Zuckerberg – Il Re del metaverso: recensione del documentario di Nick Green

Il documentario prodotto da Sky, dal 3 febbraio è disponibile in piattaforma

La mente che ha rivoluzionato il mondo, la piattaforma che ha traslato la realtà nel virtuale, alla ricerca di un’interconnessione senza precedenti; Zuckerberg – Il Re del metaverso è il documentario diretto da Nick Green (Avenging Evil, Carlos Ghosn: The Last Flight) che tenta di riassumere, in circa 90 minuti, tutto il percorso evolutivo che negli ultimi due decenni ha visto Facebook, la piccola realtà sorta nei dormitori di Harvard, divenire la più grande potenza mondiale in termini d’influenza e di comunicazione, aggregando altre realtà ad essa complementare e arrivando ad accogliere, oggi, un’utenza pari a circa metà della popolazione globale. Prodotto da Rogan Production e Sky Studios e oggi disponibile sugli stessi canali Sky e, in streaming, su NOW tv, il film analizza i passaggi fondamentali e maggiormente critici che hanno caratterizzato l’evolversi della piccola start-up in colosso globale, concentrandosi, in particolar modo, sulla figura del magnate che ne ha dato i natali e sull’integrità morale dell’azienda.

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Zuckerberg – Il Re del metaverso: il principe divenuto re

Il Re del metaverso cinematographe.it

Primo della classe al liceo e mente estremamente brillante all’università, Mark Zuckerberg sembra essere destinato al successo già durante l’infanzia quando, cresciuto in un ambiente quasi esclusivamente femminile (unico maschio di quattro figli), viene appellato come “il principe” e viziato di ogni affetto. L’inizio dell’ascesa giunge quasi per caso, per gioco, con la nascita di Facemash che, tramite l’inserimento di dati ed immagini, permette la ricerca dei più attraenti studenti di Harvard e che ben presto porta alla successiva intuizione di creare una piattaforma in grado di raccogliere una dose sempre più consistente di informazioni personali e di evolversi per mezzo di algoritmi capaci di studiare e assecondare i gusti degli utenti.

L’oleosa espansione del progetto porta in brevissimo tempo il suo fautore, dalle strette mura del proprio alloggio in università, alla progettazione della conquista della Silicon Valley come suo industriale d’eccellenza, ma l’accrescere vertiginoso dell’azienda trascina con sé una serie di innumerevoli problematiche, legate principalmente ad una difficile regolamentazione dei contenuti e della privacy, a cui si legano le grande inchieste mosse a tutela della divulgazione dei dati sensibili. Vengono rimarcate ed indagate le colpe di Zuckerberg e della sua politica libertaria, facendo leva sull’incorretto sfruttamento delle potenzialità del network e focalizzandosi sugli scandali che ne hanno minato la stabilità negli ultimi anni, dai disordini in Myanmar alle gravi accuse dell’ex dipendente Frances Haugen, passando per lo “scandalo Cambridge Analytica” e l’assalto al congresso americano che ha seguito le elezioni del 2020.

Grande risalto viene infatti concesso anche alle ripercussioni politiche che l’universalizzarsi dell’azienda ha prodotto; viene passata al setaccio ognuna delle campagne elettorali che hanno portato al succedersi di Obama, Trump e Biden alla presidenza degli Stati Uniti e viene posto l’accento sul fondamentale ruolo ricoperto da Facebook in ognuna di esse, sia in qualità di promotore che in quella di censore, con le annesse controversie etiche e i conseguenti cambi di rotta della propria policy.

Una questione di fiducia

Mark Zuckerberg cinematographe.it

Il profilo che viene tracciato del padre del metaverso non si mostra lusinghiero ma non si espone nemmeno con fermezza nel criticarne le scelte, lascia quel senso d’irrisolutezza dovuto ad una propria incapacità nello sbilanciarsi verso la definizione di Zuckerberg come quella di colui che ha favorito una connessione universale poiché mosso da un’esigenza migliorativa dell’esistenza o come quella di colui che agisce spinto unicamente da un bisogno di dominazione. Da padre della condivisione ad uccisore della democrazia, egli vive contrapposto tra la garanzia di una maggiore libertà d’espressione e l’impossibilità di prevenire uno scorretto utilizzo di tale garanzia e pretende una fiduciaria predisposizione da parte dei propri utenti nell’affidamento della propria identità ad una realtà fintamente tangibile, pur essendosi trovato in moltissime occasioni a doversi lui stesso scusare con i suoi circa 4 miliardi di clienti.

Zuckerberg – Il Re del metaverso: valutazione e conclusione

La natura classicheggiante dell’opera di Nick Green si traduce in uno sguardo alquanto distaccato, in una semplice ricostruzione di fatti che cerca d’infarinare lo spettatore sui passaggi più pregnanti di un percorso nato nel 2004 e arrivato oggi a numeri lontani da ogni logica. Non è espresso un giudizio chiaro ma viene bensì data la possibilità al pubblico di farsi un’idea su quello che Facebook è stato e sul suo continuo coinvolgimento in questioni di forte rilevanza sociale e culturale per i paesi di tutto il mondo. Il canonico alternarsi tra immagini d’archivio ed interviste a coloro he hanno vissuto il mito di Zuckerberg da vicino, correda la narrazione della figura di lui, continuamente riproposta da una telecamera che tenta anche di trasmetterne il fare informale ma determinato, scanzonato ma estremamente brillante, per un soggetto la cui forza risiede nella sua stessa natura ma non viene incrementata dal girato, solamente descritta, documentata.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3

3.2