Un bel mattino: recensione del film di Mia Hansen-Løve

Léa Seydoux tra un padre che si spegne e un amore che nasce. Un bel mattino, regia di Mia Hansen-Løve, arriva nelle sale italiane il 12 gennaio 2023.

Le cose hanno cominciato ad andar bene praticamente da subito, a Cannes, primavera 2022, alla Quinzaine des Réalisateurs. È proprio il caso di dire fino a qui tutto bene, criticamente parlando, per Un bel mattino, il film diretto da Mia Hansen-Løve (Sull’Isola di Bergman) e nelle sale italiane il 12 gennaio 2023 per Teodora Film. Tra il caloroso abbraccio francese e l’arrivo dalle nostre parti, un passaggio americano altrettanto felice a conferma della seduzione trasversale del film, qualunque cosa significhi un’affermazione del genere. Léa Seydoux, Pascal Greggory, Melvil Poupaud, Nicole Garcia per una storia affollata, paradossale e spiazzante come la vita.

Un bel mattino: mentre un amore tramonta, un altro nasce

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L’ispirazione è autobiografica, almeno in parte. Mia Hansen-Løve concepisce la storia e la sua geometria coraggiosamente servendosi di un riferimento privato e doloroso, il ricordo del padre malato. Un bel mattino, vale la pena di ripeterlo, è un film geometrico, perché intreccia nel perimetro di una vita, la vita di Sandra (Léa Seydoux), interprete e madre single di Linn (Camille Leban Martins), due forme contraddittorie. Hanno poco da dirsi a vicenda, muovono da direzioni diverse, hanno obiettivi differenti, ma si trovano a calpestare un terreno comune. Un amore che si spegne, un amore che nasce.

L’amore si spegne ma non per incomprensioni o fratture insanabili. Il sentimento che unisce Sandra al suo papà, Georg (Pascal Greggory), professore, uomo di vasta cultura, sadicamente colpito dalla vita proprio nel punto di massima vulnerabilità, è solido e tale resta per tutto il corso del film. A cambiare sono le circostanze. Una malattia degenerativa sottrae vitalità alla mente dell’uomo, forza al suo respiro interiore, lucidità allo sguardo. Sandra accudisce amorevolmente il padre in un percorso, la ricerca di un posto dove ci si possa prender cura di lui, che si fa più doloroso ogni giorno che passa. Poi c’è un altro amore.

L’amore che nasce tra Sandra e Clément (Melvil Poupaud). I due si conoscono da un po’, lui ha sempre provato qualcosa ma in silenzio, di nascosto. Sandra, dal canto suo e per gran parte del tempo, ha pensato a una calorosa amicizia e niente più. A complicare ulteriormente il quadro c’è il fatto che Clément è sposato. Sceglieranno di amarsi comunque, traballando, facile a immaginarsi, perché questo legame apparentemente senza approdo è una forza vitale e positiva nella vita di tutti e due, ma specialmente per Sandra. A metà strada tra l’amore che nasce e il dolore per il padre, la complicità con la sorella Elodie (Sarah Le Picard) e l’altra ancora di salvezza, la mamma Françoise (Nicole Garcia). Questa è la vita di Sandra, ma forse sarebbe più corretto dire che questa è la vita.

La vita è complessa e sa tenere insieme tante cose, l’amore e il dolore

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Léa Seydoux spogliata dell’impronta glamour e di un sex appeal indiscutibile e non convenzionale; quotidiana, vera, come non capita spesso di incontrarla. Non era una luce spettacolare la priorità di Mia Hansen-Løve. Il cuore emotivo del film chiama un’asciuttezza elegante e sfrondata del superfluo. La Seydoux risponde all’appello con il convincente ritratto di una femminilità forte, piena di sentimento, con qualche angolo di malinconia, uno sguardo aperto e una carica di erotismo da non sottovalutare.

Amore e sesso, che nel discorso cinematografico di Mia Hansen-Løve contano e anche molto, qui tenacemente intrecciati. Il film trabocca di sensualità, armonizza eros e sentimento e ne fa, letteralmente, una cosa sola. Un bel mattino mette di continuo in contatto piani di lettura, nuclei tematici e atmosfere. Contemporaneamente film estivo e invernale, formalmente imperniato su un’immagine ricercata ma senza arroganza o velleità di ostentazione. Racconto di assenze e presenze che si intrecciano, senza arrivare a una risoluzione, a una chiusura netta. È questa la sua forza.

Sandra perde un padre, che è ancora vivo ma è come se non ci fosse più, proprio mentre inizia a costruire un nuovo progetto di vita. C’è un respiro comune alle due forme che fanno la geometria complessa del film, l’amore. L’amore di una figlia per un padre, la fragilità commovente di Pascal Greggory, di una donna per il suo compagno, l’incostante ma delicato Melvil Poupaud. Dalla prima viene per lo più dolore, dalla seconda, al netto delle tante difficoltà pratiche, un’esplosione di luce.

Una visione d’autore più incerta avrebbe cercato un’impossibile conciliazione, Mia Hansen-Løve no. Il dolore e la felicità occupano la vita in maniera problematica. Si parlano anche se non si capiscono, si influenzano vicendevolmente ma senza mai fondersi del tutto. È questo gioco, questa strana comunicazione, che Un bel mattino riesce a fissare, accettandone l’ambiguità, con una gran voglia di aprirsi al domani ma senza risposte facili. Che il film riesca a fare questo, contemporaneamente parlandoci di conoscenza, della vita di una persona come la raccontano gli oggetti, della precarietà dell’esistenza, è notevole.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4