6 colonne sonore leggendarie che sono nate per caso
Quando il caso diventa magia: le colonne sonore nate per errore, improvvisazione o puro intuito che hanno cambiato la storia del cinema.
Ci sono musiche che sembrano scolpite nel destino dei film. Temi che riconosciamo da una sola nota, capaci di evocare un immaginario, un’epoca, una sensazione ed intere sequenze cinematografiche. Eppure, dietro alcune delle colonne sonore più celebri della storia del cinema non ci sono mesi di lavoro meticoloso o orchestrazioni pianificate al millimetro, ma incidenti felici, improvvisazioni, budget ridotti e intuizioni dell’ultimo minuto. In questo articolo esploriamo quei casi in cui la fortuna, la creatività o semplicemente la fretta hanno dato vita a melodie diventate immortali.
1. Il buono, il brutto e il cattivo (1966) – il fischio leggendario

Ennio Morricone rivoluzionò il western grazie al suo stile inconfondibile, fatto di contaminazioni, chitarre elettriche e voci umane. Ma in questo caso, una delle trovate musicali più iconiche della storia nacque per mancanza di mezzi. Durante la registrazione, Morricone non aveva l’orchestra completa a disposizione. Così decise di usare strumenti non convenzionali, tra cui il famoso fischio di Alessandro Alessandroni, ma anche urla, fruste, persino un ocarina, per simulare la voce del vento nelle praterie. Fu un espediente provvisorio, nato quasi come “riempitivo”. E certamente, la colonna sonora contribuì a rendere ancora più epica la pellicola di Sergio Leone.
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2. L’Esorcista (1973) – un ascolto casuale che entrò nelle colonne sonore leggendarie

Una delle colonne sonore più celebri della storia del cinema nacque da un ascolto casuale. William Friedkin, alla disperata ricerca di un tema che non riusciva a trovare, passò giorni a provare musiche senza essere soddisfatto. Durante una pausa, iniziò a rovistare tra i nastri della Virgin Records che gli erano stati inviati come materiale promozionale. Tra quei nastri c’era “Tubular Bells” di Mike Oldfield, un brano minimalista, ipnotico e inquietante, ma totalmente estraneo al film: non era musica horror, non era stata commissionata, non era pensata per il cinema.
Eppure, divenne un brano iconico per la mitologia del cinema dell’orrore
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3. Lo squalo (1975) – due note per entrare nel mito

John Williams, uno dei giganti della musica da film, presentò a Steven Spielberg un tema basato su due sole note: mi-fa, mi-fa. Spielberg, incredulo, pensò inizialmente che fosse uno scherzo. Ma il compositore insistette, spiegando che quella semplicità quasi primordiale rappresentava perfettamente la natura meccanica e inarrestabile dello squalo. E vedendo l’effetto di quelle semplici note, abbinate sullo schermo, alla minaccia appena visibile dello squalo, la storia del cinema non ha potuto che dargli ragione.
4. Halloween (1978) – tra le colonne sonore leggendarie

John Carpenter è uno dei pochi registi-compositori della storia del cinema. Ma il celebre tema di Halloween fu scritto in un’unica sessione di poche ore, partendo da un ricordo personale. Carpenter suonava da bambino un esercizio ritmico in 5/4 insegnatogli dal padre, violinista. Quando si trovò senza soldi per assumere un compositore, riprese quella figura e la trasformò nel celebre arpeggio di pianoforte: ipnotico, ansiogeno, sincopato.
Il risultato fu una delle musiche horror più imitate di sempre, diventata simbolo della caccia implacabile di Michael Myers.
5. Blade runner (1982) – dall’esperimento alla leggenda

Vangelis stava sperimentando nuovi sintetizzatori quando, durante una sessione, registrò un assolo ambientale che non era previsto in nessuna partitura. Era un test, un frammento elettronico vagamente malinconico. Ridley Scott, ascoltandolo per caso, decise che quel brano sarebbe diventato la spina dorsale emotiva del film.
6. Twin peaks (1990) – dall’improvvisazione alla storia

David Lynch chiese ad Angelo Badalamenti una musica che fosse insieme triste e sensuale, “come se un’anima stesse danzando in una stanza vuota”. Durante la sessione, Lynch stava dando indicazioni poetiche più che tecniche (“ora entra la luna”, “ora si apre la porta”), mentre Badalamenti improvvisava al pianoforte. Il tema di Laura Palmer nasce così: un’unica take, spontanea, senza riscritture, senza editing. Lynch, emozionato, disse soltanto: “Angelo, l’hai fatta. Non toccarla più.”
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Le colonne sonore nate per caso ci ricordano una verità fondamentale della creatività: a volte il genio non sta nella perfezione, ma nell’intuizione.
In quelle note improvvisate, nelle soluzioni di emergenza, nei limiti tecnici, c’è un’energia autentica, primitiva, che spesso risulta più potente della pianificazione certosina e che, in casi particolari finiscono per entrare anche nella leggenda della storia cinematografica.