Third Person: recensione

Third Person è un film corale presentato in anteprima mondiale nel 2013 al Toronto Film Festival e distribuito in Italia da M2 Pictures a partire dal 2 aprile 2015. Quinta regia per Paul Haggis, la pellicola ripropone il gusto del cineasta per le dinamiche interpersonali, qui incastrate, come nell’acclamato Crash, in una cornice in cui storie parallele trovano un inaspettato punto di incontro. Se nella fortunata pellicola del 2004, però, “lo scontro” tra persone era stato architettato a tavolino al servizio del dipanarsi di una trama che aveva tanto da dire e sapeva perfettamente dove andare a parare, in questo caso non si può dire la stessa cosa: Third Person sembra ripercorrere nostalgicamente lo stesso stile narrativo senza la completa consapevolezza riguardo a cosa voler trasmettere allo spettatore.

third person liam neeson

Una scena del film

Parigi. Michael (Liam Neeson) è uno scrittore premio Pulitzer che fatica a trovare l’ispirazione che un tempo lo ha reso celebre; ombroso e ancora assetato di successo, si è recentemente separato dalla moglie (Kim Basinger) per vivere liberamente la relazione con la giovane aspirante collega Anna (Olivia Wilde), una donna sicura di sé ma restia ad abbandonarsi ai sentimenti. Michael, dal canto suo, sembra talmente immerso nelle sue fantasie letterarie da faticare a vivere delle reali emozioni, non mediate dalle vicende cucite addosso ai propri personaggi. Contemporaneamente, a Roma, Scott (Adrien Brody), un misterioso uomo d’affari, non vede l’ora di lasciare la Capitale per tornare a New York; esageratamente insofferente verso ogni forma di italianità (anche se, osservando la performance di  Riccardo Scamarcio nei panni del burbero barista romano, fatichiamo a dargli torto…) vive la classica profezia che si auto avvera imbattendosi unicamente in manifestazioni di cafonaggine e ottusità nostrana, in mezzo alle quali ha l’inaspettata fortuna di incontrare la bellissima Monika (Moran Atias), una zingara vittima (neanche a dirlo) del più profondo pregiudizio razzista da parte dei frequentatori del locale. Affascinato e in cerca di un espediente per stabilire un contatto con la donna, Scott si troverà coinvolto in una losca storia di criminalità e riscatti, sulle orme della fantomatica figlia della gitana.
A New York, infine, assistiamo alla disavventura di Julia (Mila Kunis), mamma instabile e un po’ sfortunata alla quale è stata revocata la custodia del figlioletto di 6 anni con l’accusa di aver tentato di soffocarlo; sola e ostacolata in primis dall’ex compagno (James Franco) la donna farà del suo meglio per riuscire a riabbracciare il piccolo almeno una volta.

third person adrien brody

Scott in una scena del film

Third Person cerca di parlare di relazioni da un’ottica sicuramente non onnisciente: anzi, il regista sembra il primo ad ammettere la sua confusione sull’argomento, presentando numerose sfaccettature possibili dell’incontrarsi e del dipanarsi del sentimento amoroso, il cui unico punto fermo appare il suo essere incondizionato e indipendente dalla condotta di chi ne beneficia. Il resto sono ipotesi rimbalzanti, nelle quali a tratti osserviamo come l’apparenza, nel bene e nel male, possa ingannare, mentre altrove i fatti sembrano confermare la veridicità del giudizio superficiale, in un carosello di conferme e smentite che troveranno (forse) una spiegazione solo nel colpo di scena finale, attraverso il quale ognuno sarà libero di attribuire il proprio significato ad una pellicola che, dispiace dirlo, ha anteposto la complessità del narrato alla sua qualità, giocando con l’elemento drammatico in modo quasi pretestuoso e non completamente onesto.

third person james franco

Una scena del film

L’attenzione per i punti di collisione fra le storie, spesso sapientemente fuorvianti e giocati sul sottilissimo filo del surreale (pur con qualche azzardo di troppo), unita alla piacevole tensione dello svolgimento narrativo, che si giova di una sceneggiatura ben scritta e generalmente ben interpretata dall’ottimo cast, contribuisce tuttavia a salvare la pellicola, il cui più grande punto di demerito è conoscere le ben altre possibilità del linguaggio cinematografico di chi l’ha diretta.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2

Voto Finale