Editoriale | Il Cavaliere Oscuro compie 10 anni: filosofia e analisi di un capolavoro

Nel 2008 usciva nelle sale americane uno dei capolavori di Christopher Nolan, Il Cavaliere Oscuro, un film destinato a fare la storia nel filone dei cinecomic dedicati a Batman, imponendosi però con un film d'autore, stratificato e introspettivo.

Scrivere di un film come Il Cavaliere Oscuro, tirarne le somme, discutere dell’eredità del secondo episodio (sicuramente il più amato) della trilogia di Nolan dedicata all’Uomo Pipistrello è quantomai complesso, difficile e (soprattutto) votato ad una parzialità ed insufficienza assolutamente inevitabili, visto che servirebbero libri per rendere omaggio ad un film di tale magnificenza. Ma è qualcosa che va fatto, che noi vogliamo fare, perché stiamo parlando di un film di cui sia il pubblico che la critica hanno da subito compreso che avrebbe fatto la storia, cambiato tutto per sempre.

Era il 2008, l’anno dell’eclissi solare, dell’acqua scoperta su Marte, delle Olimpiadi a Pechino, di Barack Obama eletto Presidente della Casa Bianca, della Spagna che vince gli Europei, di Berlusconi che torna al Governo, della Crisi Economica più spaventosa dal 1929, ma il 14 luglio le prime recensioni fecero capire che sarebbe stato anche l’anno di Christopher Nolan e del suo Il Cavaliere Oscuro (The Dark Knight).

Il Cavaliere Oscuro: oggi sappiamo che solo Heath Ledger avrebbe potuto regalarci un Joker così

Tutto veniva fatto ripartire da dove Nolan aveva lasciato il pubblico con il primo Batman Begins, con Il Cavaliere Oscuro che però ampliava, decostruiva e ricostruiva allo stesso tempo il personaggio, il suo passato, le sue motivazioni, lo faceva muovere all’interno di un labirinto caotico di scatole cinesi, dove cacciatore e preda sovente si invertivano la parte senza alcun tipo di preavviso.
E la “preda” in questione era come non se ne erano mai viste prima! Molti tra i fan di Batman avevano storto il naso quando si era venuti a conoscenza che sarebbe stato Heath Ledger a raccogliere il testimonial di Jack Nicholson, ed ad interpretare quel Joker che da decenni era ritenuto uno dei migliori cattivi mai concepiti.
Anche perché, diciamocelo: dopo i bellissimi film di Tim Burton (se siano migliori i suoi o quelli di Nolan ancora oggi è guerra tra fan!), erano arrivati i due osceni seguiti diretti da Joel Schumacher, assolutamente indegni e strampalati, ed ovviamente i fan erano terrorizzati all’idea di un altra scelta errata.

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Ebbene, il film di Nolan ci donò un’interpretazione che ha fatto la storia del cinema, che ancora oggi, dopo dieci anni, è punto di riferimento per ogni performance attoriale ad esso collegata; oggi sappiamo che nessuno come Heath Ledger avrebbe saputo donarci un ritratto così folle, sincero, perfetto ed inquietante del clown più pericoloso mai concepito, del nemico per eccellenza di quel Batman che riviveva nelle nevrosi e nei dubbi di un Christian Bale spettacolare.
Il Cavaliere Oscuro ci mostra una Gotham apparentemente pacifica, ma dove in realtà si insinua la rivalsa di un mondo del crimine che tramite il Joker pensava di tornare ai bei tempi in cui l’esempio dell’Uomo Pipistrello non era seguito né da poliziotti né da magistrati, primi tra tutti il Commissario Gordon e il nuovo Procuratore Harvey Dent.
Proprio Dent crea sentimenti contrastanti in Batman, che scopre di avere in lui un rivale in amore con Rachel Dawes, eterna promessa di una vita “normale” che brama ed insieme fugge così come ama ed insieme odia se stesso.

La perfezione registica de Il Cavaliere Oscuro 

Il Cavaliere Oscuro Cinematographe.it

Diretto in modo assolutamente perfetto, coadiuvato da una fotografia, un montaggio ed una colonna sonora assolutamente divine, Il Cavaliere Oscuro spinse ai limiti ciò che il pubblico era abituato a vedere al cinema in fatto di supereroi, sia come mezzi ma soprattutto per la complessità della trama (frutto di un lavoro a quattro mani tra Christopher Nolan e il fratello Jonathan), l’inarrivabile lavoro fatto coi personaggi, le scene d’azione girate non con la CGI ma “alla vecchia maniera”.
Dopo dieci anni inutile dire che purtroppo il lavoro fatto da Nolan sia stato sostanzialmente ignorato dal mondo del cinema, che ha preferito virare sugli effettoni digitali, l’umorismo talvolta trash e un ingente quantitativo di déjà vu, piuttosto di correre quei rischi che il regista si assunse nel creare una versione dell’Uomo Pipistrello e della sua nemesi così estreme, così stratificate e in perenne evoluzione che ancora oggi ci si chiede come sia riuscito a trovare il bandolo della matassa.

Nolan creò un’odissea tra due uomini, due maschere pirandelliane che si nascondevano in piena luce, incredibilmente simili, allo stesso tempo totalmente diversi, e lo fece in modo talmente magistrale che da tale contrapposizione, pur nella quasi assenza di scontri fisici, scaturì un cozzare di anime e visioni del mondo assolutamente unico.

Ne Il Cavaliere Oscuro Christopher Nolan ha creato, attraverso Batman e Joker, due personaggi dai contorni pirandelliani

il cavaliere oscuro Cinematographe.it

Entrambi prigionieri e padroni della loro maschera, entrambi considerati mostri dalla società, condannati alla solitudine e alla menzogna, emarginati sia per scelta che per natura, ma divisi in modo netto ed antitetico da tutto il resto, da come vivono tale solitudine.
Christopher Nolan ne Il Cavaliere Oscuro rese come nessun altro prima (a parte Burton si intende) il concetto di eroe concepito da Sofocle come frutto del dolore, della perdita, protagonista di un percorso introspettivo complesso e che lo porterà a non essere più quello di prima, a misurarsi con l’imprevisto e con se stesso.
Dall’altro lato creò con il Joker il monumento a quella parte dell’irrazionale umano che ad un tempo ci affascina e insieme ci spaventa, una mostruosità che non aveva nulla dello humor un po’ farsesco (ma sempre inquietante) di Nicholson, qualcosa allo stesso tempo di lucido, premeditato, ma incomprensibile, illogico, lontano anni luce da una qualsivoglia parvenza di normalità. O di ciò che noi pensiamo sia la normalità.

Heath Ledger disegnò un monumento alla follia, all’anarchia, a chi (per usare la parole del fedele Alfred) sogna unicamente di “veder bruciare il mondo”, come spiegato in una scena magistrale, che pur senza avere il Joker al suo interno, ce ne fa comprendere l’intima natura come nessun altra.

Se Batman mostra di avere fiducia nella collettività, di poter cambiare le cose, pronto a dare tutto per questa città a cui è legato anima e corpo, contemporaneamente cerca anche un’accettazione, un miraggio di sintonia ed armonia con quella legge “ufficiale” che lui in teoria violerebbe ogni sera, quando il miliardario lascia posto al giustiziere mascherato. Il tutto mentre la sua vita privata e sentimentale va in pezzi, mentre resta sempre più solo, senza Rachel, di fronte alla prospettiva di non avere più in Dent un alleato/avversario ma un nemico contagiato da quel Joker la cui follia sembra in alcuni momenti travolgere anche lui.

Perché alla fin fine, il Batman di Nolan è un uomo che si aggrappa alla propria razionalità per scacciare gli istinti più feroci e più impuri che albergano nell’anima di un giustiziere che odia e disprezza i criminali con ogni parte della sua anima. Proprio questa razionalità, questo suo muoversi seguendo la linea di causa-effetto ed un codice personale, vengono messe in discussione da un nemico che non segue nessun piano, nessuna logica, ma che allo stesso tempo è un maestro dell’intrigo, sarebbe addirittura un eroe della libertà totale, esistenziale, della maschera della convenienza sociale che lascia spazio al nostro io più puro se non fosse un pazzo assassino. Se non fosse un agente del Caos.

Il Cavaliere Oscuro oggi, dopo 10 anni dall’uscita

A dieci anni di distanza, Il Cavaliere Oscuro è ancora oggi guardato da alcuni fan di Batman con una leggera vena di critica, per l’aver dipinto in modo così “normale” un super-uomo come Bruce Wayne, in particolar modo per averlo fatto sembrare sovente vulnerabile o non quella macchina assassina punitrice concepita successivamente da Snyder, ma palese nel mondo dei comics DC da cui proviene.
Ma la realtà è che Nolan nel film si era concentrato su altri aspetti di Batman/Wayne, funzionali alla sua poetica cinematografica, ai temi che ha sempre prediletto e che lo hanno portato da sempre ad abbracciare il tema dell’apparenza e della finzione, della ricerca della verità e del significato di quest’ultima.
Da Memento a The Prestige, da Inception a questa trilogia, il suo cinema si è sempre nutrito di contrapposizioni forti, di personaggi tormentati ed in balia di eventi incontrollabili, di personalità agli antipodi.
Ma sicuramente un fondo di verità c’è in chi ha criticato il Batman un pò “soft” di Nolan, molto diverso da quello dei fumetti nell’impatto fisico, salvo poi dimenticarsi di quanto (restando fedele alla propria visione di regista), egli abbia semplicemente scelto di esaltarne l’aspetto psicologico, il lato del detective geniale ed instancabile (quasi assente negli altri film o comunque non altrettanto sviluppato).
Senza poi dimenticarsi della perfetta descrizione della doppia vita a cui è costretto il protagonista, talvolta imprenditore donnaiolo d’assalto per recita, mentre invece mania di buttarsi all’assalto dei criminali che attaccano Gotham; contemporaneamente pronto a lasciare la sua crociata nelle mani di Dent, dell’Ordine, del Sistema pur di stare con una Rachel che a sua insaputa non lo vuole più.

Al suo posto vuole quel Dent che Nolan struttura come il rappresentante del mondo delle regole, della teoria, della disciplina del sistema che conosciamo come finanza, leggi, politica, che si dimenticano sempre di un piccolo fattore che può distruggerli: l’uomo.
Ne Il Cavaliere Oscuro la sua figura è pesantemente modificata da Nolan rispetto ai fumetti, ma la straordinaria prova di Eckhart, nonché la maestria della scrittura, fanno dimenticare l’eccessiva personalizzazione della creazione di Nolan.
La sua trasformazione in discepolo del caos, dell’anarchia, assurge a profondo messaggio politico insito in un film che parla, in fin dei conti, di uno degli eroi più “politicizzati” del mondo del fumetto, tanto da essere stato definito di volta in volta fascista, reazionario, anarchico e via discorrendo.
Dent altro non rappresenta che la rabbia dell’uomo comune, il simbolo di chi, tradito da quel Sistema in cui credeva, diventa una mina vagante, un nemico implacabile perché tradito, distrutto e senza speranza. Un uomo che da servitore delle regole, decide di votarsi all’assenza di ogni regola.

Il Cavaliere Oscuro, il Folle, il Ribelle Tradito: non è un cinecomic, quanto un film d’autore complesso

Nolan, usando questa fantastica trinità (Il Cavaliere Oscuro, il Folle, il Ribelle Tradito), strutturò una incredibile piramide pregna di significati sull’uomo, il suo rapporto con la società, con la libertà e le sbarre invisibili di quel sistema che ci assedia e ci distrugge.
Il prodotto finale assurge a simbolo perfetto di ciò che può fare un regista con il giusto materiale di partenza, soprattutto se non ha produttori (il cancro del cinema moderno) a dirgli come dovrebbe essere un film.
Ma pensare che il film di Nolan sia un cinecomic sarebbe, in ultima analisi, un grossolano errore.
Non è un cinecomic, quanto un film d’autore complesso, stratificato, indipendente da quel percorso artistico e produttivo a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, con una trasversalità comunicativa tra cinema e spettatori.
Qui gli spettatori erano totalmente passivi, schiacciati dalla visione di Nolan, a cui poco importava di dargli ciò che desideravano o si aspettavano, quanto piuttosto di essere fedele ai personaggi ma prima di tutto a sé stesso, alla propria visione, alla proprie idee.

Una lezione che il cinema di oggi dovrebbe ricordare allo stesso modo in cui viene ricordato lo sfortunato Heath Ledger, scomparso troppo presto dopo aver donato al cinema uno dei cattivi più incredibili mai visti prima.