Assassinio a Venezia: la spiegazione del finale del film

Con Assassinio a Venezia Branagh traspone l'opera di Agatha Christie: vediamo alcune differenze rispetto al libro e capiamo la fine del film!

Assassinio a Venezia è un film diretto da Kenneth Branagh, uscito in sala il 14 settembre 2023: è il terzo adattamento (dopo Assassinio sull’Orient Express del 2017 e Assassinio sul Nilo del 2022) che il regista britannico fa dai libri di Agatha Christie con protagonista l’investigatore belga Hercule Poirot, ed è la prima riduzione cinematografica del libro Poirot e La strage Degli innocenti, il trentesimo con protagonista Poirot che per la quarta volta si accompagna alla scrittrice Ariadne Oliver -dopo Carte in Tavola, 1936; Fermate il Boia, 1952; La Sagra Del Delitto, 1956; Sono Un’Assassina?, 1966; l’ultima volta è apparsa in un romanzo postumo della Christie, Il Segreto del Greenshore, pubblicato nel 2014 ma scritto nel 1954-.

Nel libro, durante i preparativi per allestire un party di Halloween, una ragazzina tredicenne dice di aver visto un omicidio verificatosi ben tre decadi prima: poco dopo verrà trovata morta. Sarà ovviamente Poirot, chiamato sul luogo dalla Oliver, a svelare il mistero.
Branagh decide legittimamente e liberamente, ma anche coraggiosamente, di “tradire” la trama e di adattare il libro con una sensibilità più moderna.

Mantenere la rotta

Se la Christie ha rivoluzionato copernicanamente il genere giallo, ma inconsapevolmente anche quello cinematografico, creando di fatto il concetto di suspense moderno, le coordinate da seguire in un’indagine, l’intreccio quotidiano che corre sui binari paralleli ma inestricabili di verità e bugia; e questo sempre inserendo (a modo suo, perché parliamo della prima metà del Novecento, con la buona pace dei ridicoli e pneumatici tentativi di delegittimarla adducendo banali accuse su un presunto razzismo) una costante critica alla società proprio per bocca del suo impeccabile detective dell’alta Europa; Branagh ha allora continuato il suo percorso personale di rinnovamento del concetto di trasposizione, da Shakespeare ai Grimm, da Mozart a Perrault fino a Disney e ora Christie.

Senza mai perdere di vista la messa in scena, via via sempre più patinata, ma soprattutto tenendo ferma su tutto la fedeltà semantica alla narrazione e ai suoi artefici. Quindi, non dimenticando mai il pericolo che qualcosa di importante sia lost in translation.

Assassinio a Venezia: guida al cast del giallo di Kenneth Branagh

Sotto questa declinazione, non stona quindi il cambio di ambientazione dal libro al film: Venezia, con le sue maschere, i suoi canali e la sua aria decadente e oscura ben si presta all’originale atmosfera della festa di Halloween, centrando il tono cupo e sinistro dell’opera.

Ben venga, poi, la semplificazione della trama: le opere di Agatha Christie, La Strage Degli Innocenti in testa, sono spesso e volentieri storie labirintiche, con mille rivolli narrativi, strade secondarie che rifluiscono poi nella trama principale, approfondimenti e divagazioni tra la storia e la psicologia: il libro in questione è stracolmo di crimini, tra adulteri, frodi, falsificazioni, in un arco temporale necessariamente lungo.
Il film di Branagh invece si svolge in una notte sola, e bene ha fatto Branagh a snellire l’architettura complessiva, perché l’alternativa sarebbe stata o un film dalla durata monstre, o una serie, o un garbuglio di indizi e accadimenti che avrebbero inevitabilmente pesato sulla riuscita del film.

Assassinio a Venezia come finisce? La spiegazione del finale (ma attenti agli SPOILER!)

Conseguentemente, il finale del film è stato rimaneggiato e semplificato: se nel manoscritto originario gli assassini sono tanti, quanti gli omicidi, in An Haunting in Venice il killer è uno solo, ovvero Rowena Drake, la mamma di Alicia, la prima vittima di cui il pubblico viene a conoscenza.
È certo un puzzle complicato quello che Branagh restituisce, sulla falsariga della storia della scrittrice di gialli più famosa al mondo: e Poirot, puntualmente, ne rimette insieme i pezzi.

Innanzitutto, deduce che Ariadne, la sua amica, ha pagato proprio la sua guardia del corpo affinché convincesse l’uomo a tornare in pista. Proprio la Oliver voleva basare il suo prossimo libro sulle indagini del genio belga, e le sembrava perfetto invitare allora Maxine alla seduta spiritica per creare tensione e un’atmosfera drammatica.

Certo non è stata però lei ad uccidere nessuno: perché la colpevole si rivela essere Rowena, proprio la mamma della piccola Alicia. In realtà la bambina non era impazzita, gettandosi dal suo balcone nel canale sottostante, ma era stata la madre ad avvelenarla usando il miele di un fiore tossico da loro coltivato in casa che provocava allucinazioni. Le stesse allucinazioni avute da Poirot nel corso della investigazione notturna, causate sempre dal miele disciolto nel thè dalla stessa Rowena.

La notte in cui la bambina morì, era Olga, ex suora e cameriera di casa, a vegliare su di lei: quando la ragazzina si svegliò in piena notte, in preda ad un impeto di follia dovuto alle allucinazioni, fu l’inconsapevole Olga per calmarla a darle una dose extra di miele, che lei non sapeva essere proprio la causa del suo malessere e causa del decesso.

Ma quando Rowena trovò la figlia morta nel letto, gettò il corpo dal balcone dopo averlo ferito perché nessuno scoprisse cosa fosse davvero avvenuto.
Casualmente, fu poi proprio la futura guarda del corpo di Poirot, nonché ex poliziotto, a tirare fuori il corpo di Alicia dall’acqua, consentendo così ad Ariadne di avere dettagli sul dramma, dettagli che avrebbe lei fornito alla signora Reynolds per fingersi in contatto con gli spiriti.

A compiere una sorta di autopsia del corpo della povera Alicia fu poi il dottor Ferrier, non più in sé per un disturbo post-traumatico da stress causato dalla guerra: per questa sua incompetenza dichiarò che non c’era nulla di strano nella morte della ragazza. Ma il figlio di Ferrier, Leopold, lesse gli appunti del padre e capì che c’era qualcosa che non andava, iniziando allora a ricattare Rowena, pur di guadagnare i soldi che non poteva più guadagnare suo padre, ormai incapace alla professione.
Sempre Rowena, allora, getta la signora Reynolds dal balcone, credendo (visti i dettagli di cui era a conoscenza, senza sapere che a fornirglieli era stata proprio Ariadne) che sospettasse qualcosa; stessa dinamica con Ferrier, convinto a pugnalarsi da Rowena sotto la minaccia di lei di far del male al figlio Leopold.

Sul finale, durante la fuga, Rowena vede – o crede di vedere? – il fantasma di Alicia sul balcone: spaventata, cade e muore proprio nello stesso modo in cui era caduta la figlia.
Arrivato il sole, dopo che la polizia porta via i tanti cadaveri della notte (la Reynolds, Ferrier, Rowena), Poirot dice in segreto al piccolo Leopold di sapere che era stato lui a dare il via alla tragica catena di delitti: ma che non avrebbe detto nulla alle autorità per un senso superiore di giustizia.