Vangelo secondo Maria: recensione del film di Paolo Zucca
Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann sono i protagonisti di Vangelo secondo Maria. Storia (ipotetica) di una donna assetata di conoscenza e libertà, dirige Paolo Zucca, in sala dal 23 maggio 2024.
Arriva nelle sale italiane il 23 maggio 2024 per Vision Distribution, dopo il Fuori Concorso al Torino Film Festival 2023, Vangelo secondo Maria, il film diretto da Paolo Zucca e interpretato da Benedetta Porcaroli, Alessandro Gassmann, Lidia Vitale, Maurizio Lombardi e Fortunato Cerlino. Adattamento dell’omonimo romanzo di Barbara Alberti, qui sceneggiatrice insieme a Paolo Zucca e Amedeo Pagani, ne replica la premessa forte anche se, spiegano regista e autrice, si concede qualche libertà sul finale, allontandandosi dalla fonte, va precisato in piena armonia e senza traccia di polemiche. Si tratta, a scanso di equivoci, di una rilettura – ipotetica e come tale va presa, senza offendersi, senza esagerare – della storia e della vita di Maria, costruita a partire dalle poche informazioni disponibili nei Vangeli. Maria “riscritta”, Maria inventata da capo, senza sfidare la tradizione evangelica ma mettendosi innocentemente di lato, è una giovane donna assetata di conoscenza e sapere, desiderosa di emanciparsi. Testarda, anche quando il mondo mostra di avere altri progetti. La chiave del film è tutta qui, se vi sembra poco: conciliare libertà e destino. Attraverso l’amore.
Vangelo secondo Maria: la donna ribelle e il destino
Sottolinea Barbara Alberti, di Maria sappiamo poco o niente. Con l’eccezione del Vangelo di Luca, che riserva al personaggio uno spazio e una centralità diversa, la Maria evangelica è una non protagonista (dal punto di vista narrativo, s’intende, non teologico) ubbidiente e, forse, un po’ passiva. D’altronde, lo sbilanciamento dei rapporti di forza – la donna mortale, la divinità onnipotente – ben si presta alla riflessione innescata dal film. Il gioco, teorico e del tutto ipotetico, è costruito attorno a una giovane donna che sa cosa vuole dal mondo e da se stessa, ma che un giorno scopre che la vita ha deciso altrimenti. Aggirare il destino è impossibile, ma forse ai margini del disegno divino ci si può ancora ritagliare un angolino di libertà. Nelle parole dei realizzatori, Vangelo secondo Maria è la storia di due amori. C’è l’amore divino, annunciato dall’angelo, la promessa di un figlio che cambierà il mondo e consegnerà il ricordo e il nome di Maria all’amore e alla devozione di generazioni di fedeli. E c’è l’amore umano, da aggiustare e perfezionare, con Giuseppe. C’è, soprattutto, la voglia di indipendenza, di emancipazione e libertà di Maria (Benedetta Porcaroli). La sua sete di conoscenza.
Maria vuole travestirsi da ragazzo e poi andare a Alessandria, la città dei libri, per sapere e conoscere. La società patriarcale in cui vive la condanna a un ruolo di sempiterna subalternità, ma ha commesso un errore, le ha concesso uno spiraglio di luce. Arrivata l’età giusta, l’ha mandata in sinagoga, dove ha potuto ascoltare le storie dei Profeti. Le sono piaciute, hanno scoperchiato una curiosità smodata. Vangelo secondo Maria è la storia di una donna che vuole fare le cose a modo suo. Come finirà, lo sappiamo; c’è da capire, sussurra il film, in che modo il desiderio di emancipazione della ragazza si concilierà con… il resto. La madre di Maria, Anna (Lidia Vitale), inorridisce alla ribellione della figlia, ne deplora i piedi sporchi, l’attitudine trasandata e il rifiuto delle nozze convenienti con il figlio del grande sacerdote (Fortunato Cerlino). Non resta che combinarle un matrimonio di ripiego con il falegname Giuseppe (Alessandro Gassmann), che ha girato il mondo e ora è tornato a casa. Cerca una moglie per alleviare il peso della solitudine, Maria non ci pensa proprio a sposarsi, così trovano un compromesso. Il matrimonio è di facciata, Giuseppe le farà da maestro finché Maria non ne saprà abbastanza da sentirsi pronta a partire per Alessandria. Non è amore, il loro, all’inizio. Piano piano lo diventa, soprattutto quando l’inaspettata chiamata divina sconvolge la vita di Maria e costringe Giuseppe a adeguarsi.
Non contro i Vangeli, accanto. Non contro gli uomini, insieme (a quelli giusti)
Barbara Alberti, pensando a se stessa e alle donne formate su un modello di ubbidienza, purezza e remissività insostenibile, scrive il romanzo in risposta (anche ironica) a un’educazione avvertita come una violenza. Vangelo secondo Maria tiene conto del tempo che passa – dall’uscita del libro quasi cinquant’anni – delle cose che inevitabilmente cambiano, nel modo di plasmare e condizionare l’identità femminile, e di quelle che restano uguali. Non è niente di più e niente di meno di un’ipotesi giocosa e dolcemente iconoclasta, la variazione sul tema (mariano) che parte dalla narrazione evangelica per provare, con la sua storia alternativa, a immaginare l’interiorità di una donna, la sua lotta per affermarsi, nel mondo e con la gente, come soggetto attivo e non come recipiente della volontà altrui. Non contro i Vangeli, ma accanto; non c’è spazio per la provocazione fine a se stessa. Non disprezza, il film, né cerca di demistificare, la religione e la sua verità, ma è chiaro che ci sarà chi si sentirà offeso. Lo farà a suo rischio e pericolo, attribuendo alla storia e alle sue ipotesi un valore e un’intenzione che, molto semplicemente, non esistono. Non contro gli uomini, ma insieme; il femminismo di Vangelo secondo Maria è brioso e velatamente ironico, esalta la volontà di affermazione della donna mettendole accanto l’uomo e sforzandosi di trovare quello giusto. Il maestro che sa anche essere allievo, il buon Giuseppe, non prevarica Maria, non è mai tirannico e quando l’incredibile annuncio cambia la vita, sua e della moglie, prima vacilla. Poi si arrabbia. Infine, capisce.
Paolo Zucca organizza Vangelo secondo Maria con lucida geometria. Film in due parti. La prima, per restituire un carattere terreno e un’umanità riconoscibile a figure altrimenti cristallizzate. Non vale solo per Maria, ribelle divorata dal fuoco della conoscenza e dalla sete di emancipazione. Non solo per Giuseppe, il maestro di buon cuore e dal grande sapere in cerca di una scintilla che gli riaccenda la vita. Vale, soprattutto, per i personaggi cosiddetti collaterali. Per la straordinaria Lidia Vitale, che qui è Sant’Anna, la madre di Maria; il patriarcato l’ha sotto la pelle e cerca di piegare la volontà della figlia ai desideri degli altri, convinta che sia l’unica carta in mano a una donna per sopravvivere. Vale per Maurizio Lombardi, Erode criminale ossessionato dalla colpa e dal senso (profetico) della caduta imminente. Vale per il tronfio sacerdote Fortunato Cerlino. Poi, una volta ricostruita la verità carnale, quotidiana, dei personaggi, Paolo Zucca porta il film nel secondo tempo: Maria e Giuseppe, reinventati per l’occasione, ritornano nel solco della narrazione evangelica ufficiale. Dio chiama Maria, sta a lei decidere come rispondere. Il grande tema, il filo rosso, è la lotta tra destino e libero arbitrio. La sfida del film è di (ri)costruire l’amore umano di Maria e Giuseppe per farne l’ancora di salvezza che li rende liberi nonostante il disegno divino. Senza rifiutarlo, neanche lasciandosene stritolare.
Vangelo secondo Maria: conclusione e valutazione
Ed è qui che Vangelo secondo Maria inciampa. Riesce bene a raccontare l’umanità di Maria, a fissarne l’impeto ribelle, la vitalità curiosa, ma quando si stratta di misurare l’impatto dell’intervento divino sul corpo e il carattere della giovane donna, quando viene il momento di aggiustare il rapporto con Giuseppe e fare, del dialogo tra allieva e maestro, un amore vero (forse più profondo, dicono i realizzatori, di quello divino), qualcosa manca. Manca il tempo di approfondire e complicare. La narrazione si fa più disorganica e frettolosa ed è un vero peccato, perché la prima parte di quest’ipotesi cinematografica che non riscrive i Vangeli, ma li usa come spunto per riflettere, ha dalla sua una tensione e un’energia forti, giuste.
Resta la scabra eleganza, primitiva e un po’ pasoliniana, degli sfondi sardi. Resta la dignità dolce e la forza testarda di una brava Benedetta Porcaroli, la maturità venata di malinconia e fragilità di Alessandro Gassmann, che gioca con l’età in maniera intelligente. Resta la cura dell’immagine, mai pretenziosa, resta la forza di una premessa originale, creativa e spiazzante. Vangelo secondo Maria è al suo meglio quando si tiene lontano dalla narrazione ufficiale evangelica. Non ha tutta la forza, riavvicinandosene, di portare la metafora alle estreme conseguenze, di liberare le potenzialità della premessa.