Barbara Ronchi: 7 film imperdibili dell’attrice

7 titoli che raccontano la parabola sempre più in ascesa dell'interprete.

Barbara Ronchi è una delle attrici del momento. Non perché cerchi l’effetto o la posa, ma per la naturalezza con cui attraversa i personaggi, restituendo al pubblico verità quotidiane che sanno diventare straordinarie. Nata a Roma nel 1982, cresciuta lontano dai riflettori e con una formazione rigorosa (è diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”), Ronchi ha costruito il suo percorso con pazienza, senza bruciare le tappe, scegliendo progetti d’autore e storie che meritavano di essere raccontate. Il suo esordio non è stato accompagnato da clamori mediatici: nessun lancio da “nuova promessa”, nessuna costruzione artificiale di personaggio. Ronchi ha preferito lasciare che fossero i film a parlare per lei. E infatti, con il passare degli anni, ha conquistato l’attenzione di registi come Valeria Golino, Marco Bellocchio, Claudio Noce e Cristina Comencini, che hanno visto in lei un volto capace di esprimere silenzi e fragilità, forza e ironia. La sua carriera è un esempio raro di coerenza: ha saputo spaziare tra il cinema d’autore e quello popolare, mantenendo sempre una cifra interpretativa riconoscibile, delicata ma incisiva. Abbiamo scelto 7 film per raccontare il suo percorso, dalle prime prove d’autore alle produzioni più recenti. Un viaggio che testimonia la crescita di un’artista che ha ancora molto da dare al cinema italiano.

1. Fai bei sogni (2016), di Marco Bellocchio

Barbara Ronchi - Cinematographe.it

Con Marco Bellocchio arriva la vera consacrazione. In Fai bei sogni, tratto dal romanzo autobiografico di Massimo Gramellini, Barbara Ronchi interpreta la madre del protagonista, figura chiave attorno a cui ruota l’intera vicenda. Pur apparendo in pochi momenti, la sua interpretazione è talmente intensa da imprimersi nella memoria. Con uno sguardo, con un gesto, Ronchi riesce a trasmettere la dolcezza e il dramma di una madre fragile, segnata dal dolore. La sua presenza è un fantasma che accompagna il protagonista per tutta la vita, e lo spettatore porta con sé quella malinconia sottile. Il film è un’opera ambiziosa, che attraversa decenni di storia italiana e privata, e Ronchi ne è il cuore segreto: senza di lei, senza la sua verità, la vicenda perderebbe la sua radice emotiva. Non a caso, la critica sottolinea proprio la sua prova, che diventa una delle più significative della sua carriera.

2. Miele (2013), di Valeria Golino

Nel suo esordio cinematografico Barbara Ronchi entra dalla porta principale, con un piccolo ma significativo ruolo nel film d’esordio alla regia di Valeria Golino. Miele è la storia di una giovane donna che aiuta malati terminali a morire dignitosamente, e Ronchi si inserisce in questo contesto con delicatezza, offrendo già un saggio della sua capacità di dare intensità anche a pochi minuti in scena. Non è il ruolo che la consacra, ma è quello che la mette sulla mappa del cinema italiano, facendola notare come presenza autentica e priva di artifici. Il film, intenso e coraggioso, vince numerosi premi e conferma la sensibilità di Golino come regista, ma per Ronchi rappresenta soprattutto un punto di partenza importante: dimostrare che si può emergere non per quantità di battute, ma per qualità della presenza scenica. Guardandola in Miele si capisce che la sua strada non sarebbe stata quella dei ruoli “facili”, ma quella di chi cerca storie necessarie.

3. Sole (2019), di Carlo Sironi

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In Sole, Barbara Ronchi si confronta con un cinema d’autore rigoroso e minimale. La storia, che ruota attorno a una gravidanza di convenienza e a un rapporto che si trasforma lentamente in legame affettivo, mette Ronchi in una posizione complessa: il suo personaggio deve incarnare allo stesso tempo fragilità e forza, cinismo e bisogno d’amore. La sua recitazione, fatta di sguardi trattenuti e di pause cariche di significato, si sposa perfettamente con lo stile asciutto di Carlo Sironi. Qui emerge la sua capacità di aderire a un linguaggio cinematografico non convenzionale, accettando di mettere da parte l’istinto di “mostrare” per lasciare spazio al non detto. Sole è un film che ha girato molti festival internazionali, confermando Ronchi come attrice in grado di reggere anche i palcoscenici più esigenti. È un’opera che chiede allo spettatore attenzione e sensibilità, e che dimostra quanto Barbara sia una delle interpreti italiane più adatte a un cinema che non fa sconti.

4. Padrenostro (2020), di Claudio Noce

Con Padrenostro, presentato in concorso a Venezia, Barbara Ronchi si trova accanto a Pierfrancesco Favino in una delle opere più intense e autobiografiche degli ultimi anni. Il film racconta l’attentato al vicequestore Alfonso Noce negli anni di piombo, visto attraverso gli occhi di suo figlio. Ronchi interpreta la madre del bambino, una figura silenziosa ma determinante, capace di tenere insieme la famiglia in un momento di terrore. Ancora una volta, la sua forza interpretativa risiede nella capacità di dare spessore a un ruolo apparentemente “di contorno”, rendendolo indimenticabile. La sua presenza è la colonna emotiva che sorregge l’intero racconto: dolente ma solida, fragile ma combattiva. La critica le riconosce una delicatezza rara, la capacità di far percepire mondi interiori senza bisogno di spiegazioni. In un film dominato da figure maschili, Ronchi riesce a ritagliarsi uno spazio centrale, ribadendo la sua vocazione a trasformare ogni ruolo in un atto necessario.

5. Settembre (2022), di Giulia Louise Steigerwalt

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Con Settembre, Barbara Ronchi conquista definitivamente pubblico e critica. Il film d’esordio alla regia di Giulia Louise Steigerwalt è una commedia agrodolce che intreccia vite e sentimenti, e Ronchi ne è il centro pulsante. Il suo personaggio, pieno di fragilità e desideri, attraversa il racconto con una leggerezza che diventa profondità. La sua capacità di essere ironica e drammatica nello stesso momento è sorprendente, e regala al film un’energia unica. Settembre parla di occasioni mancate e di seconde possibilità, e Ronchi diventa il volto di questa ricerca: naturale, empatica, vera. La sua prova è stata giustamente celebrata con numerosi premi, e rappresenta forse il punto più alto della sua carriera fino a oggi. Con questa interpretazione, dimostra di poter reggere da protagonista assoluta un film corale, senza mai rubare la scena, ma diventando al tempo stesso indimenticabile.

6. Cosa sarà (2020), di Francesco Bruni

In Cosa sarà, Barbara Ronchi affianca Kim Rossi Stuart in una storia autobiografica e intimista, che riflette sulla malattia e sulla vita. Il suo personaggio porta equilibrio e autenticità, in un film che alterna momenti dolorosi e altri pieni di ironia. Ronchi riesce a inserirsi con naturalezza in questo equilibrio sottile, diventando una presenza rassicurante ma mai scontata. La sua interpretazione è tutta giocata sulla misura: non cede al patetico, non cerca l’emozione facile, ma costruisce un personaggio che si muove tra silenzi e piccoli gesti quotidiani. La forza della sua recitazione sta proprio qui: nel dare peso a ciò che spesso passa inosservato. Cosa sarà diventa così un film che parla di vita più che di malattia, e Ronchi è una delle voci che lo rendono credibile e necessario. Con questo ruolo, si conferma un’attrice capace di portare sullo schermo storie intime senza mai perderne l’universalità.

7. Rapito (2023), di Marco Bellocchio

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Il ritorno con Bellocchio segna un nuovo capitolo nella carriera di Barbara Ronchi. In Rapito, film che affronta il celebre caso del piccolo Edgardo Mortara, sottratto alla famiglia ebreo-bolognese per essere cresciuto come cattolico, Ronchi interpreta la madre del bambino, figura tragica e combattiva. La sua performance è una delle più potenti e commoventi della sua carriera. Con uno sguardo, con un urlo soffocato, con una disperazione trattenuta, Ronchi restituisce il dolore di una madre privata del figlio in nome di una legge crudele. La sua interpretazione è un pugno nello stomaco, un atto di resistenza che attraversa tutto il film. Bellocchio trova in lei un’interprete ideale per raccontare l’intimità del dolore dentro una vicenda storica più grande. È il ruolo che conferma Ronchi come una delle attrici più importanti della sua generazione, capace di dare corpo e voce a personaggi destinati a restare nella memoria collettiva.