Buon compleanno, Giulietta! 100 anni fa nasceva l’attrice più ammirata da Charlie Chaplin

Compie 100 anni la musa di Federico Fellini, la famosa Giulietta che non si è mai accontentata di essere solo "la moglie di".

Giulietta Masina è nata, figlia di un violinista e di una maestra, a San Giorgio di Piano, non lontano da Bologna, il 22 febbraio 1921, un anno, un mese e due giorni dopo il marito Federico Fellini e se ne è andata a neanche cinque mesi di distanza da lui, il 23 marzo del 1994. Aveva aspettato, forse, di ricordare il giorno in cui aveva dato alla luce Pier Federico, il bambino che la coppia aveva avuto il 22 marzo 1945 e che non avrebbe mai festeggiato neanche un compleanno perché strappato alla vita ad appena undici giorni da una broncopolmonite. Giulietta, nonostante il lutto, non smise mai di sentirsi madre e della morte di Pier Federico, come del mancato arrivo di altri figli, era solita dire che così aveva voluto il destino e che era stata quell’assenza ad aver elevato il rapporto con Fellini, trasformatosi per lei proprio in quel figlio che le era venuto a mancare.

Giulietta, così minuta e all’apparenza fragile, eppure capace di non farsi schiacciare dal ruolo di ‘moglie di’

Giulietta Masina e Federico Fellini si sono sposati il 30 ottobre 1943 e sono rimasti unitissimi fino alla morte di lui, avvenuta nel 1993. Pochi mesi la morte del regista, anche l’attrice se n’è andata.

Di Giulietta Masina, all’anagrafe Giulia Anna e poi ribattezzata Giulietta e talvolta Giuliettina da Fellini stesso, si sottolinea spesso quanto fosse legata a doppio filo al marito e quanto di quel marito avesse sopportato: il genio ingombrante, la fama sconfinata, le molte amanti giunoniche, proprio lei che era così minuta (tra i soprannomi che le affibbiava il regista riminese c’era anche ‘spippolo’, che in romagnolo vale per “chicco”, “scricciolo”).

Eppure Giulietta Masina, a dispetto delle apparenze, di quella sua parvenza di donna delicata e quasi fragile, non si fece mai schiacciare dalle identificazioni: né da quella con il ruolo di vestale del focolare felliniano né da quella con il suo personaggio più noto, la Gelsomina vagabonda e lunare de La strada. Giulietta, a contrario di questa ultima, ha sempre rincorso la vita. E, nonostante le perplessità dei tanti che si chiedevano come potesse incassare con tale disinvoltura le numerose ‘distrazioni’ del marito, si è sempre negata alla semplificazione.

A un uomo che nel 1974 si rivolgeva a lei in una missiva – allora Giulietta teneva una posta del cuore per il quotidiano La Stampa – chiedendole se fosse il caso di restare con sua moglie per amore del figlio, sebbene non provasse per lei più alcun sentimento, rispose che era “un equivoco” essere certi che l’amore si manifestasse per tutti nello stesso modo e secondo la stessa sintomatologia.

Del resto, anche se Fellini non si è mai negato relazioni extraconiugali, il suo amore per la moglie non ha mai smarrito ai suoi occhi il carattere d’urgenza. Nel 1992, un anno prima di morire – esattamente il giorno dopo il cinquantesimo anniversario delle sue nozze con Giulietta – le scriveva, in una lettera appassionata conservata dalla cognata Mariolina Masina e pubblicata postuma, tu sai di essere veramente la mia vita… Tu soltanto mi fai tornare sereno e sai farmi veramente compagnia”. 

Giulietta Masina, non solo Gelsomina

Giulietta Masina è nata a San Giorgio di Piano, ma a quattro anni si è trasferita a Roma, accolta in casa di una zia vedova di origini milanesi.

Giulietta è stata per Fellini la via d’accesso al Paradiso, il suo ponte personalissimo tra carne e spirito. Lei, molto credente e affatto mondana (aveva studiato dalle Orsoline, nella sua infanzia e prima adolescenza a Roma, e non aveva mai rinnegato né la sua educazione né la fede), lo guidò verso quel fondo autentico di cultura cattolica che il regista seppe tramutare nel seme più fertile della sua poetica straniata e simbolista: il conflitto fecondo tra desiderio e senso di colpa, tra slancio immaginativo e tragedia dell’essere, tra pulsione di vita e pulsione di morte.

Di Giulietta Masina vale, tuttavia, la pena ricordare non soltanto i suoi film fellinianiLuci del varietà, Lo sceicco bianco, Giulietta degli spiriti, Il bidone, Ginger e Fred, e, naturalmente, La strada – ma anche le sue interpretazioni in Paisà e Europa ’51 di Rossellini, Senza pietà di Alberto Lattuada, Persiane chiuse di Luigi Comencini, Fortunella di Eduardo De Filippo. La sua filmografia è imponente; il suo talento adamantino.

Charlie Chaplin spese per lei le parole più lusinghiere: “è l’attrice che ammiro di più”, disse una volta. Il suo sguardo mobile, incastonato in un volto tanto comune quanto sovramano nella grazia espressiva a tratti ingenua a tratti dolente, ha fatto da specchio agli incidenti del mondo e ai suoi passi storti, restituiti al pubblico in forma di poesia, di un canto che in un solo impasto fonde joie de vivre e malinconia. Come Charlot, attraverso i suoi personaggi Giulietta Masina ha districato, sempre con levità, gli attorcimenti del destino, le tragedie piccole e grandi dell’esistenza.