: Il Generale Dwight “Ike” Eisenhower. Personaggio tra i più rispettati ed amati della storia americana, due volte Presidente degli Stati Uniti, era un uomo molto benvoluto ed amato non solo dai propri compatrioti, ma anche dagli ufficiali e soldati dell’immenso esercito alleato, del quale lui era chiamato a coordinare e decidere le linee d’azione. Uomo umile, empatico, dotato non solo di spiccate capacità organizzative ma anche di una moralità ed intelligenza d’eccezione, non era nato per essere un condottiero, ma per comandare condottieri e per essere il fulcro di quello sforzo congiunto che permise agli Alleati di sopraffare gli eserciti dell’Asse.

Per quanto possa sembrare incredibile, Eisenhower prima del D-Day, nonostante perorasse ottimismo e sicurezza, era angosciato dalla possibilità di un fallimento in quei primi giorni di Giugno del 1944. Con l’invasione che si avvicinava, dovette fare i conti con condizioni meteo a dir poco proibitive, che lo costrinsero a rinviare il tutto di 24 ore per usufruire di un parziale rasserenamento che permettesse alle navi ed aerei alleati di partire. Dotato di ottime qualità di manager e di grande persuasività, Ike (questo il suo soprannome), in quei due anni di preparazione in Inghilterra, moltissime volte si aggirò tra i soldati ed avieri alleati, parlando ai quei giovani ragazzi che (per quanto ne sapeva) sarebbero potuti morire a causa dei suoi ordini. Tuttavia sapeva che era suo dovere infondere coraggio in quegli uomini e per questo, a poche ore dal via alle operazioni, si recò tra quei paracadutisti che per primi si sarebbero lanciati contro le difese tedesche per ridere, scherzare ed infondere coraggio. Di lì a poco avrebbe fatto sentire la sua voce in un proclama alle truppe passato alla storia, in cui asseriva di accettare solo “la vittoria totale” come esito delle operazioni.

Il film Ike: Countdown to D-Day diretto da Robert Harmon, si concentra quindi sul lavoro dietro le quinte, tra gli ufficiali e gli Stati Maggiori e mostra come Ike, al netto dell’ottimismo e della sicurezza sbandierate, avesse preparato un’altro messaggio, da consegnare alla stampa in caso di sconfitta, nel quale si assumeva la piena responsabilità dell’esito negativo. Interpretato da un ottimo Tom Selleck, l’Eisenhower visto in questo film ci ricorda quanto importante fu per l’esito della guerra la qualità della leadership tra i due fronti, quanto meticolosa ad assidua fosse la preparazione e soprattutto quanto solitaria sia la via di chi ha l’onere della corona.

 

THE AMERICANIZATION OF EMILY

Una commedia romantica innovatrice e antimilitarista

Diretto da Arthur Hiller a vent’anni esatti dallo sbarco e tradotto in Italia con un osceno Tempo di Guerra Tempo d’AmoreThe Americanization of Emily merita di essere citato in questa lista in quanto film tra i più intelligenti, anticonformisti e spiazzanti degli anni 60, con un cast che comprendeva nientemeno che James Garner, Julie Andrews e James Couburn. Antesignano del filone anti-militarista che di lì a poco (con la Guerra del Vietnam) avrebbe invaso quasi ogni genere cinematografico, il film di Hiller era tratto dall’omonimo romanzo di  William Bradford Huie e adattato dallo sceneggiatore Paddy Chayefsky.

Protagonisti erano l’ufficiale americano dell’aviazione Charlie Madison (Gardner) e la bella autista dei Corpi Ausiliari Femminili di sua maestà Emily Barham (Andrews), che ha perso praticamente tutta la sua famiglia in guerra. Madison in realtà fa ben poco di glorioso in guerra, se non imboscarsi e procurare beni e generi di conforto agli Ufficiali dello Stato Maggiore, molti dei quali dei fanatici megalomani. L’amore che nasce tra i due è fonte di sofferenza per Emily, che teme di perdere un’altra persona amata e che è al tempo stesso ammirata e disgustata dalla codardia di Charlie. In breve tra i due il rapporto si farà burrascoso, instabile e con esiti imprevedibili, dovuti al fatto che Madison sarà con il suo aereo il primo ad attaccare le spiagge normanne.

Sincero, originale, umano, impreziosito da una performance straordinaria da parte dei due interpreti (che a tanti anni di distanza ancora lo indicavano come il loro film preferito) The Americanization of Emily ci permette di capire quanto la società inglese e quella americana siano profondamente cambiate durante gli anni di preparazione al D-Day, quanto entrambe si siano influenzate a vicenda in modo assolutamente unico. I costumi, le idee, la politica, il rapporto tra i sessi, tutto questo venne sconvolto e cambiato non solo dalla guerra ma soprattutto dalle persone che vi rimasero coinvolte e che non furono mai più le stesse. Gli americani divennero un po’ inglesi, gli inglesi (come suggerito dal titolo) un po’ americani. Si tratta di un film anti-militarista, intelligente, che sovverte i canoni presenti nel film bellico classico, mostrando la “codardia” come via di fuga e di libertà, amore per la vita e intelligenza, non come debolezza. A modo suo un film anarchico, che rivendica la libertà di ognuno di scegliere il proprio destino senza essere influenzato dalla retorica e da quel patriottismo che altro non è che l’anticamera del totalitarismo.

 

DOVE OSANO LE AQUILE

La guerra tra spie

A pochi giorni dal D-Day, un gruppo di commandos britannici è mandato a recuperare il Generale americano Carnaby, catturato dai tedeschi e tenuto prigioniero in un castello sulle Alpi bavaresi. Il Generale non è un uomo qualsiasi, ma l’ideatore del piano di invasione e se interrogato dai tedeschi, potrebbe rivelare i piani dettagliati dell’Operazione Overlord, compromettendo in modo irreparabile il piano alleato. Il gruppo scelto però si trova subito a mal partito, con la morte non accidentale di due membri mentre gli altri sono catturati, ad eccezione del Maggiore Smith (Richard Burton) e del Tenente Schaffer (Clint Eastwood). In breve i due si vedranno costretti ad ogni peripezia per liberare il prigioniero, eliminare ogni fuga di notizie e fuggire dal territorio nazista.

Tratto dal romanzo di Alistair MacLean, Dove Osano le Aquile è senza alcun dubbio uno dei film d’azione più famosi di tutti tempi, diretto con abilità sensazionale da Brian Hutton e assurto a simbolo di ogni qualsivoglia film di genere. Attraversato da uno humor nero gradevolissimo e da scene d’azione palpitanti, il film ha il merito di ricordare quanto l’intelligence fu importante nel teatro di guerra del secondo conflitto mondiale e soprattutto di quanto abili si dimostrarono gli alleati nel confondere i tedeschi, con false piste e falsi allarmi prima e durante lo sbarco sulle coste della penisola del Cotentin. Sovente gli alleati furono in grado di usare a loro insaputa le spie tedesche nel loro territorio, fornendo a quest’ultime false informazioni tramite falsi agenti doppiogiochisti. Il film ha sicuramente il suo momento più riuscito nella scena in cui il Maggiore Smith, improvvisando, inganna il sopraggiunto ufficiale della Gestapo, il Maggiore Von Hapen, convincendolo di essere di fronte a uno sventato piano per uccidere il Furher.

Al di là della perfezione nel creare una tensione crescente e dei movimenti di macchina, è importante notare come in fin dei conti la scena ricrei perfettamente in chiave metaforica uno dei motivi chiave dietro la sconfitta tedesca: una catena di comando inefficiente e la totale mancanza di fiducia degli uni verso gli altri, causata dalle lotte per spartirsi potere e ricchezze tra i gerarchi di Hitler.

 

LA CRUNA DELL’AGO

Il grande inganno

Se poco fa parlando di Dove Osano le Aquile avevamo parlato di inganni e sotterfugi che permisero agli alleati di confondere i tedeschi circa il luogo esatto della sbarco, ebbene pochi esempi sono più calzanti di La Cruna dell’Ago (The Eye of the Needle il titolo originale) film del 1981 tratto dal celebre best-seller di Ken Follett.

Ambientato nell’Inghilterra del 1944 ha come protagonista il risoluto e freddo Henry Faber (Donald Sutherland), spia nazista che è in Inghilterra per scoprire i piani alleati riguardanti l’invasione della Francia. Sulla sua strada lo spietato agente troverà mari in tempesta, l’MI6 britannica e soprattutto la triste Lucy (Kate Nelligan), sposata all’ex pilota della Raf David (Christopher Cazenove) costretto sulla sedia a rotelle per un incidente stradale. La giovane e infelice coppia di sposi vive in una piccola isola al largo della Scozia, dove naufraga l’imbarcazione a bordo della quale Henry sta cercando di prendere il largo per essere raccolto da un U-Boot tedesco, che dovrebbe riportarlo in patria con le prove che ha raccolto e che rivelano un’incredibile verità.

I tedeschi fino a quel momento infatti con le loro fotografie aeree hanno trovato numerosi campi di addestramento e mezzi alleati nell’East Anglia, cosa che sembrerebbe confermare le teorie dei generali tedeschi e di Hitler stesso: l’invasione avverrà a Calais. Tuttavia Henry scopre che gli accampamenti in questione sono vuoti e che i mezzi sono fatti di compensato o gomma, insomma che tutto è una montatura orchestrata ad arte dagli alleati. Il vero obbiettivo è la Normandia. Naufragato su quell’isola mentre cerca di portare le prove al sicuro, si troverà in breve invischiato in una storia d’amore imprevedibile e incontrollabile con la giovane Lucy, la quale non ci metterà molto a scoprire con chi ha a che fare. Entrambi si troveranno a dover scegliere tra la passione, tanto più forte perché nata in tempo di guerra e solitudine e la fedeltà al proprio paese.

Il film, carico di tensione, colpi di scena e che approfondisce in modo perfetto la psicologia dei personaggi, è di pura fantasia, ma l’inganno descritto fu tremendamente reale ed efficace. Vi invitiamo a recuperarlo, dal momento che si tratta di uno degli spy-thrillers migliori degli anni 80!

 

QUELLA SPORCA DOZZINA

Una banda di tagliagole per un film divenuto leggenda

Diretto dal grande Robert Aldrich, Quella Sporca Dozzina è sicuramente uno dei film legati al secondo conflitto mondiale più famoso di tutti i tempi. Di certo quello che ha avuto un’influenza su moltissimi altri film, fumetti e videogiochi venuti dopo, difficilmente eguagliabile, se non dalle pellicole di Kurosawa o dagli spaghetti western di Leone (che proprio in quegli anni conquistava il mondo). Naturalmente anch’esso (come molti altri di questa lista) era tratto da un romanzo omonimo, in questo caso scritto da  E. M. Nathanson.

La storia è molto semplice: poco prima del D-Day, il comando alleato decide di mettere su una squadra speciale, comandata dall’energico e irascibile Maggiore John Reisman (Lee Marvin), che avrà come compito quello di conquistare uno chateau francese e di massacrarvi tutti gli ufficiali tedeschi lì presenti, di modo da gettare ancor più nel caos il comando germanico. La missione è praticamente suicida, ed infatti ne fanno parte alcuni tra i peggiori elementi delle carceri militari, tutti sostanzialmente condannati a morte o quasi. Tuttavia nel caso di successo, gli viene promessa la grazia, ma per farne un gruppo unito e coeso al Maggiore Reisman servirà molta fortuna, caparbietà e pure un bel pò di maniere forti, come risulta chiaro fin dalla prima scena, probabilmente una delle più famose della storia del cinema, dove i vari personaggi vengono “presentati” al pubblico.

La produzione non era sicura del successo del film, eppure dovette ricredersi, dal momento che grazie alla straordinaria regia di Aldrich, ad un cast di assoluto livello che comprendeva Ernest Borgnine, Charles Bronson, Jim Brown, John Cassavetes, Robert Ryan, Telly Savalas, Robert Webber e Donald Sutherland, il film si rivelò il più grande successo di quel 1967. A conti fatti però, il film aveva molto di vero al suo interno, come abbiamo già evidenziato in passato con un focus apposito. In sostanza tutta la vicenda molto doveva alle imprese compiute dai famigerati Filthy Thirteen, un corpo scelto di commandos sabotatori della 101° aviotrasportata americana, incaricati dei compiti più pericolosi e che sarebbero scesi per primi tra le linee tedesche prima del D-Day.

Divertente, violento, militarista nell’ambientazione ma anti-militarista nei contenuti, il film di Aldrich è perfetto per farci capire (pur con le esagerazioni del caso) quanto difficile fu creare un esercito dal niente, quanto costò in termini di tempo, fatica e vite umane creare da una massa di contadini, operai, tassisti, studenti, ragazzi di città e chi più ne ha più ne metta, provenienti da esperienze, mondi e vite diverse, le legioni che avrebbero abbattuto l’esercito hitleriano. A modo suo il film ebbe anche il pregio di ricordarci come in quella guerra avvenne un prima, timida, apertura sulla questione razziale da parte degli statunitensi, dal momento che anche le truppe di colore ebbero un ruolo importante nell’invasione ed in Inghilterra sopratutto non esisteva segregazione razziale. In ultima analisi Quella Sporca Dozzina fu anche un commovente tributo all’amicizia virile, soprattutto a quella nata in guerra, perché “In guerra” come diceva Mario Rigoni Stern “alla fine abbiamo anche cantato assieme“.

 

STORMING JUNO

Non fu una battaglia solamente americana

Il cinema e non solo ha fatto in modo che quasi sempre si pensi che il D-Day sia stata una battaglia sostanzialmente americana, mentre invece anche le truppe britanniche, canadesi, nonché le forze di resistenza francesi ebbero un ruolo tutt’altro che secondario in quel 6 giugno 1944. Ben tre delle cinque spiagge scelte per lo sbarco (Juno, Sword e Gold questi i nomi in codice) furono attaccate da truppe canadesi, inglesi, norvegesi, polacche, olandesi e anche dai volontari del riunito esercito francese. A parte qualche film e un paio di serie tv minori però, Hollywood ha sempre bistratto gli alleati, dando a loro sovente ruoli marginali, a fronte di una celebrazione senz’altro giusta ma un po’ anche esagerata e soprattutto di parte.

Tra gli esempi migliori o comunque più coraggiosi vale la pena ricordare Storming Juno, un film-documentario canadese del 2010 che parla della durissima prova a cui furono sottoposte la 3° divisione di fanteria e la 2° brigata corazzata canadesi, nonché il 48° Royal Marine Commando inglese sull’omonima spiaggia che, dopo quella di Omaha Beach, dette più problemi al fronte alleato e comportò le maggiori perdite.

Diretto da Tim Wolochatiuk, questo film per la televisione non ha chiaramente dalla sua la spettacolarità dei mezzi degli omologhi americani, ma nonostante ciò è curato nei minimi dettagli, pieno di testimonianze preziose e soprattutto moderno nel ritmo, nel ricreare le vere storie dei reduci (intervistati e presenti all’interno dell’iter narrativo), illuminando con una luce nuova quegli eventi del 6 giugno 1944. Il tutto è da considerare un omaggio accorato, riconoscente ma mai retorico al coraggio e al sacrificio di chi, arrivando da una terra tanto lontana, sacrificò la propria vita su quelle fredde e terribili spiagge normanne, battute dall’incessante fuoco tedesco. Il risultato è sicuramente sorprendente e dotato di un’accuratezza storica seconda a poche, a dimostrazione che la storia ha molte chiavi di lettura e può essere narrata in molti modi differenti.

 

INGLORIOUS BASTERDS – BASTARDI SENZA GLORIA

Tarantino firma un capolavoro tra storia, citazioni di genere e decostruzione

Remake del film cult di Enzo Castellari Quel Maledetto Treno Blindato, Bastardi Senza Gloria ha permesso a Tarantino di parlare della seconda guerra mondiale come mai si era fatto prima, abbracciando ad un tempo gli action movie fine anni 60 come Quella Sporca Dozzina o Dove Osano le Aquile (di cui abbiamo parlato poc’anzi), i film di genere italiani e gli spaghetti western, tutti amatissimi dal regista italo-americano. Di certo tra tutti i film presenti in questo nostro elenco, Bastardi Senza Gloria è quello più strano, più fantasioso, meno legato alla storia vera eppure da un certo punto di vista anche il più politico e anti-retorico, visto che demolisce in poco tempo gran parte dell’epica hollywoodiana sul secondo conflitto mondiale, sulla “purezza” del soldato americano e soprattutto sull’ingombrante verità circa i salvacondotti elargiti a tanti nazisti in cambio di informazioni, favori o anche solo in ottica anti-sovietica.

Il cast è un mix tra pezzi da novanta e caratteristi europei: Brad Pitt, Christoph Waltz, Daniel Brühl, Gedeon Burkhard, Michael Fassbender, Eli Roth, Diane Kruger, Denis Ménochet, Mike Myers, Til Schweiger e Mélanie Laurent. Tutti assieme, guidati dalle esperte mani di Tarantino, si muovono in un assurdo dramma denso di dark humor, sangue, morte e fantasia, dove protagonista è il concetto di vendetta e violenza generalizzate, di caos senza freni, di mancanza totale di regole. Il commando di ebrei-americani che si lancia poco prima dell’invasione (omaggio ai tanti israeliti che decisero di arruolarsi e combattere il nazismo) altro non è che la personificazione della vendetta che chiama vendetta, dell’occhio per occhio che dai faraoni è giunto al terzo millennio, dai campi di concentramento ai campi profughi di Gaza.

Ricco di scene suggestive e studiate nel minimo dettaglio, paradiso del piano sequenza vecchio stile come dell’estetica moderna da videoclip, di dialoghi da far invidia ai film di Sergio Leone e da una colonna sonora perfetta, Inglorious Basterds ha nel finale forse il momento più bello, più politico e che ci ricorda quanto quei ragazzi morti sulle spiagge normanne non siano stati del tutto onorati, perlomeno da chi si dimenticò troppo in fretta dei crimini nazisti in nome della “Real Politik”, lasciando che assassini e criminali potessero farla franca. E senza neanche una svastica incisa sulla fronte a marchiarli vergognosamente a vita come meritavano!

 

THE LONGEST DAY – IL GIORNO PIU’ LUNGO

Il D-Day nel kolossal bellico per eccellenza

Opera monumentale e a più mani, diretto contemporaneamente da Ken Annakin, Andrew Marton, Bernhard Wicki, Gerd Oswald e Darryl F. Zanuck, basato sull’omonimo e famosissimo resoconto storico di Cornelius Ryan (qui anche sceneggiatore), Il Giorno Più Lungo rimane senza ombra di dubbio il miglior kolossal bellico mai fatto nella storia del cinema. Ineguagliato per potenza dei mezzi, grandiosità della messinscena (soprattutto per quel 1962) e per la qualità di un cast irripetibile nella storia del cinema per classe e numero, nonché per la particolarità che molti di loro avevano servito durante il secondo conflitto, alcuni addirittura durante il D-Day, annoverava divi del calibro di: John Wayne, Edmond O’Brien, Kenneth More, Richard Todd, Robert Mitchum, Richard Burton, Steve Forrest, Sean Connery, Henry Fonda, Red Buttons, Peter Lawford, Eddie Albert, Jeffrey Hunter, Stuart Whitman, Tom Tryon, Rod Steiger, Leo Genn, Gert Fröbe, Irina Demick, Bourvil, Curd Jürgens, Robert Wagner, Madeleine Renaud, Paul Anka e Arletty protagonisti di un film divenuto classico già un minuto dopo essere uscito nelle sale.

Tutti assieme, tutti volti e voci dei tanti, tantissimi protagonisti di un film che ripercorreva quelle 24 ore che decisero le sorti del secondo conflitto mondiale, dando spazio non solo agli alleati, ma anche alla controparte tedesca, per una volta dipinta non sadica e malvagia, ma umana, formata da soldati coscienziosi, disciplinati e fieri pur nella certezza della sconfitta. Una sconfitta che di certo si materializzò allo stesso apparire della gigantesca flotta alleata, evento ricreato in modo perfetto nel film, in una sequenza che ancora oggi impressiona e colpisce per la maestria con cui venne riprodotto il terrore provato da quei tedeschi che si videro spuntare dalla foschia mattutina la più grande flotta della storia.

Nessun altro film prima di allora aveva trattato in modo altrettanto perfetto gli eventi di una singola battaglia, con tanta e tale precisione, abbondanza di mezzi e (soprattutto) efficacia. Il Giorno Più Lungo prendeva il nome dalla definizione che il leggendario Generale tedesco Erwin Rommell, incaricato di soprassedere alla costruzione del Vallo Atlantico, aveva dato del giorno in cui sarebbe cominciata l’invasione: “Le prime 24 ore dell’invasione saranno cruciali. Lo saranno per gli alleati certo, ma soprattutto per la Germania. Sarà il nostro giorno più lungo…sarà Il Giorno Più Lungo!”. E altrettanto si può dire del film, che lungo più di tre ore offrì una panoramica perfetta di quella giornata drammatica e gloriosa, dando egual spazio a tutte le nazioni presenti sul campo, nel pieno rispetto dei sacrifici e degli sforzi compiuti per abbattere la tirannia nazista. Tra tutte le sequenze girate, una delle migliori è sicuramente quella inerente l’attacco dei Royal Commandos Canadesi al porto di Ouistreham. Siamo di fronte ad Hollywood che si mostra in tutto il suo splendore.

Il Giorno Più Lungo non era antimilitarista, ma neppure militarista, rivendicava la giustezza di quella guerra, degli ideali che muovevano a farla, senza però negare come anche quella battaglia, quella crociata per liberare l’Europa fosse crudele, orrenda per quanto necessaria. Naturalmente non mancavano i momenti “ammerikani”, come testimoniato dalla presenza di quel John Wayne che personificava in modo fedelissimo quell’atteggiamento spaccone, entusiasta, arrogante e un pò volgarotto che però forse fu la chiave per la vittoria statunitense anche su quelle spiagge normanne. Qui è un John Wayne d’annata, nel pieno della sua monumentalità americana, se così si può dire. Il film, pure a tanti anni di distanza, rimane un gioiello di grandissima fattura.

 

BAND OF BROTHERS – FRATELLI AL FRONTE

Nella serie targata Spielberg e Tom Hanks, l’epopea dei paracadutisti americani

Prima di Games of Thrones, prima di Westworld o di Breaking Bad, prima di Gomorra, prima di tutto questo, ad aprire la strada al nuovo mondo delle serie tv del terzo millennio, alla loro potenza ed influenza c’è stata lei: Band of Brothers. Creata sull’onda del successo di Salvate il Soldato Ryan, prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks, riprendeva la vera storia dei membri della Compagnia Easy del 506° Reggimento della leggendaria 101° Divisione Aviotrasportata (le celebri Screaming Eagles), tra i migliori e più amati soldati della storia dell’esercito americano. Quella compagnia in particolare, si coprì di gloria e pagò un prezzo altissimo durante il D-Day e nei giorni a seguire; grazie alla Serie Tv (elaborata partendo dall’omonimo libro di memorie di Stephen Ambrose), si rese nota al mondo la terribile e straordinaria avventura di questi ragazzi di New York, San Francisco, Chicago, Houston…che avevano deciso per i motivi più disparati di entrare tra quei paracadutisti di cui non sapevano poi molto (erano un’arma mai sperimentata prima dagli alleati, non dai tedeschi che l’avevano inventata). Fin dalla sigla di apertura il pubblico intuì di essere di fronte a qualcosa di diverso da quei telefilm che sovente erano involontariamente ridicoli o maldestri per pochezza di mezzi e di intenti. Qui avevano di fronte qualcosa di completamente diverso.

Curato a livello maniacale nelle maestranze, nella regia, pensato per essere un kolossal lungo 10 puntate, creò un iter narrativo di incredibile successo nel mondo intero, tanto che persino in Italia dalla seconda serata passò alla prima, spinto da un pubblico a dir poco entusiasta. Il D-Day riviveva nelle peripezie belliche di una compagnia, anzi di un Banda di Fratelli, che condivisero assieme tormenti, paure, battaglie e ferite per anni, creando tra di loro un legame fortissimo, che sopravvisse per decenni e che ancora oggi lega i pochi (e quasi centenari) sopravvissuti. Il cast comprendeva attori già noti ed altri che in seguito avrebbero fatto parlare di sé in altre serie o in film diventati di culto. Molti oggi sono divi osannati in ogni dove, che proprio grazie a quella serie riuscirono a mettersi in mostra: Damian Lewis, Ron Livingston, Donnie Wahlberg, Scott Grimes, Rick Gomez, Michael Cudlitz, Ross McCall, James Madio, James McAvoy, Micheal Fassbender, Tom Hardy, Dexter Fletcher, George Calil, Stephen Graham, Neal McDonough, Matthew Settle, Kirk Acevedo, David Schwimmer…l’elenco potrebbe continuare a lungo.

La serie ebbe un successo tale da aprire la strada ad una simile, questa volta ambientata sul fronte del Pafico ed intitolata The Pacific, e convinse altri registi (come Clint Eastwood) che il cinema bellico, in particolare quello della Seconda Guerra Mondiale, aveva ancora molto da raccontare. Band of Brothers ricreò in modo perfetto le ore dell’invasione, la terribile paura di quei ragazzi che nonostante il duro addestramento e la selezione, non avevano alcuna esperienza di combattimento. Molti di loro morirono nei primi minuti dopo il lancio. Coadiuvata da consulenti e storici di grande caratura, con effetti speciali e visivi di grande qualità, la serie rese spettacolari e minuziose tutte le battaglie e gli scontri che la Compagnia Easy dovette affrontare in Normandia, Francia, Olanda, Belgio e Germania. Su tutti forse il più memorabile è quello che avvenne il 13 giugno presso la Collina 30, ancora oggi uno dei più celebrati nelle memorie dei reduci.

Ottimo anche nell’approfondire la psicologia dei personaggi, la loro evoluzione, nel mostrare non solo la parte adrenalinica ma anche quella quotidiana, umana, miserevole e sporca del mondo militare, senza glorificare la guerra riuscì a rendere omaggio agli uomini a cui dobbiamo gran parte della libertà di cui oggi godiamo. Band of Brothers è senza dubbio la miglior serie bellica mai creata e non è al primo posto della nostra classifica per il semplice fatto che la prima posizione spetta di diritto a quello che forse possiamo definire il migliore o se non altro il più importante war movie di ogni tempo.

 

SAVING PRIVATE RYAN – SALVATE IL SOLDATO RYAN

Il capolavoro di Spielberg, tra storia e contemporaneità

4 settembre 1998, Mostra del Cinema di Venezia. Il pubblico e la critica appena usciti dall’anteprima del nuovo film di Steven Spielberg non riescono a nascondere l’emozione e il fortissimo impatto avuti da quello che già in quel momento viene definito il miglior film di guerra mai fatto. Le esagerazioni sono di casa quando si parla di Hollywood e guerra, così anche di film a Venezia, ma per una volta è tutto vero: Salvete il Soldato Ryan è davvero un capolavoro. Ma forse definirlo tale è riduttivo. Non è solo un grandissimo film, è un film che cambia per sempre il modo di fare cinema, di fare un certo cinema, dal punto di vista estetico, concettuale, nessuna scena di guerra, nessuna sequenza d’azione sarà più girata allo stesso modo, né tanto meno pensata o concepita senza prima fare riferimento a questa ennesima prova del genio registico di Steven Spielberg.

Ispirato alla vera vicenda del soldato Frederick “Fritz” Niland della 101° Aviotrasportata, il film ci mostra l’orrendo sbarco americano nel D-Day ad Omaha Beach. Teoricamente tra i più semplici, divenne un bagno di sangue per la totale inefficacia dei bombardamenti navali e aerei alleati che lasciarono pressoché intatte le difese tedesche. Protagonista è il Capitano John Miller (uno straordinario Tom Hanks) comandante di una compagnia di quei Rangers americani, che in quell’inferno ributtante furono i più valorosi tra i valorosi. Miller ed alcuni dei suoi uomini sopravvivono alla battaglia, conquistando le posizioni tedesche, salvo poi trovarsi pochi giorni dopo incaricati di una missione particolare dall’alto comando: trovare un soldato della 101° e riportarlo a casa, dal momento che nel giro di pochi giorni i suoi tre fratelli sono stati uccisi in battaglia e si è deciso di rimandarlo a casa da sua madre, nell’Iowa. Per Miller ed i suoi uomini comincia un’odissea tra le frammentate linee del  neonato secondo fronte.

Film pieno di domande più che di risposte, Salvate il Soldato Ryan passa alla storia per i primi 25 minuti, dedicati allo sbarco ad Omaha Beach, senza ombra di dubbio i più impressionanti e realistici mai visti in un film di guerra. Non hanno semplicemente impressionato: quei 25 minuti si sono conquistati da soli un posto nella storia del cinema, tanto che ancora oggi quando si pensa allo sbarco in Normandia le prime immagini che vengono in mente sono quelle create con tanta maestria e talento da Spielberg. Il resto del film segue l’iter già visto di un gruppo di uomini diverso in tutto e per tutto, facenti parte di un reparto che deve eseguire una missione, attraverso un paese in preda al caos, dove la morte può arrivare da ogni dove senza alcun preavviso.

Con un cast sensazionale per coesione ed efficacia, comprendente oltre che Hanks anche Tom Sizemore, Edward Burns, Barry Pepper, Giovanni Ribisi, Vin Diesel, Adam Goldberg, Matt Damon e Jeremy Davies, Salvate il Soldato Ryan è senza ombra di dubbio un film dove le maestranze (effetti visivi e suono in particolare) la fanno da padrone, assieme ad una colonna sonora a dir poco perfetta e ad un montaggio che è pura arte. Pur seguendo l’iter classico del film di guerra hollywoodiano, lo decostruisce, lo ricrea seguendo un realismo che non interessa solo la messa in scena dell’evento bellico, ma anche la psicologia ed il comportamento degli uomini in armi. La guerra ha le sue leggi, la sua illogicità che non lascia spazio a nessuno, la sua totale mancanza di una razionalità che sfugge dalle mani quando si pensa di averla.

Quanto vale la vita di Ryan? Vale più o meno di quella dei soldati incaricati di trovarlo? Chi è il nemico? È così diverso da noi? E perché il dolore della madre di questo soldato sconosciuto è più importante di quello degli altri? Domande senza risposta, che però sono un tutt’uno con il significato ultimo del film: la guerra non ha un senso per chi tra gli uomini si aggrappa a razionalità o alla ricerca di una seppure minima logica. La guerra segue il suo corso, incurante dell’assenso o meno degli uomini, delle loro storie, dei loro sogni e desideri, delle loro paure. Il film di Spielberg rende come ogni altro il concetto di guerra come evento traumatico senza pari per la mente di chi vi partecipa, mostra come essa distrugga ogni empatia, ogni speranza o umanità nel cuore di chi vi è trascinato dentro.

Nessun altro film ha reso così tanto omaggio alle sofferenze (non solo fisiche) di chi combatté quel giorno e state pur certi che nessuno riuscirà più ad eguagliare la potenza espressiva di un film capace come nessun altro di trascinare lo spettatore dentro la battaglia, tra i proiettili, le urla, la paura e la tensione che dovettero affrontare quei ragazzi in quei giorni pieni di morte, speranza e caos. Certo si tratta di un testamento, del testamento cinematografico della “Generazione Gloriosa”, quella che sconfisse Hitler, l’ultima capace di poter rivendicare la giustezza della propria causa, la nobiltà dei propri intenti e dei propri sacrifici, lontani da logiche oscure e senza senso. Forse che anche la guerra può essere qualcosa di positivo? Avere effetti benefici? In certe parti Salvate il Soldato Ryan smette di essere film di guerra e diventa film sulla guerra, sulla filosofia della guerra, su come l’uomo cerchi di fare i conti con questo mostro orrendo che si nutre di carne umana fin dall’inizio dei tempi.

A conti fatti è stato proprio grazie al film di Spielberg se quella guerra, soprattutto quella battaglia, sono divenuti immortali nell’immaginario collettivo, se videogiochi, serie tv, romanzi e quant’altro ad esso ispirati sono divenuti così popolari, così importanti anche per le nuove generazioni, così prive di eroi, di cesure tra bene e male, da scoprirsi amanti di un passato lontano ma assieme vicino, in quanto motore di quell’epoca pop in cui noi tutti siamo coinvolti.

Perché alla fin fine, il D-Day segnò non solo la sconfitta, l’inizio della fine per Hitler, ma anche la vittoria di un sistema culturale ancora oggi vivo tutto intorno a noi.