The Witcher: Nightmare of the Wolf – recensione dell’anime Netflix

In The Witcher: Nightmare of the Wolf si parla del mostruoso ampliandone i confini.

Arriva il 23 agosto 2021 su Netflix, The Witcher: Nightmare of the Wolf di Han Kwang II, lungometraggio anime che non fa da ponte per la storia di Geralt, ma fa da intermezzo tra prima e seconda stagione di The Witcher. La coproduzione coreano-americana, ultima tessera dell’universo letterario, seriale e videoludico che compone il franchise della saga fantasy. Al centro del racconto c’è Visemir (doppiato in originale da Theo James, la voce di Hector in Castlevania), il mentore dello scontroso strigo, protagonista principale della saga, Geralt di Rivia.

The Witcher: Nightmare of the Wolf, Cinematographe.itThe Witcher: Nightmare of the Wolf – l’infanzia e la giovinezza di Vesemir

The Witcher: Nightmare of the Wolf narra la vita e le avventure giovanili di Vesemir che, da ragazzino, è un inserviente in una casa benestante, con sogni più grandi del servire e pulire e di stare agli ordini di un padre che lo deride. Vorrebbe diventare ricco e vivere felice con Illyana, sua coetanea e serva come lui, luce nelle sue tristi giornate; è importante per lui l’arrivo di Deglas che gli cambia la vita e lo fa diventare cacciatore di mostri. Passa il tempo e Vesemir è oramai un vero Witcher, conosciuto per la sua bravura, al servizio della causa del Nord. Accadono cose strane, incidenti inspiegabili e lui dovrà capirne le ragioni, capire l’origine del male, al suo fianco c’è la potente maga Tetra. Quel che emergerà dalle sue avventure ribalterà le sorti dei Witcher.

È la prima delle opere che derivano dai personaggi creati da Andrzej Sapkowski. Sangue, scontri e violenza, questi sono alcuni degli ingredienti dell’anime; l’inizio chiarisce subito il tono: adulto, maturo e senza mezze misure, perché la brutalità del mondo in cui questi personaggi vivono, già elemento fondamentale in libri, serie e videogiochi, qui è ancora più centrale. I lettori e i giocatori di The Witcher conoscono bene ogni cosa che si racconta tra le pagine e tra i pixel del videogioco, conoscono Sapkowski, l’immaginario da lui creato, lì bene e male si sfiorano, lì tutto si confonde. Vesemir sa questo, è cresciuto lì in mezzo a quel sangue, quelle violenze, quelle brutalità, fin da piccolo, fin da ragazzino voleva star dentro a quel mondo, non voleva essere sopraffatto dalla povertà, misero tra i miseri. Il protagonista è curioso e tra i Witcher trova il suo luogo naturale anche se questo vuol dire un cammino privo di fama e pieno di privazioni.

L’anime è uno studio sull’addestramento di Vesemir e una sorta di preparazione anche per lo spettatore (lettore/giocatore) che può già sapere quale sia la formazione di ogni strigo fatta di perdita e sofferenza. Infatti diventare un cacciatore di mostri significa imparare la rinuncia: non può conoscere/avere nessun legame, non può avere nessun affetto, deve solo e soltanto sapere sacrificarsi.

Il punto interessante è che tutto sembra appartenere allo stesso mondo, ogni elemento ha a che fare con l’altro. Vesemir, nonostante sia borioso, scontroso e spesso brusco, è comunque più loquace di Geralt, è attraverso la sua storia, la sua infanzia che il pubblico di Netflix, anche chi non sa nulla di questo mondo, può davvero conoscere i cacciatori di mostri. Si è immersi nelle zone grigie dell’universo di Sapkovski, con tutti i dubbi, le incertezze, si è in un limbo complesso. Temi importanti sono quelli del diverso e dell’inclusione.

Gli strighi vengono discriminati. Visemir solleva più volte la questione: quelli come lui vengono considerati un male di cui spesso si ha bisogno, loro sono potenti mutanti che stanno al mondo per dare la caccia ai mostri, vittime di un immaginario che li dipinge come profittatori delle tragedie umane, capaci di sfruttare l’ignoranza; è una società questa brutale e feroce che emargina i cosiddetti mostri e i cacciatori di quei mostri, messi sullo stesso piano per cui i nemici degli uni e degli altri ne chiedono la stessa fine: l’estinzione. Appare chiaramente quale sia il messaggio del film: tanto i mostri sono fragili e pietosi quanto gli umani sono scuri e spaventosi. Sia gli uni che gli altri abitano lo stesso mondo che è terrorizzante, ingiusto e malvagio. Saltando tra presente e passato, l’anime è in grado di mostrare l’azione, spade e sangue, ma è anche capace di approfondire il personaggio.

The Witcher: Nightmare of the Wolf, Cinematographe.itUn mondo brutale che si apre ai nostri occhi

In The Witcher: Nightmare of the Wolf si parla del mostruoso ampliandone i confini, si raccontano le terre inospitali grazie anche alla cura con cui è stata realizzata ogni cosa – anche se c’è qualche incertezza nelle animazioni -, si mostrano gli strighi che esprimono alla perfezione i loro sentimenti. La sensazione è quella di conoscere i personaggi profondamente, di aver ritrovato Geralt, conosciuto Vesemir.  Il character design è pulito e accattivante, questo serve a ovviare a qualche rigidità dei volti che spesso può limitare l’empatia dello spettatore con i personaggi stessi.

The Witcher: Nightmare of the Wolf, Cinematographe.itUn anime splatter per adulti che colpisce per cura e per forza dei temi

The Witcher: Nightmare of the Wolf è un anime splatter che non si tira indietro nel mostrare sangue che gronda, arti che cadono, ma è anche una storia piena di vita, di personaggi che mutano, di specie che si evolvono. A metà tra prequel e spin-off, The Witcher: Nightmare of the Wolf colpisce per la cura con cui si concentra sulla figura dei Witcher, approfondendo dinamiche e temi che nella serie non sono così ben sviscerati.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.8

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