Venezia 80 – We should all be futurists: recensione del corto di Angela Norelli

La recensione di We Should All Be Futurists, il cortometraggio per la regia di Angela Norelli presentato a Venezia 80.

We should all be futurists è un cortometraggio presentato all’80esimo Festival del Cinema di Venezia, creato e diretto da Angela Norelli nel 2023. Dura undici minuti esatti, l’opera della Norrelli, non un minuto in più, ma in questo quarto d’ora mancato per una manciata di giri della lancetta riesce a creare un’opera che colpisce in modo diretto, lascia il segno.

Non sorprende venire a conoscenza del fatto che si tratta di un prodotto proveniente dal Centro Sperimentale di Cinematografia, vista la cifra profondamente radicata nella storia della cinematografia classica e moderna. La sperimentazione, infatti, è tutta introversa, a studiare e ricombinare gli elementi di un cinema passato, con immagini ormai conosciute dall’occhio moderno. L’occhio della Norelli, che ha curato regia, la sceneggiatura e il montaggio, è continuamente rivolto all’indietro, alla storia del cinema di un’epoca trapassata. La sua mente e le sue idee, invece, si tengono saldamente al presente e si propongono di creare il futuro, di contribuire alla sua arte.

Ad aiutarla nella sua impresa, un team italiano di grandi talenti: il suono è di Aman Falconi Alberto Moscone, mentre gli interpreti sono Caterina CianfaZoe Tavarelli e Sofia Russotto.

We should all be futurists: un corto che in poco più di dieci minuti si diverte con un genere e ne ricrea i connotati

La Settimana Internazionale della Critica descrive la trama del cortometraggio in modo breve ma efficace: non è la trama, dunque, il solo cardine e focus di questa opera d’arte. Ecco come viene presentato: ” Tra gli anni ’10 e ’20 del Novecento, in un allusivo carteggio, Rosa confida all’amica Giorgina un segreto: l’uomo-macchina di cui parla Marinetti non è un futuro prossimo per gli uomini, come dicono i futuristi. È un presente per le donne, che Giorgina può ricevere per posta“.

Dalla trama di We Should All Be Futurists, che già esprime la sua ricerca (fruttuosa) dell’ironia, si evince subito che abbiamo a che fare con una irriverente prova tecnica che si cimenta nella cifra cinematografica passata, un manierismo o uno sberleffo che con l’inganno di omaggiare ricrea, ricombina, frena e poi accelera in una sperimentazione nuova e divertente.

Angela Norelli prende dei film dall’Archivio e li rimonta secondo la sua trama originale, ricombina per raccontare la sua storia le immagini di repertorio delle pellicole futuriste, appartenenti agli anni ’10 e ’20 del Novecento. Marinetti, che ne era stato l’ideatore e il promotore, viene sia ripescato che lievemente preso in giro dall’abile trucco cinematografico proposto dalla regista. L’obiettivo appare chiaro, vivido, perfettamente riuscito: l’artista vuole giocare con il suo pubblico, sbalordirlo fino a fargli riacchiappare appieno il senso del cinema, il potere proprio del mezzo con cui si trova a creare un’opera contemporanea con del materiale centenario. Il gioco non è solo leggerezza, spensieratezza, sorpresa: bisogna giocare sì, ma con impegno, con curiosità, con la serietà di chi ha sete di conoscere, sapere come funziona la scatola magica dello schermo, le sue declinazioni e le sue criticità. Con un lavoro minuzioso e appassionato, la Norelli sottolinea l’importanza del cinema, dello spettacolo, dello sperimento inteso nel suo senso più puro e profondo.

Al centro della sua narrazione, la donna: una donna che all’epoca non era altro che corpo (e spesso ci domandiamo se sia davvero cambiato qualcosa da quei tempi così remoti), con l’aggiunta di una voce (il voice over introdotto dalla Norelli dona “vita e fiato” alle protagoniste) sono pienamente se stesse, padrone della loro vita e delle loro azioni, protagoniste di azione e trama. Una provocazione che arricchisce il gioco, seppur nascosta, pronta a spuntare quando meno ce lo si aspetta per mordere e pungere, velocemente, lasciando un piccolo dolore sordo che non acceca per la sua intensità ma resta vivo.

Valutazione e conclusione

We should all be futurists di Angela Norelli è una sperimentazione andata bene, riuscita, piena di passione per il cinema e in grado di trasmetterne la magia anche a coloro che potrebbero non conoscerne la storia. La regista ha, senza dubbio, una profonda conoscenza del mezzo scelto ma anche della sua storia, dei suoi trucchi, senza avere paura di utilizzarli. Il suo coraggio è premiato da undici minuti di inaspettata, divertente, irriverente gioia per gli occhi. Una chicca assolutamente imperdibile!

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

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