Venezia 75 – Three Adventures of Brooke: recensione

Three Adventures of Brooke è un fantastico labirinto cinematografico ed esistenziale.

Protagonista di Three Adventures of Brooke è la giovane e sensibile Sing “Brooke” Si (Xu Fangyi), che da Pechino ha deciso di andare in vacanza in Malesia. Socievole e piena di curiosità, accetta l’aiuto di una giovane coetanea, che la soccorre quando la sua bici si rompe e con la quale stringe in men che non si dica un’amicizia istintiva e girovaga.
In un incredibile gioco di variabili esistenziali, il regista Yuan Qing toglie ogni certezza allo spettatore mostrandogli, in altri due episodi, cosa sarebbe successo alla giovane Brooke se non avesse incontrato quella ragazza ma altre persone in quel momento specifico della sua vita.
Strizzando l’occhio a Sliding Doors, alla teoria del Caos, al caos della vita, Qing crea un fantastico labirinto cinematografico ed esistenziale, dove lo spettatore viene privato di ogni certezza, costretto a riconoscere il flebile equilibrio della protagonista, le mille maschere che essa porta e che in fondo sono anche le nostre.

Three Adventures of Brooke: un fantastico labirinto cinematografico

Three Adventures of Brooke però, al contrario di altri film così mutevoli e originali, rassicura lo spettatore con un tono discreto, affettuoso, giocoso spesso, valorizzato da una fotografia di Zhu Jinjing particolarmente gradevole, pastosa, che valorizza al massimo gli splendidi paesaggi della Malesia ma anche la dimensione più quotidiana, privata, gli interni coi loro colori caldi, i graffiti, le piccole via di un paese esotico ma non per questo distante.
Yuan Qing firma il buon montaggio ma soprattutto la sceneggiatura, che possiamo definire un raggio di sole in una rassegna dove l’autorato cinematografico sovente ha mostrato quest’anno a Venezia grande mestiere, tecnica ma idee sovente confuse o se non altro mal sviluppate e realizzate.
Qui invece c’è solo da togliersi al cappello alla grande sensibilità e abilità con cui Three Adventures of Brooke riesce a parlarci della protagonista, dei suoi dubbi (piccoli o grandi) dei vari personaggi in modo cristallino ma non per questo semplicistico.

Ciò che emerge è una visione della vita, dell’esistenza, condizionata dalle situazioni, lontana da quella sorta di predestinazione che sovente Hollywood attacca ai personaggi, alle persone.
Come nella teoria del Caos, anche qui nulla si ripete, nulla è prevedibile e tutto è soggetto alla vita, ai momenti, agli istanti, non vi sono certezze se non la mancanza di certezze.
Brooke con il suo incidere timido, reale e ad un tempo favolistico, ci regala l’immagine molto familiare di ricerca del senso della vita, del senso della realtà, una realtà che sovente deve cambiare, può cambiare ma come? Il viaggiare sembra per molti, anche per lei l’unica soluzione.
Non è un film occidentale né orientale, diciamo che è a metà strada, strizza l’occhio ad una certa cinematografia francese e tedesca esistenzialista ma senza esagerare, senza perdere di genuinità.

Three Adventures of Brooke: una storia fatta di grande sensibilità

Three Adventures of Brooke Cinematographe.it

Three Adventures of Brooke è anche racconto di formazione quindi, analisi dell’ansia giovanile di trovare una strada, un senso, soprattutto oggi, senza lucidità e con molta paura; alla base il regista mostra la particolare volontà da parte di molti di questi giovani nel cercare una verità assoluta negli altri e nel mondo che li circonda, nel volere quella Terra Promessa “ramazzottiana” ignorando che essa è dentro di noi e nelle scelte che facciamo.
Ma a modo suo, questo film ci mostra anche quella verità che Brooke capirà solo nel tempo, nel suo cammino in questo suo viaggio incostante, quella verità scritta da un rapper non più tra di noi, per la quale “ci hanno dato delle scarpe/bisogna capirne il senso/perché non si può coprire di gomma l’intero universo”.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.7