Addio a Gino Strada: 4 film per conoscere il fondatore di Emergency

Gino Strada è mancato all’improvviso all’età di settantatré anni. Medico di grande esperienza e umanità, ha co-fondato Emergency e dedicato la sua vita a riparare alle ingiustizie prodotte dalla guerra. Ripercorriamo le sue azioni di cura attraverso quattro film. 

Gino Strada se ne è andato nella mattina di venerdì 13 agosto 2021. Si trovava in Normandia e, benché soffrisse da tempo di cuore, la sua morte è arrivata di sorpresa. “Nessuno se l’aspettava. Siamo frastornati e addolorati”: amici e famigliari non hanno nascosto la costernazione alle agenzie di stampa a cui hanno comunicato la notizia.

L’unica figlia, Cecilia, si trovava lontana da lui, come lei stessa ha raccontato nel messaggio di cordoglio affidato a Facebook: “amici, come avrete visto il mio papà non c’è più. Non posso rispondere ai vostri tanti messaggi che vedo arrivare, perché sono in mezzo al mare e abbiamo appena fatto un salvataggio. Non ero con lui, ma di tutti i posti dove avrei potuto essere… beh, ero qui con la ResQ – People saving people a salvare vite. È quello che mi hanno insegnato mio padre e mia madre”.  

Gino Strada: un’esistenza dedicata alla cura degli ultimi 

Gino Strada, insieme alla prima moglie Teresa Sarti (1946-2009), con la quale ha fondato Emergency. Lo scorso giugno Strada aveva sposato in seconde nozze la compagna Simonetta.

Luigi ‘Gino’ Strada aveva settantatré anni: li aveva compiuti lo scorso aprile e da trentatré, dopo la laurea in Medicina conseguita a Milano, città alla cui periferia era nato e cresciuto, e l’apprendistato nell’ospedale di Rho, si dedicava instancabilmente a ricucire corpi e vite di uomini, donne, bambini e bambine vittime di guerra.

Nel 1988 aveva, infatti, scelto di occuparsi di traumatologia e, successivamente, nel 1994, con la moglie Teresa Sarti, anche lei venuta a mancare prematuramente, aveva fondato Emergency, un’associazione umanitaria divenuta ONG nel 1999 che ancora oggi si occupa di offrire cure gratuite e di alto livello ai tanti che, nelle regioni del mondo segnate dai conflitti armati e dalle disuguaglianze sociali, ne hanno bisogno.

Sebbene ateo e riluttante a collocarsi politicamente, Strada, come la moglie, si era formato in ambiente cattolico e, fin da giovanissimo, si era mostrato sensibile ai problemi degli ultimi, ai ‘vinti’ che ogni società lascia ai suoi margini, alla moltitudine di emarginati che le istituzioni deliberatamente condannano all’invisibilità e all’abbandono.

Gino Strada: l’impegno concreto, oltre (e contro) ogni ideologia

Gino in Strada in Eritrea. Diciassette sono i Paesi del mondo in cui Emergency opera o ha operato.

Ora che non c’è più, di Strada si potrebbe dire che fu un visionario o un pacifista (definizione che rigettava con fermezza), ma, se proprio dobbiamo attribuirgli un’etichetta, forse sarebbe d’accordo sull’espressione ‘uomo di azione’. O, meglio, uomo d’atti.

Gino Strada, nella sua esistenza, ha cercato soprattutto di agire e di far agire: ha non solo allestito strutture sanitarie in diciassette Paesi del mondo, tra cui l’Italia – ricordiamo, in particolare, l’intervento di Emergency in Sicilia e nella carceri laziali – e curato undici milioni di persone, ma anche sensibilizzato l’opinione pubblica nei confronti dei costi materiali e immateriali, soprattutto umani (e dunque civili), delle guerre e delle ingiustizie economico-sociali, ha raccolto fondi da destinare a progetti umanitari, ha formato il personale volontario per i programmi di volta in volta aperti e chiusi nei luoghi in cui vi era necessità di intervenire.

Gino Strada non era un sognatore, ma un uomo che credeva che gli individui potessero fare la differenza se solo, anziché parlare, scegliessero di agire, di identificarsi non con le loro idee, ma con le azioni che concretamente le rivelano. 

L’impegno del fondatore di Emengency: 4 film per commemorarlo e ricordare chi era  

Un frame tratto da ‘Beyond the Beach – The Hell and the Hope’

Saggista apprezzato, è ricordato soprattutto per i libri – insieme di cronaca e d’impegno civile – editi da Feltrinelli: Pappagalli verdi; Buskashì; Zona rossa. Al cinema si è rivolto come a uno strumento di narrazione funzionale alla divulgazione e alla costruzione di una consapevolezza condivisa di quanto la guerra, più che un mezzo di risoluzione, fosse una sostanza distruttrice che nessuna circostanza, seppur ingiusta o intricata, potesse giustificare.

Tra il febbraio 1999 e la primavera del 2000 Strada, insieme al corrispondente del Corriere della Sera Ettore Mo, uno dei massimo esperti di storia afghana, è coinvolto nelle riprese di Jung – Nella Terra dei Mujaheddin, un documentario di due ore diretto da Fabrizio Lazzaretti e Alberto Vendemmiati, in cui vengono mostrate le varie tappe del processo di ricerca di un sito nel quale costruire un centro chirurgico da affidare ai medici di Emergency: la scelta, dopo varie peripezie, ricade sul villaggio di Anabah, nel nord dell’Afghanistan, appunto la terra dei Mujaheddin del titolo (“Jung”, invece, lungi dall’essere un riferimento al celebre psicoanalista, è il termine afghano per “guerra”). 

Due anni dopo gli stessi registi tornano in Afghanistan per seguire l’équipe coordinata da Strada nella missione di cura condotta nel Panshir, una delle pochissime province afghane ad aver resistito, prima, all’invasione sovietica e, poi, a quella talebana, e nella capitale Kabul. Il film che realizzano, Afghanistan: effetti collaterali?, riceve la menzione speciale al Festival del cinema di Torino del 2002. 

Dieci anni dopo – siamo nel 2012 – il regista newyorchese Kief Davidson accompagna otto bambini ruandesi nel difficile viaggio verso Khartoum, in Sudan, dove si recano per essere operati al cuore, compromesso a causa di una malattia reumatica, proprio nel centro di cardiochirurgia di Emergency: il documentario, che mostra tanto le angosce di separazione dei piccoli malati quanto il loro coraggio (e quello dei medici), viene intitolato Open Heart ed è candidato agli Oscar nel 2013, l’anno successivo alla sua realizzazione.

Infine, nel 2019, Beyond the Beach – The Hell and the Hope, un film corale che raccoglie le testimonianze degli operatori di Emergency – medici, infermieri, chirurghi e logisti –, ricostruisce i legami tra guerre del recente passato e fenomeni migratori del presente. Diretto da Graeme A. Scott e Buddy Squires, il film è stato presentato alla 76ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Sconfini.