The Handmaiden: recensione del film di Park Chan-wook

The Handmaiden di Park Chan-wook, il cui titolo originale è Agassi, è un film incentrato sulle figure femminili; un'opera che accompagna il pubblico per mano, forse per non lasciarlo in balia delle prime impressioni, convincendolo fino in fondo.

Presentato in concorso al festival di Cannes 2016, The Handmaiden è arrivato sullo schermo del Korea Film Festival 2018, che ospita così anche l’ultima grande opera di Park Chan-wook. Il regista di Lady Vendetta Old Boy si cimenta in quest’occasione con una rappresentazione storica, al limite della verosimiglianza, di una dimora di benestanti nella Corea del Sud di inizio ‘900. Hideko è una giovane e affascinante ereditiera che vive con lo zio, l’unico suo parente rimasto. Le mire del padrone di casa, però, non si limitano all’affetto parentale e puntano anche alla consistente eredità che la ragazza gli assicura. Ad essere attratti dalla ricchezza delle possibilità economiche della giovane sono anche alcuni truffatori, pronti a tutto pur di mettere le mani su soldi e beni preziosi: il piano iniziale prevede che una finta tuttofare si faccia assumere nella magione, infiltrandosi nella fiducia dei padroni di casa. L’atmosfera dell’abitazione, la cultura letteraria che vi regna e la sofferenza di Hideko, portano le due ragazze a stringere un rapporto dalle molte sfaccettature e dalle inaspettate e repentine iniziative.

The Handmaiden accompagna il pubblico per mano, per non lasciarlo in balia delle prime impressioni

The Handmaiden cinematographe

La trama è ispirata a quanto raccontato dal romanzo Ladra di Sarah Waters (ambientato nella Londra di fine ‘800) e le immagini del film lasciano trasparire le origini letterarie, grazie all’atmosfera oscura ma rarefatta, un ritmo pacato ma caloroso e un respiro coinvolgente e ammaliante. Le tonalità delle immagini oscure e offuscate eppure dall’intento ben definito regnano lungo tutta la narrazione di Park Chan-wook, che prende una storia appartenente a delle coordinate molto diverse per spazio e tempo per trasformarla in qualcosa di profondamente radicato nella sua cultura, almeno nella pretesa della finzione cinematografica.

Nonostante una trama a dir poco intricata, ricca di svolte radicali e cambiamenti di prospettiva estremi, The Handmaiden accompagna il pubblico quasi per mano, forse proprio per non lasciarlo in balia delle prime impressioni, preferendo optare per un fascino che fa leva sugli istinti più reconditi in modo da conquistare lo sguardo senza possibilità di fuga. L’incedere lento delle immagini e l’estetica smaccatamente patinata del film permettono ai personaggi di crescere e prendere forma con mosse lente e profonde, virando le impressioni degli spettatori verso sensazioni quasi primordiali ogni qualvolta viene presa una decisione.

The Handmaiden non è una storia di vendetta personale, ma di riscatto e di ricerca di giustizia

The Handmaiden cinematographe

The Handmaiden, a livello concettuale, infatti centra il suo fulcro sulle scelte, distinguendo tra quelle strategiche (dettate da fini politici e sociali senza una vera appartenenza ideologiche e pertanto non genuine) e quelle personali (che pure in una società restrittiva e irregimentata come la Corea dei primi del Novecento trovano la forza di sussistere grazie alle inesorabili spinte della natura individuale). Assumono in questo senso centralità le figure femminili, vere protagoniste delle vicende raccontate: non solo perché sono la vittima e l’esecutrice materiale dell’inganno, ma perché riescono a trovare complicità e fiducia reciproca appoggiandosi sulle simili difficoltà affrontate.

Le donne descritte inizialmente sono sottomesse alle finalità grette e venali degli uomini (spesso aguzzini) che le circondano, mentre riescono a rivelarsi nel corso della storia per quello che realmente sono e con la forza che finora avevano nascosto. E non si tratta tanto di una storia di vendetta personale quanto di riscatto e di ricerca di giustizia: per questo, soprattutto, Park Chan-wook convince il pubblico, facendosi perdonare anche qualche pausa descrittiva di troppo che, in ogni caso, coadiuva quel senso di immersione sensoriale che caratterizza l’estetica del film. Meno cruento di altri film del regista coreano, The Handmaiden (Agassi nella versione originale) non tralascia di affrontare in ogni caso una forma di aperta violenza tra esseri umani, scegliendo in questo caso un complicato rapporto tra uomo e donna e tra diversi ceti sociali.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 2
Emozione - 3

3.2