I morti non muoiono: cos’hanno in comune Jim Jarmusch e Scott Fitzgerald

La sceneggiatura del film I morti non muoiono di Jim Jarmusch rivela un'accuratezza retotica e formale non lontana dall'eleganza poetica di Scott Fitzgerald, autore de Il Grande Gatsby.

Prima di iniziare a leggere questo articolo sappiate che analizzeremo un aspetto retorico della sceneggiatura del film I non morti non muoiono, pertanto andando avanti troverete anticipazioni e dettagli di trama, ovvero spoiler sul film.

I morti non muoiono (The Dead Don’t Die) di Jim Jarmusch è stato accolto in modo tiepido o negativamente critico dal pubblico dell’ultima edizione del Festival di Cannes: l’opera era in competizione per la Palma d’oro e ha avuto l’onere e l’onore di essere il film di apertura della kermesse francese. La sceneggiatura è stata il fulcro delle critiche cinematografiche perché considerata narrativamente debole e politicamente pretestuosa (in riferimento alle tematiche affrontate dal regista: inquinamento ambientale, consumismo, omologazione).

Contro la visione di una sceneggiatura definita fragile è necessario analizzare il film partendo dalle indicazioni – limpidamente diegetiche – offerte dal regista allo spettatore e distribuite per tutto l’intreccio narrativo (una sorta di guida del film, una mappatura di intenti a modello di Maps to the Stars di David Cronenberg). Nel film I morti non muoiono l’ago della bussola che rivela la solida struttura dalla narrazione è rappresentato da Zelda Winston, personaggio interpretato dall’attrice Tilda Swinton. Nell’onomastica del personaggio risiedono due tecniche retoriche metacinematografiche: la paranomasia nel cognome (Winston/Swinton: sostantivi foneticamente simili ma semanticamente diversi) e l’allegoria nel nome (Zelda/Tilda).

I morti non muoiono è una solida sceneggiatura, retoricamente perfetta

Entrambe le figure retoriche sono state utilizzate più volte nello sviluppo degli eventi de I moti non muoiono: la paranomasia è utilizzata, per esempio, attraverso il personaggio dell’agente Ronald Peterson, interpretato da Adam Driver – a livello metacinematografico la tecnica retorica emerge nel momento in cui il sostantivo Peterson è accostato al sostantivo Paterson, personaggio interpretato sempre dall’attore Adam Driver nell’omonimo film di Jim Jarmusch (Paterson, 2016). L’allegoria metocinematografica ritorna – invece – nel ruolo di zombie incarnato da Iggy Pop: il redivivo uomo si aggira per la cittadina di Centreville pronunciando costantemente il sostantivo ‘coffee’, citando il cortometraggio Da qualche parte in California della raccolta antologica Coffee and Cigarettes di Jim Jarmusch (Iggy Pop recita nel cortometraggio insieme a Tom Waits).

I morti non muoiono

Adam Driver e Iggy Pop rappresentano un citazionismo autoreferenziale molto vicino a un autoriale fan service. La Zelda Winston di Tilda Swinton unisce le due tecniche retoriche, supera il mero aspetto citazionistico e assume la funzione di solida struttura narrativa. Dopo Coffee and Cigarettes e Paterson il punto di riferimento è un altro film del regista statunitense, Solo gli amanti sopravvivono; nel film del 2013 Tilda Swinton interpreta il vampiro Eve: da un punto di vista visivo Eve e Zelda sono costruite tramite la forte caratterizzazione cromatica del bianco e da un punto di vista narratologico rappresentano due donne che incarnano la visione femminile dello scrittore Scott Fitzgerald (in particolare, la visione che lo scrittore statunitense costruisce nel romanzo Il Grande Gatsby).

Nel finale di Solo gli amanti sopravvivono Eve è costretta a tornare a Tangeri in aereo: nel prenotare il proprio biglietto fornisce come falsa identità il nome di Daisy Buchanan (protagonista femminile de Il Grande Gatsby e alter ego di Zelda Sayre, compagna di vita dell’autore del romanzo Scott Fitzgerald). Nel film I morti non muoiono il personaggio di Lily rivela alla propria datrice di lavoro Fern l’analogia tra il nome di Zelda Winston e il nome della moglie dello scrittore, citando il romanzo Il Grande Gatsby.

I morti non muoiono: così Jim Jarmusch passa dalla finzione scrittoria alla realtà biografica

In un film basato interamente sulla decostruzione metacinematografica è significativo come Jim Jarmusch sia passato dalla finzione scrittoria alla realtà biografica sia nel rapporto tra attrice e personaggio (tramite la paranomasia Winston/Swinton) sia nel rapporto tra personaggio e metapersonaggio (Tilda Swinton interpreta due personaggi femminili che sono il primo, Daisy Buchacan, finzione biografica del secondo, Zelda Sayre).

Questa unione semantica diventa unione di intenti cinematografici dal momento che Zelda abbandona Scott, Daisy abbandona Gatsby, Tilda abbandona Jim: nel finale lo spettatore apprende che tutti i personaggi in scena sono consapevoli di essere attori scritturati dal regista. Unico personaggio/attore estraneo a questa dinamica metacinematografica è proprio Tilda Swinton/Zelda Winston: la donna si rivela un UFO sotto gli occhi estranianti di Adam Driver e Bill Murray. La perplessità della coppia di attori diventa perplessità dello spettatore tramite la tecnica dello straniamento che il saggista Bertolt Brecht definì con il sostantivo di alienazione (basandosi sugli studi del critico letterario Viktor Borisovič Šklovskij): nulla appare come più poeticamente cinematografico di un alieno usato come simbolo della tecnica dell’alienazione.