Cast Away: Wilson e l’antropomorfismo – quando la mente ha disperatamente bisogno del contatto umano

Il film Cast Away dà molti spunti di riflessione: ecco quello sul significato dell'ossessione per Wilson

Chiunque abbia visto il film Cast Away si sarà sicuramente incuriosito sulle varie ossessioni di Wilson, il personaggio protagonista. Gli spunti da cui partire per fare delle riflessioni sono moltissimi in questa pellicola, ma molti si sono domandati, vedendo il film, il perché del bisogno viscerale per la pallavolo del protagonista: la risposta è antropomorfismo. Ecco di cosa si tratta.

Cos’è l’antropomorfismo e perché lo si riconduce a Cast Away

Il concetto di antropomorfismo è uno di quelli che fa giri immensi ma poi ritorna sempre. Stiamo parlando di un tema che prende vita da civiltà molto antiche che lo hanno spesso utilizzato in ambito religioso. Di fatto, poi, viene riproposto nella psicoanalisi con molta importanza del termine. Stiamo parlando della capacità che la psiche ha di dare connotati tipicamente umani ad esseri o cose che non lo sono affatto.

Cast Away Cinematographe.it

In culture antiche si parlava di antropomorfismo quando, per esempio, gli animali venivano associati a divinità o ad esseri umani rincarnati. In psicoanalisi, invece, è la capacità che ha l’uomo di creare legami empatici o razionali con oggetti o esseri privi di logica. Nel caso di Chuck Noland, interpretato in Cast Away da un grande Tom Hanks, l’oggetto della sua umanizzazione è la pallavolo. Per capire bene questo concetto, bisogna fare un passo indietro ed analizzare la situazione proposta a livello di trama nel film.

Chuck Noland è un dirigente operativo di una grande azienda di distribuzione che lavora in tutto il mondo. A causa di un incidente con un aeroplano, il protagonista (Tom Hanks) si ritrova su un’isola deserta dalla quale non ha via di uscita. In questa totale solitudine, Chuck trova un pallone che chiama Wilson, come una nota marca di palle, per l’appunto. Il motivo di questa creazione è da ritrovare nel tentativo disperato di non impazzire in preda alla solitudine. Infatti, in questo modo Chuck crea per se stesso un compagno con il quale confidarsi e parlare in preda ai deliri.

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Ricollegando questo esempio al concetto espresso prima, si capisce come il regista abbia voluto far esprimere quello che è un vero e proprio stereotipo psicologico: il voler a tutti i costi trovare una presenza per non rimanere solo. In questo contesto molto esagerato e assurdo, si ritrova la motivazione che si cela dietro il terrore dell’abbandono e della solitudine che caratterizza l’essere umano, il quale è, per natura, un animale socievole.

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