Un anno di scuola: recensione del film di Laura Samani, da Venezia 82
Un anno di scuola è il processo di crescita del personaggio di Fred, costantemente sotto una pressione che non la fa sentire del tutto libera.
Laura Samani, classe 1989, dopo i cortometraggi La santa che dorme, il film Piccolo corpo con il quale ha vinto il David di Donatello come Miglior regista esordiente, e un altro corto intitolato L’estate è finita – Appunti su Furio, sbarca a Venezia con Un anno di scuola. Basato sul romanzo Un anno di scuola di Giani Stuparich, il film è stato presentato nella sezione Orizzonti dell’82ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Scritto dalla stessa Samani insieme a Elisa Dondi, Un anno di scuola è composto da un cast di giovanissimi, tra le migliori promesse del cinema italiano. La storia ruota attorno a Fred, originaria di Stoccolma che si trasferisce a Trieste in un Istituto Tecnico frequentato da soli uomini. Antero, Pasini e Mitis, trio inseparabile, accolgono la presenza di Fred dopo i primi scherzi di cattivo gusto che Fred è costretta subire. L’amicizia che la lega ai tre è sincera e sentita, ma nasconde anche qualcos’altro, e Fred si trova costretta a sacrificare una parte di sé per diventare davvero una di loro.
Un anno di scuola e quello che si crede di conoscere

La crescita di una giovane donna, un amore impetuoso, regole di gruppo, essere l’unica ragazza in un mondo prettamente maschile: Un anno di scuola è tutto questo e la love story di un teen drama che appare centrale è un pretesto per raccontare qualcos’altro. La percezione di uomini e donne vista da parte degli uomini, dei giovanissimi nell’Italia del 2007, a Trieste, quando forse quella mancanza di sensibilità e quelle differenze di genere non erano ancora considerate realmente un problema. Ma lo erano. Battute e commenti venivano accettati ed erroneamente si pensava non ci fosse niente di male. Laura Samani opera, con sguardo intelligente e sagace, lavorando sull’impressione e l’intuizione. Sentori e presentimenti che non potrebbero essere altrimenti. Il punto di vista all’inizio di Un anno di scuola è quello volgare, semplicistico e indecente dei ragazzi di una scuola maschile. Ragazzi che non capiscono, non hanno idea e insistono.
Dapprima la stessa Fred appare come una vittima sola ed esposta, disarmata di fronte a uomini che sono umilianti da singoli, ma che nel branco danno il peggio di sé. Il personaggio che viene presentato all’inizio è quello di una ragazza riservata e silenziosa, con una difficoltà linguistica non indifferente, che capisce come solo il coraggio, l’audacia e uno “stare al gioco”, rispondere a tono e non farsi intimidire da atteggiamenti altrui che non può controllare, sono gli unici mezzi che può usare. Essere se stessa, perché stare in disparte non le giova. La conoscenza di Antero, che non interviene, osserva e raramente partecipa agli scherzi, con cui può essere più sincera, è l’inizio della vera Fred che non ha paura di mostrarsi: l’hanno messa in difficoltà, ma lei sa come reagire. Non ha motivo di aspettare che l’accettino.
Dalla Svezia all’Italia, da Stoccolma a Trieste, un contesto del tutto nuovo che coglie alla sprovvista

L’esuberanza di una figura che viene da lontano, che con quegli uomini che l’hanno presa di mira, si trova più in sintonia di quanto loro si sarebbero mai aspettati, è spiazzante per tutti. Comprese le ragazze che, nell’edificio di fronte, la includono nel loro gruppo di amici. Ma sono Antero, Pasini e Mitis a diventare ognuno pilastro fondante dell’altro e a trovare in Fred il quarto membro di un gruppo affiatato, effervescente e vivace. In una Trieste raramente soleggiata, l’atmosfera spumeggiante e festaiola è proprio quella che il film di Laura Samani trasmette. Tra alcool, feste e notti insonni, i ragazzi a volte perdono il controllo, altre volte vanno alla ricerca del divertimento sfrenato e altre ancora si abbandonano a confessioni su divani impolverati mentre le pareti si inebriano del fumo che ravviva le loro serate.
Mentre da una parte però ci sono lo svago, il piacere e l’allegria giovanile, ci sono anche voci che girano e sentimenti che cambiano. Un anno di scuola racconta così quanto i concetti di essere e apparire siano tutt’altro che sdoganati. Oggi se ne discute, ieri erano ordinari. Le regole sociali che si cerca di combattere sono intrinseche nell’animo umano. Fred è scomoda agli occhi di tutti, eppure è una persona della quale non riescono a fare a meno. È il rovesciamento di ruoli che stanno ormai stretti. Il film di Laura Samani è un racconto sociale e un racconto di formazione: triangoli amorosi, legami segreti e gelosie infondate, il gruppo stesso, fuori dalla bolla della loro unione, risente di quei pettegolezzi che, inconsapevolmente, sono figli di concezioni alla base delle differenze di genere. Un sistema da sradicare che più di dieci anni fa non era neanche contemplato.
Un anno di scuola e un anno di crescita interiore per entrare in connessione con se stessi

In Un anno di scuola è ben rappresentata l’amicizia maschile, e quella tra uomo e donna, quella che realmente disorienta e che può essere fraintesa. Facilmente additata come causa scatenante di incomprensioni e rapporti che si spezzano. Nel film di Laura Samani spiccano le interpretazioni dei i giovani coinvolti, primi fra tutti Stella Wendick e i tre ragazzi del suo nuovo gruppo. Dove ognuno di loro è ben caratterizzato, colorando il proprio sguardo di quel mare di sensazioni che provano e che, da adolescenti, molto spesso non ha parole, o meglio, che non si ha voglia di trasformare in parole. Un anno di scuola sembra un classico teen drama, ma in realtà ha un intento più ambizioso e profondo, e che nel complesso riesce a raggiungere.
Un anno di scuola: valutazione e conclusione

Un anno di scuola è il processo di crescita del personaggio di Fred, costantemente sotto una pressione che non la fa sentire del tutto libera, né quando credeva che nascondersi ed essere distaccata fosse la strada giusta, né quando ha deciso di mostrarsi senza remore. La macchina da presa si muove così in una Trieste atipica, nascosta tra vicoli, garage e party privati, nel desiderio di esclusività e unicità tipico dell’adolescenza. Riprendendo con estrema attenzione i volti, le espressioni che si leggono negli occhi e nei lineamenti di un viso che non dà voce all’emozione, ma che non riesce neanche a nasconderla. I personaggi di Un anno di scuola parlano poco e i loro scambi sono semplici. Elemento di sceneggiatura realistico, oggi ancor di più, ma anche anni fa, quando il film è ambientato. La fotografia adotta un approccio forse troppo semplice, quasi documentaristico, dal sapore retrò che però ben disegna un’epoca lontana.
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