Biografilm 2023 – Une vie comme une autre: recensione

L'opera prima di Faustine Cros è un documentario di famiglia che mette a confronto due concezioni opposte di cinema.

Il documentario di Faustine Cros, Une vie comme une autre, vincitore del premio Hera Nuovi Talenti al Biografilm 2023, è un esempio perfetto delle potenzialità che il cinema documentaristico possiede, per quanto concerne la possibilità di riscrivere la memoria piuttosto che di riattivarne il ricordo, così come ipotizzato da Chris Marker.

Une vie comme une autre Cinematographe.it

Faustine ha trent’anni nel momento in cui gira il documentario, cioè la stessa età di sua madre Valérie quando la partorì. Il lavoro della Cros ruota tutto attorno a questo legame generazionale e si configura come un incontro fra due donne, che solo ora sembra riescano davvero a conoscersi. Attraverso la contrapposizione e giustapposizione di immagini girate dall’autrice e quelle girate durante la sua infanzia dal padre regista, Jean-Luis, il film ci offre una doppia ricostruzione del passato familiare di Faustine.

Une vie comme une autre. Un film familiare

l racconto rievoca come Valérie, dopo la nascita di Faustine, lasci il proprio lavoro di truccatrice cinematografica ed entri in uno stato di depressione. La donna cerca di superarlo attraverso l’identificazione col ruolo materno, l’escamotage dei giochi con i figli (Faustine e il fratello Ferdinand), in cui interpreta una sorta di alter ego, la strega Valére, prima e il tentativo, fallimentare, di ritornare al suo lavoro, dopo. Il demone della depressione continua però a proiettare la propria ombra sulla sua vita. Sebbene ciò traspaia dalle riprese di Jean-Luis, sembra che l’uomo non se ne renda conto. Risulta inquietante quanto le immagini girate dal padre vorrebbero essere semplicemente degli estratti di una vita familiare felice. L’uomo riprende tutto perché vorrebbe creare delle memorie piacevoli, per ricordare, in futuro, a Valérie che tutto sommato quei giorni apparentemente cupi, furono giorni felici. La Cros prende queste immagini e attraverso un attento montaggio, ne fa emergere lentamente il lato oscuro, la verità negata dell’interiorità scissa di Valérie/Valére. Grazie a questo processo la figlia può finalmente comprendere il perché di alcuni atteggiamenti della madre. E grazie alle interviste fatte dalla regista ai familiari può ricucire lo strappo emotivo avvenuto anni prima.

Due generazioni (di cinema) a confronto

Une vie comme une autre allora afferma come l’immagine registrata, anche quella che in teoria vuole offrire una testimonianza del reale, sia sempre un’interpretazione parziale e soggettiva della realtà. Il padre di Faustine ha ripreso quasi ogni giorno la sua famiglia per anni, eppure non è stato in grado di leggere oltre la superficie piatta del quadro video entro cui la costringeva. È necessario l’intervento ri-creativo della figlia, attuato attraverso il montaggio, per restituire profondità alla storia della madre.

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In altri termini si può sostenere che in Une vie comme une autre si contrappongano due idee di cinema e due generazioni di cineasti.Da un lato abbiamo una visione tradizionale del cinema, quella di Jean-Luis. Una visione, se si vuole, inconsciamente reazionaria, che pensa si possa sostituire il flusso della realtà con la sua rappresentazione. Jean-Luis sostiene, come già accennato, la tesi per cui nonostante il dolore provato dalla moglie in quei giorni, una volta fissati in video i momenti belli, sarebbero rimasti nel tempo solo quelli: la loro rievocazione videoregistrata avrebbe dovuto sostituire ciò di cui essi sono ancora oggi traccia. Si tratta insomma della vecchia idea romantica per cui l’arte può sostituire la vita, in una sorta di esaltazione delle capacità dell’uomo di riplasmare la natura, secondo la propria volontà. Dall’altro lato invece abbiamo un punto di vista femminile e femminista che, senza indulgere nella retorica, usa l’arte come semplice dispositivo atto a far emergere le contraddizioni di una narrazione specifica del reale (una narrazione maschile, lo si ricordi). La Cros sostiene con questo lavoro che non esistono punti di vista univoci e, privilegiando la tecnica del montaggio esibito, in quanto cifra del processo filmico, privilegia la capacità del cinema di destrutturare il reale, per poterne far emergere gli aspetti più contraddittori e problematici.

Une vie comme une autre. Valutazione e conclusioni

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La concezione di cinema della Cros si situa allora in un più ampio movimento culturale, che vede nel documentario lo strumento adatto per ricostruire tutti quei punti di vista e quelle narrazioni che sono state escluse, per anni, dalle autorappresentazioni di una società basata sul dominio di classe, di genere, etnico e di funzionalità psicofisica. Nonostante Une vie comme une autre non abbia intenti apertamente politici e la Cros non voglia certo giudicare il padre, il film è parte integrante di questa nuova ondata di cineasti e soprattutto cineaste, che hanno inglobato nelle loro pratiche la volontà etica/estetica di destrutturare il dominio dell’immagine pulita, portatrice di una verità univoca, sempre legata al potere del capitalismo patriarcale. Si tratta quasi di una questione generazionale, che va oltre l’ideologia stessa. Non è più tempo del cinema di papà – ancora una volta!

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.6